Capitolo 76. Vecchi ricordi

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Royal's pov

Mi rifiuto di credere che lei sia qui, davanti a me, che mi parla.
E se fosse così, mi rifiuto di credere che questo sia reale.

<<Si, Royal, sono io, tua mamma>>

Sento che sto per avere un attacco di panico.
E continuo a ripetermi nella mia testa non di nuovo.
Continuo a ripetermi che è solo la mia dannata immaginazione.
Distolgo lo sguardo, e cerco di calmare il tremolio delle mani guardando altrove.
Presto finirà, è solo un momento, uno di quelli che ho sempre avuto.
È solo un attacco di panico.
Calmati Royal.
Continuo a ripetermi.
Ma la sua voce, quella voce, è così simile della stessa donna che da piccolo mi teneva in braccio e mi sussurrava.
E, dannazione, non ho mai avuto un'immaginazione così reale come questa.
E non posso credere che lei sia tornata.
Dopo tutti questi anni.
Ma se ci penso, se penso che questa sia la realtà e che davvero lei sia davanti a me, e che sia tornata come se nulla fosse, se penso questo sento una rabbia incontrollabile scorrermi dentro.

<<I tuoi fratelli non ti hanno detto di me?>>

A questa domanda, rialzo lo sguardo.

<<I m-miei fratelli?>> chiedo, con un filo di voce.

<<Pensavo ti avessero detto che vi avevo lasciato una lettera, con su scritto il mio indirizzo, sperando che mi veniste a trovare. Pensavo lo sapessi>>

Ma che diavolo sta dicendo?
Una lettera?
I miei fratelli?
No, impossibile, i miei fratelli me l'avrebbero detto, soprattutto Noah, soprattutto lui.
Basta Royal, cazzo.
È solo la tua testa.
La tua fottuta testa.

<<No, non può essere vero, non può essere vero>> abbasso lo sguardo, torturandomi le mani.

Sento che sto per perdere il controllo.
Esci dalla tua testa, Royal.
Ci sei sempre riuscito, perché adesso dannazione non ci riesci?

<<So che sembra strano... e poi così, all'improvviso. Magari provi rabbia nei miei confronti, e non ti biasimo. Ma dammi tempo per spiegarti. Anzi, datti tempo. Ti aiuterò ad uscire da qui, il come non è importante. Ma ti farò uscire da qui, e poi ti spiegherò ogni cosa, dammi solo un po' di tempo>> non le faccio dire altro, che la rabbia prende l'intero controllo di me.

<<Non voglio più sentirti, dannazione. Qualunque cosa tu sia, immaginazione o realtà, mi sono rotto i coglioni di continuare a sentirti! Esci da quella fottuta porta da dove sei venuta, e fammi un favore, uno solo, di non farti mai più vedere dalla mia vista!>> uso tutta la voce possibile per urlarle queste parole in faccia.

È così che facevo quando avevo gli attacchi di panico.
Nella mia testa spuntava lei, quasi sempre.
E mi diceva delle cose, a cui io non volevo dare ascolto.
E urlavo di smetterla, di andarsene, nonostante sapevo che quella non era lei, era solo la mia mente.
Ma la sua immagine non svaniva, e da lì iniziavano gli attacchi di panico.
L'immagine della mia testa era quasi sempre uguale: mi abbracciava, e mi diceva che mi voleva bene e che me me avrebbe sempre voluto, ma lei doveva andare via.
E poi nella testa sentivo un forte rimbombo di una porta chiudersi.
E poi vuoto.
Poi sentivo solo questo.
Vuoto.
Lo stesso vuoto che sto sentendo adesso, mentre vedo questa donna alzarsi, e andarsene, come gli avevo urlato di fare.
E questa donna, è solo una donna.
La donna dei miei attacchi di panico.
La donna che spuntava sempre nella mia testa.
La donna che cercavo di mandare via dalla mia testa con famarci e droghe.
La donna che da quando è andata via, ha lasciato solo una cosa dentro di me: vuoto.
E questa donna, è solo una donna.
Mia madre.

𝘊𝘰𝘮𝘦 𝘜𝘯 𝘉𝘢𝘵𝘵𝘪𝘵𝘰 𝘋'𝘈𝘭𝘪 Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora