Capitolo 42 ☆ Erica

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Non ero mai stata una di quelle persone che d'estate non dorme praticamente nulla. Eppure quella notte rimasi sveglia fino al mattino. Era già la seconda volta che mi succedeva, ed era sempre stato per colpa di Bianca.
Chiudevo gli occhi e pensavo a lei. Mi rigiravo nel letto e pensavo a lei. Sentivo qualcuno fare un minimo rumore e pensavo a lei.
Il solo fatto che si trovasse nel letto sotto al mio e che in quel momento avremmo potuto essere insieme, baciarci o fare qualunque altra cosa, ma non lo stessimo facendo, mi tormentava la mente.
Alla fine riuscii ad addormentarmi, solamente per un'oretta, prima di essere svegliata dalla solita campana che ogni mattina risuonava per tutto il campeggio, ricordando a tutte le cabine che un nuovo giorno era appena sorto.
Le prime ore del giorno furono ancora più tormentanti della notte: Bianca era sveglia, ogni tanto mi guardava, ci scambiavamo due parole, ma certamente non potevamo metterci a flirtare o pomiciare davanti a quel gruppetto di bambine e ragazzi. Sapere di non poterlo fare era ancora più doloroso di fingere di non volerlo fare. E credetemi, sapevo bene come ci si sentiva, oramai.
A colazione eravamo addirittura sedute a due tavoli differenti e non avrei mai potuto usare qualche scusa stupida, come chiedere di farmi passare un tovagliolo, solamente per poterle sfiorare le mani. Avevo sempre visto le persone nei film farlo ed avrei tanto voluto provarlo anch'io.
Ma no. Dovevo starmene seduta, con la mia tazza di cereali e latte, ad ascoltare le lamentele di Emma sui sacchi a pelo che io e Kai avevamo recuperato il giorno prima. A quanto pareva non erano abbastanza ed era dovuta andare lei a prenderne degli altri. Come se avesse avuto qualcosa di meglio da fare o non fosse stata anche lei un caposquadra al nostro solito livello. Sembrava veramente che certe volte si scordasse che non esisteva una gerarchia, lì. E che, sopratutto, non era lei sulla cima di essa.
«Ancora non capisco cosa ci sia difficile da capire in "prendetene almeno una quindicina, in caso qualcuno si rompesse durante la gara"» stava borbottando Emma, ma ormai l'unica ad ascoltarla era Sarah, che annuiva in silenzio.
Kai, un pezzo di brioche tutto mangiucchiato ancora in mano, mi si avvicinò all'orecchio. «Com'è andata a finire ieri, con Bianca?»
Non avevo ancora avuto occasione di riferirgli gli ultimi avvenimenti, ma farlo davanti ad Emma non sembrava la migliore delle idee.
«Ti racconterò più tardi,» mi limitai a dire. «Però è andato tutto alla grande. Più di quanto avessi mai potuto sperare.»
La risposta parve soddisfarlo e raddrizzò la schiena, tornandosene tutto contento alla sua colazione.
Ancora mi dava fastidio il fatto che avesse praticamente rinunciato ad andare dietro a Bianca solamente per me. Ma lui continuava a ripetermi che tanto non avrebbe avuto alcuna possibilità e che andava bene così. Non potevo fare altro che credergli. In fondo, era il mio migliore amico, e speravo che mi avrebbe detto se la mia relazione con Bianca gli avesse creato dei problemi.
Cercai di allungare il mio collo più e più volte alla ricerca del tavolo delle libellule e del volto di Bianca, ma sembrava sempre essere coperta dalla testa di qualcun altro.
Solamente arrivati alla nostra solita radura, dove avremmo gareggiato quel giorno, riuscii ad incontrarla. Ma anche allora non fummo veramente sole.
«Allora, per questa sfida dobbiamo fare la classica corsa coi sacchi. Ognuno di noi parteciperà almeno una volta, ma siccome alcune delle altre cabine hanno un campeggiatore in più, uno di noi potrà gareggiare due volte. Chi vuole avere questo onore?» chiesi, non riuscendo a nascondere un poco di sarcasmo in quell'ultima domanda.
Volevo solamente farla finita il prima possibile con tutta quella storia e riuscire a prendere di lato Bianca. Anche solamente per cinque minuti. Mi sarebbero bastati letteralmente cinque minuti, non mi sembrava di chiedere troppo.
«Perché non guardiamo prima chi di noi fa meglio e poi facciamo fare un secondo round al migliore?» propose Bianca.
Mi strinsi nelle spalle. «Sì, certo. Perché no. Siete tutti d'accordo?»
Nessuno ebbe nulla da ridire, così iniziammo la nostra dose quotidiana di buona e sana competizione giovanile.
Feci andare prima i bambini, perché sembravano quelli più scalpitanti all'idea di mettere le gambe dentro un sacco a pelo e iniziare a saltellare come dei lombrichi senza gambe. Io proprio non riuscivo a concepire come a qualcuno fosse venuta in mente una cosa del genere. Davvero era esistito qualcuno che una mattina si era alzato e aveva pensato che gareggiare a chi saltellava più in là, stretto in un sacco, fosse la cosa più divertente del mondo?
La cosa più terrificante era che le persone si divertivano veramente a farlo. Ed alcune sembravano addirittura brave, come Jamila che doveva essere stata una cavalletta nella sua vita precedente e aveva fatto mangiare la polvere alle altre cabine portandoci in vantaggio.
Arrivato il turno dei più grandi, i volontari si fecero sempre più radi, fino a che non rimanemmo solamente io e Bianca.
Lei sembrava sul punto di vomitare al solo pensiero di mettersi sulla linea di partenza al fianco degli altri partecipanti, così decisi di andare io prima di lei. Non che questo l'avrebbe salvata dalla futura morte, ma almeno l'avrebbe rallentata un pochino.
«Buona fortuna!» mi gridò dietro, mentre mi dimenavo all'interno della stoffa di plastica blu del sacco a pelo. Sì, ne avrei davvero avuto tanto bisogno per non finire a faccia in giù nel prato.
A gareggiare contro di me erano finiti alcuni bambini, più Kai, che sembrava non aspettate altro della mia entrata in campo per unirsi anche lui.
Non partecipai con l'intenzione di vincere o di perdere. Per una volta nella mia vita partecipai solamente per farlo, senza aspettative. E in qualche modo riuscii ad accaparrarmi il secondo posto.
Nell'ultimo pezzo di corsa avevo iniziato addirittura a sentire l'adrenalina scorrermi a mille dentro le vene.
Fora stavo iniziando a capire il fascino di quel gioco stupido.
Quando tornai dal resto delle libellule, il turno successivo doveva ancora prepararsi. Bianca sembrava troppo intenta ad osservarmi per entrare dentro al suo sacco a pelo. Il suo sguardo mi seguii finché non le arrivai di fianco.
«Allora? Non vai?» le chiesi, i polmoni ancora alla disperata ricerca d'aria dopo la corsa.
«Non prima di averti detto quanto brava sei stata» mi sorrise lei, schioccandomi un bacio sulla guancia.
Sì, quel gioco mi piaceva. Decisamente.

Summer Nights ☆ {GIRLxGIRL}Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora