Capitolo 80. Confessioni

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Addison's pov

Riapro lentamente gli occhi, seppur con difficoltà.
La testa sembra come volermi scoppiare, e un forte dolore raggiunge proprio quest'ultima.
Non so quanto tempo sia passato.
Se secondi, minuti o ore.
Ricordo solo che avevo avvertito un forte bruciore nelle gambe e un forte dolore sul basso ventre.
Ricordo che stavo cercando di rialzarmi in piedi, ma ero priva di forze.
E poi sono svenuta.
È tutto quello che mi ricordo.
Quando riesco ad aprire del tutto gli occhi, mi ritrovo davanti Victoria.
La sua immagine, così come ogni cosa che ho intorno, è sfocata, e apro e chiudo gli occhi per due volte, prima di far tornare la vista normale.
Mi appoggia una spugna sulla fronte, e la strizza, così da farmi scivolare l'acqua su di essa, affinché io mi riprenda.

<<Ti sei svegliata, finalmente>> dice.

Victoria?
Solo ora capisco bene la scena che ho davanti agli occhi.
Victoria mi sta aiutando?
A me?
Nemmeno il tempo che altri pensieri raggiungessero la mia mente, che un altro forte dolore raggiunge la mia testa, e mi ritrovo a dover chiudere gli occhi con forza per qualche minuto.

<<Quanto...>> chiedo, con un filo di voce. <<Quanto tempo è passato da quando sono svenuta?>>

Prima di rispondermi, bagna un'altra volta la spugna sul secchio pieno d'acqua, per poi strizzarla e appoggiarmela nuovamente sulla mia fronte, e subito percepisco un senso di benessere nel sentire l'acqua fresca che scivola sulla pelle del mio viso.

<<Un'ora>> mi risponde solamente.

<<Sto già meglio>> le dico, togliendomi la spugna da sopra la fronte. <<Grazie>>

<<Non c'è di che>> la sua voce è fredda, apprezzo comunque il fatto che mi abbia aiutata, anche se non ne capisco il motivo.

Voglio dire, lei mi odia.
Quindi avrebbe potuto benissimo lasciarmi nelle condizioni in cui ero, senza aiutarmi.
E invece l'ha fatto.
Non so perché, ma a tratti, solo a volte, sento che Victoria infondo non è una cattiva persona.
A volte lo leggo anche nei suoi occhi.
Gli occhi sono lo specchio dell'anima, dicono, e non vedo cattiveria nei suoi occhi, bensì la chiamerei sofferenza, di un qualcosa che non so.
Si alza da terra, prendendo il secchio e la spugna, per spostarli da lì.
Il mio pensiero va subito al bambino che porto in grembo, e quando la mia mano si sposta proprio lì e capisco che tutto va bene, mi rassereno.
Penso all'accaduto.
Sapevo che la mia malattia sarebbe peggiorata, i dottori me lo dicevano.
Sarebbe arrivato questo momento.
Arriverà il momento in cui il mio corpo non funzionerà più.
Per la prima volta ho avuto una mancanza di forza, come se i muscoli delle mie braccia avessero, in quel momento, smesso di funzionare, o almeno con difficoltà.
Non mi era mai successo prima d'ora.
Prima erano solo fitte e bruciore alle gambe tutto ciò che sentivo, ma ora, la mia malattia sembra peggiorare.
Ricordo anche quando, settimane fa, avevo aperto il lavandino, e non riuscivo a sentire l'acqua.
Come se in quel momento non avessi avuto più il tatto.
È questo quello che comporta la mia malattia. Il mio corpo smetterà di funzionare del tutto, prima o poi.
Io dovrò solo farmene una ragione.
Ma la mia preoccupazione, adesso, non sono solo io.
Ma il bambino che porto dentro di me.
La ginecologa, quel giorno, me l'aveva detto.
Aveva visto dall'ecografia qualcosa che non andasse, qualcosa che l'aveva perfino fatta preoccupare.
E quello che Royal ancora non sa, è che la mia gravidanza è in pericolo, a causa della mia malattia che si sta diffondendo in tutto il corpo.
Rischio di perdere il bambino, e Royal è all'oscuro di questo.
Ecco perché prendo delle pillole.
Per tenere la situazione sotto controllo, almeno finché posso.
Non ho voluto dirglielo, dato i mille pensieri che per ora ha nella testa.
E non voglio, almeno per ora, mettergli altri pensieri come questi.
Mi manca quasi il fiato, se penso all'accaduto di un'ora fa.
E mi manca ancora di più, se penso che tutto questo andrà solo a peggiorare, mettendo a rischio la mia gravidanza.

𝘊𝘰𝘮𝘦 𝘜𝘯 𝘉𝘢𝘵𝘵𝘪𝘵𝘰 𝘋'𝘈𝘭𝘪 Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora