Addison's pov
La mia mente rammenta ogni attimo, e ogni parola, di quel momento racchiuso nelle mura della stanza di colui che riesce ad avere così tanto potere su di me.
Benché le ora siano passate, mi sembra quasi come se fosse successo un attimo fa.
Mi sembra di sentirlo ancora dietro di me, mentre muove il suo bacino contro il mio.
Come può un corpo come il mio aver procurato un'erezione a un uomo?
Come può sembrare attraente il mio corpo?
Vedo il mio corpo solo come un accumulo di difetti, proprio per questo tendo sempre a coprire le mie forme.
Non uso vestitini corti.
Odio mostrare il mio corpo.
Perfino a me stessa.
Se non fosse che esso è la causa principale della mia condanna, ovvero la mia malattia, non so che rapporto avrei con esso.
Forse riuscirei ad amarlo e ad accettarlo nonostante i suoi difetti.
Penso che tutto sarebbe più semplice se non odiassi così tanto il mio corpo.
Forse riuscirei perfino a lasciarmi andare oltre.
Eppure ho desiderato per tutti questi anni di ritrovarmi in un corpo che non fosse questo.
Tuttavia, giorno dopo giorno il corpo in cui mi sento rinchiusa, è sempre questo.
Nel mio corpo è racchiuso il mio destino.
Come posso amare il mio corpo e accettarlo?
Come si fa ad amare e accettare i propri difetti?
Io non sono ancora riuscita a farlo.
E non so se mai ci riuscirò.
Spesso, accettarsi, è la cosa più difficile da imparare a fare.
Ci vuole coraggio per farlo.
Il mio corpo è come una tela su cui sono dipinti mille difetti fatti di spine.
Spine ricoperte di odio.
Per togliere le spine bisogna eliminare l'odio... giusto?
Eppure io non ci sono mai riuscita.
Quelle spine d'odio sono inchiodate sui miei difetti fino a farli sanguinare.
Forse bisognerebbe solo prendersi cura di quei difetti, e curarli dalle ferite che il nostro odio continua a trafiggere.
Eppure io non sono riuscita a farlo.
Stamattina quando mi sono svegliata Royal non c'era, una parte di me sperava invece di vederlo, l'altra parte di me, quella a cui dò ascolto, era sollevata.
Temevo che potesse riprendere il discorso di ieri...
Non sono pronta per affrontare quel discorso.
È stato tutto così... all'improvviso.
Mi ero lasciata andare senza rendermene nemmeno conto.
E una cosa è certa... ora sa dove colpire.
Sa come non farmi scappare più da lui.
In quel momento mi sentivo come una farfalla in gabbia.
Eppure... per qualche assurdo motivo, sentivo di non voler scappare da quella gabbia.
Ero lì, e sentivo di non voler essere da nessun'altra parte.
Come può una farfalla non voler scappare dal suo predatore?
Riempio i miei polmoni d'aria, prendendo un lungo respiro, mentre fermo i miei passi davanti la terrazza dell'Università.
Di solito ne approfitto durante le pause per prendermi un po' di tempo con me stessa.
E il fatto che qui non ci venga mai nessuno, rende ciò un posto adatto a me.
Di solito gli altri studenti preferiscono passare il loro tempo libero nel giardino, al di fuori delle mura dell'Università.
È lì che qualche volta io e Ayla ci incontriamo per passare quel breve tempo insieme.
Eppure oggi, forse a causa di ieri, ho così tanti pensieri per la testa che ho preferito starmene qui.
Il mio sguardo cade su una foglia che il vento si diverte a spostarla verso l'entrata del corridoio.
Chino il capo, quando la foglia arriva alla punta dei miei piedi.
Mi inginocchio per raccoglierla con le mani a coppe, evitando di stringerla con le dita, per non rovinarla, e il contatto leggero e delicato della foglia entra in contatto con quello della mie mani.
Mi incammino verso la terrazza, oltrepassando la soglia dell'entrata.
I miei passi si fermano davanti al muretto che indica la fine della terrazza, poi allungo le mie mani in avanti, affinché il vento faccia volare la foglia altrove.
E non qui, dove può venire rinchiusa in quattro mura.
Almeno lei, può scappare da qualcosa da cui può sentirsi rinchiusa.
Il vento soffia sulle mie mani, portando con sé la foglia, la quale inizia a levitare in aria, proseguendo sempre più in basso, tra gli alberi che circondano l'edificio.
È lì che deve stare.
Libera.
Non rinchiusa in un posto che non gli appartiene.<<Sei strana.>>
Volto di scatto il capo, quando avverto una voce.
E come d'istinto mi sento divorata in un attimo dall'imbarazzo, quando mi rendo conto che per tutto quel tempo Royal era lì.
E io non me ne sono nemmeno accorta.
Era qui da prima che venissi io, a quanto pare.
Eppure è stato qua, in silenzio, senza dire una parola per tutto quel tempo.
Il pensiero che lui mi abbia osservata per un tempo così prolungato, fa crescere l'imbarazzo in me.
Soprattutto dopo avermi vista fare una cosa che agli occhi di tutti può sembrare stupida.
Chi mai fa volare una foglia lontana da quattro mura, affinché quest'ultima si possa sentire libera e non rinchiusa?
Non è di certo una cosa che vedi fare tutti i giorni da chiunque.
Non posso biasimarlo per avermi definita strana.
Se ne sta lì, posizionato sopra il muretto, con le mani dentro la tasca della felpa che indossa, mentre i suoi occhi sono attenti a scrutarmi, e la mia mente per un attimo avrebbe voluto sapere cosa sta pensando.
Forse non gli piace il modo in cui sono vestita?
In effetti, è già successo che ha avuto da ridire su un mio abbigliamento, nonché quello della serata del concerto.
Affermando che non stavo così male con lo stile Barbie, dato il colore che ricopriva il vestitino e le scarpe.
E affermando, il giorno dopo, quanto fosse ridicolo.
Una frase che poi diede inizio a tutto ciò che poi successe nella sua stanza, che il solo pensiero mi fa avvampare.
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𝘊𝘰𝘮𝘦 𝘜𝘯 𝘉𝘢𝘵𝘵𝘪𝘵𝘰 𝘋'𝘈𝘭𝘪
Romance❗️IN PAUSA❗️ -IN REVISIONE, SI CONSIGLIA DI NON LEGGERE OLTRE IL CAPITOLO REVISIONATO- -La paura, a volte, si impadronisce di te, prendendo il tuo posto- Addison Clark è una ragazza costretta a vivere nel buco nero della paura, a causa della sua...