Capitolo 9 ☆ Bianca

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Sofia ed Edoardo si qualificarono a bruciapelo, arrivando terzi nel loro turno. Dopo di che le vittorie delle Libellule furono nulle.
Il morale stava scendendo, lo potevo vedere nei loro occhi socchiusi, nelle loro voci che si facevano sempre più flebili ogni secondo che passava.
Presto, però, sarebbero tornati con il buon umore: era arrivato il turno di Alex ed Emanuele, i nostri assi nella manica.
Dopo che si furono issati nella loro canoa, con l'aiuto di Danilo, mi alzai in piedi. Un po' perché i sassi sotto il mio sedere stavano iniziando a diventare parte integrante del mio corpo, un po' perché c'era bisogno di sollevare il morale dei bambini. Mi girai verso Erica, che ormai sembrava sul punto di addormentarsi sopra a Denise. Ad un certo punto le due bimbe più piccole le si erano avvicinate con la scusa di toccare i capelli colorati e lei, stranamente, le aveva fatte giocare con il suo mullet, anche se poco si prestava per la realizzazione di trecce in cui le due si erano cimentate. Il risultato era stato inesistente, ma Denise e Clara sembravano ugualmente contente.
«Forza! Tutti in piedi! Dobbiamo fare il tifo ancora più forte per Emanuele ed Alex» esclamai, trascinando Erica in piedi. Lei oppose resistenza, ancorandosi al suolo, ma gli altri seguirono il mio invito e si alzarono piano piano.
«Anche tu, non puoi rimanere seduta a guardare il lago come se ci volessi affogare dentro» dissi, rivolgendo le mie parole unicamente ad Erica.
Lei non si mosse. «Posso benissimo tifare da seduta. E poi devo mantenere le forze per il nostro turno: siamo le prossime, te lo sei forse scordato?»
«Non morirai di fatica per esserti alzata in piedi qualche minuto.»
«Ti stai perdendo la loro partenza» cantilenò, indicando con il mento in direzione di Alex ed Emanuele.
Mi arresi e la lascia andare, lei sprofondò con forza sulle pietre. Ero abbastanza sicura che si fosse fatta male, ma lei non lo diede a vedere.
Da quello che mi avevano raccontato gli altri ragazzi che la conoscevano da più tempo, ero già riuscita a fare fin troppo facendola partecipare attivamente a quella gara, non volevo giocare troppo con la sorte. Avevo paura che, superando il suo limite di sopportazione, avrei ottenuto solamente il risultato opposto.
Mi avvicinai agli altri, i quali si erano riversati ancora più vicini alla riva, alcuni con addirittura i piedi nell'acqua. Quando Sarah fischiò e i partecipanti iniziarono la loro corsa, noi gridammo con tutte le forze che avevamo in corpo. Urlammo i nomi di Alex ed Emanuele, urlammo il numero della nostra cabina ed urlammo frasi di incoraggiamento fino a farci bruciare le gole.
Come se le nostre voci fossero state un qualche tipo di carburante, i nostri due compagni iniziarono a sfrecciare lungo l'acqua, più veloci di qualsiasi altra coppia.
Sembrava che le altre squadre avessero mandato i loro migliori rematori nelle prime manche, lasciando le ultime a coloro che non se la cavavano poi molto. La nostra strategia si stava rivelando vincente e presto la canoa della cabina numero sei oltrepassò il traguardo, svariati secondi prima della seconda e terza classificata.

