Capitolo 10 ☆ Erica

715 37 0
                                    

Un momento prima ero completamente asciutta, intenta a dirne quattro a quei ragazzini che - ne sono certa - erano venuti a sbatterci addosso apposta.
Il momento dopo stavo facendo il bagno nell'acqua del lago, la vista annebbiata e le orecchie tappate. L'acqua dolce mi fece prudere il naso e una qualche specie di alga viscida mi si impigliò alla gamba mentre cercavo di tornare con la testa in superficie. Per fortuna il giubbotto di salvataggio fece la maggior parte del lavoro.
Una volta emersa, mi accorsi che la nostra canoa si era completamente ribaltata, mostrando al cielo la parte che sarebbe dovuta rimanere nascosta agli occhi di tutti, leggermente scolorita.  I due ragazzini erano spariti, probabilmente si erano fiondati al traguardo per assicurarsi il primo posto.
Solitamente non ero una persona competitiva, di quelle che se la prendono a morte se perdono, ma quei due teppistelli mi avevano proprio fatto girare le palle.
Solo dopo qualche secondo mi accorsi che Bianca, a pochi metri da me, aveva la faccia di chi sembrava essere ostaggio di una rapina armata.
L'acqua del lago non era molto calda, e le alghette viscide facevano un po' ribrezzo, ma non vedevo altri motivi per il terrore che dilagava sul suo volto. Aveva gli occhi sbarrati, le labbra strette in una piccola fessura e stava stringendo con tutte le sue forze le spalline del giubbotto di salvataggio.
A riva qualcuno stava gridando qualcosa, ma eravamo troppo lontane per riuscire a sentire.
«Aiutami a girare la canoa» dissi, nuotando verso la barca ed iniziando a spingerla. Poi mi ricordai che Bianca si era tolta l'apparecchio acustico prima di entrare in acqua, per evitare che si rompesse. Mi voltai verso di lei, avvicinandomi il mio possibile.
«Dobbiamo girare la canoa» le spiegai nuovamente.
Lei scosse la testa. «Non posso.»
«Certo che puoi! Non è così pesante come sembra e poi è fatta apposta per tornare nella posizione giusta con solamente una piccola spinta.»
«Non posso» ripetè lei, ancora più forte, come se prima avessi fatto finta di non starla ascoltando. Poi aggiunse: «Non so nuotare.»
La guardai sbalordita. «Hai il giubbotto, ti tiene a galla lui, non ti devi preoccupare di nuotare.»
«Ho troppa paura per muovermi. Non riesco nemmeno a toccare il fondo» continuò lei, gli occhi fissi verso il fondale del lago, aperti in due grossi voragini.
«Perché mai hai pensato che fosse una buona idea andare in canoa senza sapere nuotare?!» sbraitai io. Davvero era stata così stupida da mettersi da sola in quella situazione? Per quale cazzo di motivo avrebbe mai dovuto farlo?
«Non urlarmi contro! Non sarà certo urlando che cambierai qualcosa!»
Forse a lei non sembrava una valida soluzione, ma in quel momento non mi veniva in mente di meglio che scagliare tutta la mia frustrazione contro di lei. Cosa si aspettava che io facessi era fuori da qualsiasi mia comprensione.
Mi passai una mano fra i capelli, cercando di calmarmi.
La canoa stava lentamente seguendo la scia delle altre barche, muovendosi verso la linea di arrivo che tutti gli altri concorrenti avevano ormai raggiunto.
Emma stava saltando su una delle canoe, intimando le due ragazze che la occupavano di scendere al più presto, presumevo.
In qualche modo la canoa sarebbe stata recuperata, io avrei fatto meglio a cercare di portare a riva Bianca, che in quel momento aveva iniziato a tremare dalla paura.
«Va tutto bene, non ti devi preoccupare» le dissi, avvicinandomi ancora di più. Ormai era a pochi centimetri da me. Le presi i gomiti con le mani cercando di attirare l'attenzione del suo sguardo. «Ci sono io e so nuotare, quindi non ti devi preoccupare.»
Lei cercò di annuire, ma dal suo volto terrorizzato si riusciva a capire che non credesse nemmeno ad una delle mie parole.
«Tienimi la mano e scalcia con i piedi, al resto ci penserò io, va bene?» continuai, alzandole il mento con la mano e cercando di infonderle tutta la sicurezza di cui ero a disposizione.
Mi maledissi per non aver prestato più attenzione al corso di salvataggio a cui mia madre aveva obbligato tutti noi animatori a partecipare. Non sapevo se quello che stavo facendo fosse la soluzione migliore, non sapevo se avrei rischiato di metterci entrambe in pericolo, ma era il meglio che avevo.
Strinsi la mano destra nella sua sinistra, intrecciando le nostre dita, così che sarebbe stato difficile perderla in acqua, poi iniziai a nuotare verso Emma.
Mia sorella si stava avvicinando sulla canoa appena rubata alle bambine e, per la prima volta in vita mia, fui felice di vederla venirmi incontro.
«Emma sta arrivando, devi resistere solamente un altro po'» dissi a Bianca, girando il viso verso di lei. Sembrava essersi tranquillizzata un minimo. Continuava a scalciare con i piedi e a muoversi lentamente dietro di me, mentre la trainavo, e questo era un buon segno.
Quando - dopo quelli che sembrarono minuti interminabili - Emma arrivò, mi aiutò a far salire Bianca sulla canoa. Era un'operazione complicata, resa ancora più difficile dal fatto che i muscoli di Bianca sembravano essersi trasformati in gelatina al solo contatto con l'acqua, ma in qualche modo riuscì a prendere posto davanti a mia sorella.
Mentre loro tornavano a riva, io nuotai verso la canoa, ormai abbandonata a se stessa, trascinandomela poi dietro, fino alla riga di traguardo.
Dall'altro lato del lago, come se nulla fosse, stavano già partendo i primi tre semifinalisti.
«Cosa ti è saltato in mente?!» mi urlò contro mia sorella, non appena fui uscita dall'acqua, zuppa da testa a piedi.
«Pensi che lo abbia fatto apposta? Cosa ti passa per il cervello?» sbraitai a mia volta. Scossi la testa, incredula di come Emma riuscisse a vedere solamente il marcio in me.
«Bianca, piuttosto, dov'è? Come sta?» chiesi poi, cercando di calmare il mio tono di voce.
Emma indicò con la testa un punto alle sue spalle, ma rimase in silenzio. I suoi occhi incandescenti mi stavano ancora studiando.
Prima che potesse dire qualcosa, me ne andai.
Bianca era seduta su un tronco, una coperta termica attorno alle spalle e Camilla in ginocchio davanti a lei, con il kit di primo soccorso aperto sul terreno.
Sembrava essersi ripresa, la sua faccia aveva riacquisito un po' di colorito. Quando mi avvicinai mi rivolse addirittura un sorriso tremolante.
Come se fosse stata solamente l'adrenalina del momento a tenermi in piedi, le ginocchia mi cedettero e mi dovetti sedere per terra, ridendo come una scema.

Summer Nights ☆ {GIRLxGIRL}Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora