Al campeggio ci piaceva fare a turno per tante cose, non solo per il tiro con l'arco, ma anche per lavare i piatti.
Okay, in realtà non dovevamo veramente lavare i piatti, dovevamo solamente raccogliere la spazzatura dai tavoli, fare la raccolta differenziata, portare le stoviglie sporche in cucina e dare una rassettata alla sala, ma era comunque un compito faticoso e che nessuno amava. Sopratutto i più piccoli lo trovavano troppo complicato e noioso.
L'unica delle libellule che sembrava quasi divertirsi era Bianca. Ovviamente amava fare le faccende di casa. Non riuscivo a capire come non avessi potuto pensarci prima.
Se ne stava tutta contenta a raccogliere la sua pila di piatti da un tavolo, mentre canticchiava una canzone a bassa voce.
Conoscevo solamente un'altra persona che non era infastidita da quel compito e, al momento, proprio non volevo pensarci.
Il problema era che Kai, giusto qualche ora prima, mi aveva fatto notare delle cose di cui avrei volentieri fatto a meno. Diceva che le assomigliava tanto. Non come aspetto fisico, perché Bianca era totalmente diversa da lui, ma come carattere. Io non potevo far altro che dissentire con Kai. Il suo ragionamento faceva acqua da tutte le parti. Ma allo stesso tempo, avevo iniziato a fare più attenzione ai comportamenti di Bianca, cercando in lei quello che forse facevo finta di non vedere e avevo iniziato a trovare delle somiglianze. Avrei preferito non farlo, però.
Me ne stavo persa nei pensieri, quattro bicchieri impilati nella mano destra, diretta verso la cucina per appoggiarli, quando andai a sbattere con la gamba contro una delle panche di legno.
Guardandomi indietro, ero stata davvero stupida. Sapevo benissimo che ci fosse una panca in quel posto, conoscevo la mensa a menadito, come il contenuto delle mie tasche, ma ero comunque riuscita a cadere, rompendo in mille briciole tutto quello che stavo trasportando. Mamma ne sarebbe stata davvero felice.
Nel giro di pochi secondi tutti avevano smesso di lavorare, gli sguardi fissi su di me e sul casino che avevo appena combinato.
Denise, che si trovava a pochissimi passi da me, lasciò cadere per terra il suo sacco della spazzatura, evitando in qualche modo di lasciar straboccare tutto fuori, e mi si inginocchiò vicino, allungando le mani verso i pezzi di vetro.
«Ferma!»
«Non li toccare!» gridammo all'unisono io e Bianca, mentre anche quest'ultima stava lasciando le sue faccende per venire a controllare cosa fosse successo.
«Ti potresti tagliare e farti del male» spiegò alla bimba, con estrema calma, prendendo le sue dita fra le sue e facendola alzare. «Torna pure al tuo compito, ci penso io ad aiutare Erica» le sorrise poi.
In tutto quello, il mio cervello annebbiato, non faceva altro che chiedersi che cavolo mi stesse passando per la testa, come avessi fatto ad inciampare in quel modo, ad essere così stupida.
Cercai di scuotere via quell'auto-commiserazione e di pensare al da farsi. Sarebbe stato meglio prendere scopa e paletta, per raccogliere su tutto senza rischiare di tagliarsi con i pezzi di vetro rotti.
Stavo per alzarmi e andare alla ricerca di quello che mi serviva, quando mi ritrovai Bianca di fianco, accucciata proprio alla mia destra, dove poco prima c'era Denise.
Gli altri sembravano essersi già scordati di quello che era successo ed erano tornati a raccogliere piatti e spazzatura, ma gli occhi di Bianca erano fissi nei miei.
«Stai bene?» mi chiese, scrutando ogni più piccolo centimetro di me.
Avrei voluto dire qualcosa di sarcastico, qualcosa che le avrebbe dato noia, ma dalle mie labbra uscì un semplice: «Sì, sto bene, non ti preoccupare. Posso fare da sola.»
«La tua mano sanguina» replicò di rimando lei, senza nemmeno ascoltarmi. La sua voce era seria e stabile, come quella di un dottore, ma potevo leggere una nota di preoccupazione nascosta da qualche parte.
Prese con delicatezza la mia mano fra le sue, girandola alla ricerca della ferita. Un rivolo di sangue stava scendendo per il mio indice, sgorgando lentamente da un piccolo taglio poco sotto il polpastrello.
«È solo un graffio, si cicatrizzerà in pochissimo tempo.»
«No, non puoi lasciarlo così, dobbiamo disinfettarlo subito.»
«Lo so, ma posso farlo benissimo da sola» dissi io, scuotendo la testa. «Non ho bisogno che tu mi faccia da crocerossina.»
Le mie parole stavano dicendo una cosa, ma le mie azioni ne stavano dicendo un'altra. Nonostante i miei commenti acidi, stavo ancora lasciando la mia mano adagiata fra le sue, senza alcuna intenzione imminente di spostarla. Le sue dita erano così fresche da essere quasi piacevole.
Lei mi fissò dritto negli occhi, allacciando le sue iridi marroni alle mie, lo sguardo più serio che avessi mai visto sulla sua faccia perennemente seria. «Non ho alcuna fiducia nelle tue doti mediche, è fuori discussione che io ti lasci andare in giro così. So per certo che ti metteresti solamente un cerotto e ti scorderesti anche di cambiarlo se non ti curassi io.»
«Bianca, non sono stupida.»
«Ma sei incosciente. Altrimenti come saresti finita in questa situazione?» domandò lei, per nulla ironica.
Continuammo a battibeccare per qualche secondo, ma alla fine lasciai che mi trascinasse in un angolo della mensa e che tirasse fuori uno dei tanti kit di primo soccorso che tenevano sparsi per tutto il campeggio, in caso di evenienza.
Non ero sicura se lo avesse fatto apposta o se non se lo ricordasse affatto e fosse stato solamente un caso, ma mi aveva condotta proprio dove l'avevo fatta sedere io il primo giorno in cui ci eravamo conosciute. Erano passati solamente sei giorni, ma sembrava ormai una storia antichissima.
Con i gesti più delicati che nessuno mi avesse mai offerto, mi disinfettò con cura il taglio, lo asciugò e ci sovrappose un cerotto tutto colorato, con un paio di macchinine rosse disegnate sopra.
«Ecco fatto! Esattamente come nuovo!» esclamò lei tutta contenta, una volta richiusa la scatola di primo soccorso e avermi rivolto un grande sorriso.
Osservai il suo lavoro, veramente impeccabile, anche se si trattava solamente di un normalissimo cerotto. «E ora sei pronta per entrare a medicina all'università. Sono sicura che sono a cortissimo di medici con queste tue abilità.»
Lei alzò gli occhi al cielo, ma le sue labbra erano leggermente alzate verso l'alto.
«Ragazze, qua ci sono ancora tutti i vostri vetri per terra! Volete venire a mettere apposto oppure state ancora lì a battere la fiacca per un altro po'?» ci riprese all'improvviso Alex, dall'altro lato della stanza, facendo sussultare entrambe.
«Sono molto malata! La dottoressa ha detto che dovrete lavorare voi per me, mi dispiace!» urlai di rimando, le mani a coppa intorno alla bocca per farmi sentire meglio.
Bianca mi diede un piccolo schiaffo sul braccio. «Non è vero, non ho mai detto questo! Forza, vai a pulire il casino che hai fatto!» mi ordinò, obbligandomi ad alzare dalla panca.
Feci il peso morto per qualche secondo, solamente per darle ancora più noia, ma alla fine mi diressi verso la scopa e la paletta e mi misi a raccattare su i vetri.
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Summer Nights ☆ {GIRLxGIRL}
RomanceOra disponibile su Amazon: https://amzn.eu/d/c1vqEYS Bianca sta cercando l'amore della sua vita. Erica vuole solamente far arrabbiare sua madre. Un campeggio estivo le porterà ad avvicinarsi l'una all'altra per poi non volersi più allontanare. ⚠️ATT...