Alla fine, era arrivato anche il mio turno di salire sulla canoa e darmi da fare con i remi. Dovevo ammettere che, stare sulla riva ad incoraggiare gli altri era estremamente più facile.
Se la situazione fosse stata diversa, probabilmente avrei lasciato perdere, mi sarei seduta per terra e avrei lasciato che gareggiasse qualcun altro al mio posto. Se avessi detto di non saper nuotare, probabilmente non avrebbero nemmeno penalizzato la squadra, ma non avrei mai e poi mai permesso che Erica l'avesse avuta vinta e avesse fatto perdere dei punti alla squadra.
«Mi raccomando, non strafare. Non voglio certamente fare una bella figura» borbottò Erica, porgendomi una mano per aiutarmi a salire nella canoa. L'accettai volentieri: quell'affare sembrava troppo tremolante, anche dopo che Danilo e Kai si erano avvicinati per tenercelo fermo, e io non avevo nessuna voglia di cadere in acqua.
«Cercherò di tenere nascoste le mie doti da canoista, allora» commentai di rimando, stringendo le mie dita fra le sue.
Una volta sana e salva all'interno della canoa, lasciò la presa e si issò a sua volta nel sedile posteriore, con uno scatto agile. Qualcosa mi lasciava intendere che avesse partecipato a molte più corse in canoa di quanto non le sarebbe piaciuto ammettere.
Quando si sedette, la canoa tremò appena, ma il mio corpo già iniziava a non sentirsi così al sicuro. Sembrava così traballante e fragile, un solo movimento più veloce del dovuto e ci saremmo ribaltate.
Presi le pagaie che Kai mi stava porgendo con un sorriso, ricambiandolo. «Grazie mille» cinguettai, sperando di far felice Erica con il mio atteggiamento nei confronti del suo amico.
Stavo cercando un fidanzato, era vero. Era quello il mio obbiettivo principale per quell'estate, ma non doveva essere un semplice fidanzato. Ero alla ricerca della mia anima gemella, qualcuno che mi avrebbe capito e fatto scaldare il cuore come nessun'altra persona al mondo e lui non sembrava essere questo.
Dopo che i due ragazzi si furono allontanati, la gara ebbe ufficialmente inizio. Il fischio mi sembrò molto più forte di quanto non avesse fatto a riva. I remi continuavano a scivolarmi dalle mani.
Avevano cercato di spiegarmi al meglio come funzionassero le pagaie, ma riuscivo a farle a malapena uscire dall'acqua da quanto erano pesanti.
Erica, dal canto suo, sembrava non aver troppi problemi a mantenere un ritmo costante.
Eravamo a pochi metri dalla riva quando decisi di lasciar che fosse Erica da sola a mandare avanti la canoa. Non che le fossi molto d'aiuto, comunque.
Le altre cabine, per fortuna, non sembravano in migliori condizioni rispetto a noi. Un paio di ragazzi stava facendo il giro su se stessi, come vittime di un tornado, senza riuscire a capire come fare per andare dritti.
Piano piano, ci addentrammo sempre di più nel lago, arrivando dove l'acqua era così alta e scura da non riuscire nemmeno a scorgerne il fondale.
«Quanto profondo hai detto che è il lago?» chiesi, sporgendomi leggermente oltre il bordo.
«Io non ho mai detto nulla. Comunque, non troppo, una decina di metri, centimetro più centimetro meno» rispose Erica continuando a pagaiare.
La canoa alla nostra destra, che era rimasta indietro all'inizio, si stava avvicinando sempre di più a noi con grande velocità. Presto ci avrebbero raggiunte e superate.
Stavo per dire ad Erica che avrebbe fatto meglio a manovrare quegli affari più velocemente, se volevamo avere una qualche chance di vincita, ma prima che potessi anche solamente pensare di aprire bocca i ragazzi della cabina cinque ci colpirono in pieno. Sembravano aver perso il controllo della canoa.
Le due imbarcazioni barcollarono, imbarcando acqua. Le mie pagaie, solamente appoggiate sulle mie ginocchia, scivolarono in acqua. Erica si alzò, urlando qualcosa ai due bambini. Loro gridarono di rimando qualcos'altro. La canoa barcollò ancora di più. Io le presi la maglietta, tirandola verso il basso, supplicandola di sedersi. E poi finimmo in acqua.

Summer Nights ☆ {GIRLxGIRL}Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora