Capitolo 29 ☆ Bianca

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Solamente guardando il percorso che, come un serpente, si arrampicava lungo il fianco della montagna, mi veniva il fiatone. Non avevamo ancora iniziato la nostra "passeggiata", ma già mi sentivo morire.
«Dobbiamo davvero fare tutta questa strada?» chiesi a Sofia, al mio fianco. Sapevo già la risposta, ma la speranza era sempre l'ultima a morire.
Lei, con le mani strette attorno alle cinghie dello zaino, mi guardò perplessa. «Sai che era una attività opzionale, vero? Se non volevi camminare potevi anche rimanere al campo.»
«Sì, lo so benissimo» borbottai io.
Sapevo che quella giornata in montagna era un'attività a scelta e che, per la prima volta dall'inizio dell'estate, nessuno avrebbe perso o vinto dei punti partecipando, ma anche se odiavo fare escursioni sotto il sole cocente di luglio, avevo comunque deciso di partecipare. La ragione era molto semplice: ero sicura che Erica ci sarebbe stata, in quanto era stata scelta fra i caposquadra che avrebbero accompagnato i ragazzi. Kai ed Emma erano rimasti al campeggio, con chi non se la sentiva di partecipare.
Suonerà strano, magari quasi raccapricciante, ma speravo che quella fosse l'occasione giusta per riuscire a parlarle.
Era da giorni che non mi rivolgeva nemmeno uno sguardo, figurarsi la parola. Fingeva di dover spiegare qualcosa alle altre libellule, se ne andava sparendo non so dove o si appiccicava a Kai senza mai lasciarlo andare, tutto pur di non parlare con me.
Quella situazione mi stava facendo innervosire alla grande.
Qualche giorno prima, quando avevo raccontato ad Alex cosa era successo al lago, lui mi aveva spiegato che Erica, qualche anno prima, aveva avuto una relazione con un ragazzo di nome Luca. Alex sosteneva che io e lui ci assimigliassimo molto, come carattere. Sembrava quasi che io fossi la versione femminile di lui.
Quindi, pareva che Erica avesse un tipo molto preciso di persona di cui innamorarsi. O, come credeva Alex, i suoi sentimenti per Luca si erano mischiati ai suoi sentimenti per me e in realtà io non le piacevo veramente. Le ricordavo solamente del suo ex-fidanzato.
Ancora non sapevo perché si fossero lasciati o perché Luca non venisse più al campeggio - Alex mi aveva raccontato che era qui che i due si erano conosciuti -, ma non volevo parlare di questo con lei, volevo solamente sentire dalle sua labbra la verità. Era inutile seguire le speculazioni di Alex quando lei avrebbe potuto dirmi come stavano le cose e il tutto si sarebbe risolto lì, con molta semplicità.
Restare da sola con Erica, tuttavia, si rivelò essere molto più difficile di quanto avessi mai potuto sperare: i caposquadra si erano divisi, posizionandosi in parti strategiche della carovana di campeggiatori e Erica si trovava in fondo, insieme a Sarah. Per me non sarebbe stato difficile rimanere l'ultima del gregge e mettermi fra le due, probabilmente ci sarei riuscita anche senza farlo apposta. Ma le altre libellule se ne stavano ben lontane da loro e, ogni volta che mi fermavo con la scusa di riprendere fiato, loro mi spronavano a fare del mio meglio, incoraggiandomi e dicendomi che mancava poco e ce l'avrei fatta e io proprio non riuscivo a non impegnarmi per loro. Mi sarei sentita davvero in colpa a rimanere indietro con loro che tifavano in quel modo per me.
«A che punto siamo secondo te?» domandai a Jamila che era capitata al mio fianco. Sofia mi aveva abbandonata per attaccarsi ad uno dei gemelli. Sembrava che io non fossi l'unica ad essermi presa una cotta in quei giorni estivi e non potevo certo biasimarla. Anch'io mi sarei attaccata ad Erica come una cozza se solamente si fosse degnata di ricordarsi della mia esistenza.
Lei strinse la mascella. Sapevo che in quel momento mi stava odiando. Non potevo biasimare nemmeno lei. «Me lo hai già chiesto tre volte e la mia riposta non cambierà molto da cinque secondi fa: siamo quasi a metà.»
Per quanto il bosco attorno a noi fosse bello e rilassante da osservare, io avrei tanto voluto aver già finito quella piccola avventura e tornarmene nella cabina. L'odore del legno, il profumo delle piante in fiore, gli occasionali animaletti che scorgevamo in mezzo alle fronde, erano davvero bellissimi. E avrei davvero voluto godermi il panorama sotto di noi che diventava sempre più mozzafiato ogni metro che salivamo, ma le zanzare che continuavano ad importunarmi e il sentiero ripido e scosceso non mi aiutavano a farlo.
Il sudore ormai mi colava come una cascata dalla fronte, dal collo e dalla schiena. Le cosce continuavano a sfregarsi fra di loro, bruciando mentre mi maledivo per aver voluto mettere i pantaloncini corti invece che quelli lunghi. I miei piedi doloranti mi imploravano di fermarmi il prima possibile a riposare.
Non sapevo quanto ancora sarei riuscita a resistere prima di buttarmi per terra e annunciare la sconfitta.
Ma ogni volta che stavo per buttarmi per terra, qualcuno mi si avvicinava per spronarmi a continuare e così continuai. Fino a quando non fui bloccata da forze di causa maggiori alla mia volontà.
Non ero sicura di come fosse potuto accadere, ma in qualche modo il mio piede era scivolato. Forse avevo appoggiato male la scarpa, forse i sassi su cui stavo camminando non erano così fermi come sembravano alla vista, forse era solamente stato un colpo di sfortuna. Sta di fatto che il piede destro mi si storse, piegandosi verso l'interno delle mie gambe e, senza il suo sostegno, il mio corpo cedette dietro di lui, facendomi cadere di lato.
Tutti, intorno a me, si fermarono per vedere cosa fosse successo, ma - lode a lei - Sarah mi raggiunse alla velocità della luce, Erica al suo fianco, mentre spingevano gli altri campeggiatori a continuare.
«È già la seconda volta che dobbiamo usare i nostri kit di pronto soccorso per te, sei sicura di non essere una di quelle persone che si fanno male anche solo respirando?» stava chiedendo Sarah, ma io ero troppo impegnata a fissare Erica che, nel suo solito silenzio, mi aiutava a sedermi sopra un masso lì vicino.
«A quanto pare lo sono» le risposi, la voce, così come la mente, leggermente assente.
La carovana di ragazzi che continuava a muoversi alle loro spalle stava quasi per arrivare alla fine. Anche Sarah parve accorgersene e fece una smorfia mentre mi toglieva la scarpa da ginnastica per controllare la situazione. Mi toccò la caviglia, facendo sussultare e poi si rivolse ad Erica. «Devi riportarla al campeggio, non può continuare la camminata. E io devo tornare in coda al gruppo, non possiamo rischiare che qualcuno si perdi. Ti lascio il kit, sai cosa fare meglio di me.»
La faccia di Erica si incupì. «Perché proprio io? Non puoi accompagnarla tu?»
«È una libellula» sentenziò Sarah, passandole la scatola dei medicinali. «Le regole parlano chiaro.»

Summer Nights ☆ {GIRLxGIRL}Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora