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Non Capisci Niente.

La voce di Billie Joe Armstrong, che usciva dalle casse del computer, venne brutalmente sovrastata da un urlo acuto. «JIN!» era sua nonna.

Il ragazzo lasciò cadere a terra la maglietta che stava piegando e, dandosi una spinta con lo stipite della porta, si precipitò in salotto.

Col fiato mozzato a causa della paura, si guardava intorno in cerca di sua nonna in pericolo, ma questa se ne stava tranquilla a sorseggiare il suo tè verde, seduta sulla poltrona, davanti alla televisione.

«Cosa succede?» Chiese controllando con lo sguardo che la porta di casa e le finestre fossero chiuse, magari era entrato qualcuno, ma tutto sembrava sotto controllo.

«Guarda!» Urlò di nuovo la nonna allungando un braccio verso la televisione.

L'avevano comprata da poco, possibile che si fosse già rotta? Sicuro sua nonna aveva combinato qualche casino con il telecomando. Jin si affacciò da sopra la poltrona, lo schermo della televisione trasmetteva il classico show che la donna si divertiva a guardare ogni pomeriggio, niente interferenze, niente stop sospettosi, lo schermo era intero e tutto procedeva normalmente. Qual era il problema?

«Cosa?» Domandò Jin iniziando a pensare che fosse scemo.

«Ma dimmi tu se è normale! La gente è pazza, è pazza!» Continuò la nonna ignorandolo.

Il ragazzo si passò una mano dietro la testa e si concentrò sullo show, la presentatrice stava raccontando di un fatto di cronaca nera, informava gli ascoltatori, con aria sollevata, di come l'assassino fosse stato trovato proprio quella mattina presto.

Aggrottò le sopracciglia e poggiò una mano sulla spalla della nonna. «Tranquilla, halmoni¹, è stato preso.»

La donna alzò lo sguardo coperto da due spesse lenti che le rendevano l'occhio grande quanto una biglia. «Chi?»

Jin sospirò, già si era dimenticata di quello di cui stavano parlando, doveva parlare con sua mamma riguardo la malattia della nonna, non si era reso conto che fosse peggiorata così tanto. Ma sicuramente, realizzò Jin, era dovuto al fatto che si fosse nuovamente dimenticata di prendere le medicine. «Vado a prendere le pillole, aspetta qui.»

«Ma quali pillole!» Urlò la donna fermandolo subito. «Pillole, pillole! Mi farete morire con tutte queste maledette medicine! Chi è stato preso?»

«Nonna, di cosa stiamo parlando?» Chiese direttamente, era troppo confuso per mandare avanti la conversazione.

«Oh, Jin, caro. Della presentatrice! Studi troppo... Non capisci più niente.» Il ragazzo chiuse gli occhi per un secondo, poggiò l'indice e il medio all'attaccatura del naso e sospirò.

Prima che sua nonna lo attaccasse nuovamente, tornò a guardare lo schermo, la presentatrice era una donna di mezza età, il volto sembrava spoglio di rughe ma il ragazzo sapeva che era tutto merito del trucco e della luce bianca che lo studio le puntava addosso. Non notava niente di troppo particolare, indossava una tuta viola sbrilluccicosa e i capelli ricci e tinti di biondo, per non fare vedere la ricrescita, erano legati in un grande elastico bianco.

Continuava a guardare con attenzione quando sua nonna lo schiaffeggiò dietro la testa. «L'elastico bianco!» Urlò. «Ah! Se fosse stata in Corea! Non sa proprio che rischio corre, quella sciagurata!»

Il ragazzo si allontanò per evitare di essere picchiato nuovamente. «Halmoni,» la chiamava in coreano per prendere precauzioni, sapeva che ciò che stava per dirle l'avrebbe fatta agitare, ma sperava che non chiamandola in italiano si sarebbe di poco addolcita. «Non tutti credono a questo genere di cose. Qui porta sfortuna il gatto nero, ma ne ho conosciuto uno molto simpatico proprio ieri.»

Pesca La PaperaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora