L'ultimo Esame
Jin si fermò col fiatone davanti al cancello della scuola, fortunatamente ancora chiuso, ma con già diversi ragazzi del quinto anno ad aspettare l'entrata per dare l'ultimo esame. Poggiò le mani sulle ginocchia e cercò di riprendere fiato. Non ricordava l'ultima volta che aveva corso così veloce. Aveva la camicia sbrillentata che gli usciva dai pantaloni e la cravatta ancora da legare.
Si morse la guancia per non lanciare un imprecazione, non era il tipo, ma quella giornata era decisamente iniziata male.
Non aveva trovato le sue Yeot. Aveva bisogno di qualcosa di appiccicoso per fare l'esame, era il suo placebo, il suo portafortuna. Le Yeot lo tranquillizzavano, anche se non era il tipo che credeva a tutte le storie che sua nonna gli raccontava, quelle erano l'eccezione, facevano appiccicare la fortuna addosso e le informazioni studiate. Come avrebbe fatto senza?
Eppure la sera prima aveva controllato, era sicuro che ci fossero! Le aveva lasciate sul tavolo della sala affinché il giorno seguente le potesse prendere. E invece, erano sparite, come per magia.
Jin si ritrovò a guardarsi intorno, alla ricerca dei suoi compagni, mentre stringeva i denti dalla frustrazione, con le mani intorno alla cravatta che cercavano di annodarla, creando soltanto più disordine di prima.
«Aish!» Esclamò rinunciando e mandando tutto al diavolo. Male. Era iniziata male e non poteva che finire peggio.
«Buongiorno!» Una voce euforica arrivò alle sue spalle. Jin chiuse gli occhi e sospirò prima di voltarsi. Lea si trovava davanti a lui, con lo zaino in spalla, la camicia ordinata e la cravatta perfetta, i ricci le coprivano il volto alzato verso il suo. Aveva un sorriso luminoso che in quel momento invidiò molto, almeno lei non era demoralizzata alle sette e mezza del mattino.
Dietro di lei, Marco e Jasmine gli fecero un segno di saluto, per poi tornare a parlare tra di loro. «Se ne riparliamo dopo l'esame, JJ?» Le chiese Marco e Jin non poté fare a meno di domandarsi da quand'è che le aveva dato un soprannome.
La mora annuì e posò lo sguardo sul libro aperto tra le sue mani. Jin si sporse per vedere cosa stesse ripassando, ma prima che riuscisse a decifrare le scritte, Marco gli si parò davanti. «Ma sei caduto dal letto stamattina?» Gli chiese alludendo al suo outfit.
«Ho corso.» Rispose solamente lui e si passò una mano tra i capelli scostandoli dalla fronte, sospirò, ma proprio in quel momento notò lo sguardo di Lea su di sé, come se si fosse imbambolata.
«Non puoi entrare così.» Gli fece notare Marco.
«Non mi importa, mi sta facendo innervosire.» Rispose tornando a guardarlo, distogliendo così lo sguardo da Lea che sembrò tornare in sé.
Marco scosse la testa. «Tz.» Borbottò e si avvicinò a lui. «Sistemati la camicia.» Gli ordinò, mentre gli scioglieva quel nodo orrendo della cravatta, per fargliene uno migliore.
Quella scena riportò entrambi i ragazzi indietro di cinque anni.
In primo superiore, Marco fu cacciato dalla classe per non essersi sistemato bene la cravatta, a dire il vero non l'aveva proprio legata, nonostante i continui richiami del professore. Dopo la quinta ripresa, esasperato, lo mandò fuori dall'aula, sarebbe potuto rientrare solo se avesse deciso di sistemarsi, quello non era un mercato, era una scuola e a scuola si stava in un determinato modo.
Il corpo ancora esile del ragazzino se ne stava fermo immobile davanti allo specchio del bagno dei maschi, mentre delle lacrime spingevano per uscire e lui lottava affinché ciò non accadesse.
Respiri profondi, doveva solo fare respiri profondi. "Non so se ci arriverai in quinto se continui così!" Gli aveva urlato il professore di italiano qualche attimo prima. Per una stupida cravatta. Ed era soltanto la terza settimana di scuola, ma "quelli come te li sgamo subito io!".
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Pesca La Papera
RomanceImpegnata nella ricerca di un'attività in cui sia brava, maledice i suoi genitori biologici per averle dato quei geni che lei reputa "rotti" e per averla successivamente abbandonata in ospedale. Arrivata all'ultimo anno del liceo, Lea sentirà il bis...