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Un Bellissimo Principe

Marco non aveva niente contro i cartoni animati, anzi, li trovava affascinanti ed educativi, pieni di colori e canzoni e insegnamenti, capaci di fare placare qualsiasi bambino.

Da piccolo, ricordava, era innamorato di Pollon, tutto di quel cartone era perfetto. Da piccola sognava di innamorarsi un giorno di una bambina uguale a lei. Semmai nel futuro avessero inventato la macchina del tempo, come avrebbe detto al sé bambino che aveva finito per innamorarsi di una ragazza che esteticamente era l'opposto?

Scosse la testa, non era questo che al momento lo preoccupava, ma quella canzoncina snervante che Helena non faceva che cantare. Finiva e la ricominciava. La finiva di nuovo e la ricominciava di nuovo.

Nella sua memoria non c'era nemmeno un ricordo in cui da piccolo avesse rotto l'anima a sua madre con la sigla di Pollon, anche se lo amava, o di qualsiasi altro cartone. E a causa di questa mancanza non riusciva a trovare neanche una soluzione a quella situazione.

Tutto ciò che faceva con i bambini lo aveva appreso da sua madre. Aveva dei bellissimi ricordi della sua infanzia con lei. La considerava la sua eroina quando era piccolo. Era una donna magica, capace di qualsiasi cosa. Si sforzava quindi di pensare a circostanze simili nella sua infanzia e a come sua madre si era comportata o se queste non c'erano, allora, si sforzava di pensare come lei.

Cosa avrebbe fatto mamma?

Ma la vocina della bambina era ormai entrata all'interno del suo cervello. La sigla di Doraemon era diventata un loop infinito.

Non riusciva a pensare, non riusciva a concentrarsi. Quel gatto spaziale lo stava facendo andare fuori di testa. Inconsapevolmente strinse la mano con cui teneva quella della bambina, che per solo una frazione di secondo si bloccò, per poi ricominciare.

Non aveva mai odiato così tanto il gatto blu, aveva sì, sempre pensato che Nobita fosse un idiota, ma Doraemon era simpatico. Era. Fino a quel momento, da lì in poi, sapeva benissimo che non sarebbe più riuscito a tollerarlo.

«Marco?»

La vocina acuta della bambina interruppe il suo flusso di pensieri e, miracolosamente, anche la canzone.

Il ragazzo spalancò gli occhi e prima che quel momento fortunato se ne andasse voltò la faccia verso il basso e sorrise. «Dimmi, Ellie.» Allungò nel mentre il passo, così che magari sarebbe riuscito a dover ascoltare solo un'altra volta la sigla, prima di arrivare alla villa della bambina.

«Ma tu la ragazza ce l'hai?» Gli occhi grandi di Helena lo guardavano come se fosse un dio. Erano spalancati, lucidi e sbrilluccivano. Ogni volta che lo guardava rimaneva sempre un po' con la bocca aperta e il nasino le si faceva tutto rosso.

Marco sorrise e scosse la testa. Ogni due settimane si accertava che il ragazzo fosse ancora single. Aspettava con impazienza di diventare grande abbastanza da mettersi con lui, ma nel frattempo doveva accertarsi che nessun'altra si frapponesse tra loro.

«No» Le disse ridacchiando.

La bambina si sistemò impacciatamente il grosso zaino che teneva sulle spalle. Marco si domandava sempre come le maestre non si rendessero conto di quanto peso obbligavano i bambini a portare. Quello zaino era il triplo di lei!

Si fermò e delicatamente le tolse la cartella e se la portò sulla spalla sinistra. «Meglio?»

Helena abbassò subito lo sguardo sulle sue scarpette luminose. «Sì!» Esclamò poi tornando a dare la mano al suo baby sitter. «Però io ora ce l'ho un ragazzo!» Affermò raggiante. «Quindi non devi più aspettare me, se vuoi puoi trovarti una ragazza! C'è qualcuna che ti piace? Lo sai, potremmo... potremmo andare a casa sua. Sai dove abita? E poi è semplice, basta che suoni e le dici quello che provi e poi è fatta!»

Pesca La PaperaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora