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Papere

Lea apriva e chiudeva la sua penna producendo un fastidioso ticchettio, mentre col piede sbatteva addosso al banco di legno.

«... Ognuno di voi ha avuto delle idee bellissime, ma purtroppo non abbiamo potuto selezionarle tutte quante, erano davvero troppe!» stava dicendo il professore di italiano, appoggiato col fondoschiena alla cattedra, e con in mano diverse fotocopie. «Con il consiglio di classe abbiamo fatto una scrematura e qui» disse alzando i fogli «troverete la lista finale degli stand approvati. Segnate una X accanto a quella che vi interessa. Mi raccomando, solo una scelta.» Concluse, iniziando a distribuire le fotocopie, passando lentamente tra i banchi.

«È importante che vi ricordiate la responsabilità che vi assumete con la vostra scelta. Qualsiasi sia dovrete personalizzarla e renderla vostra, ma soprattutto... vincente!» continuò con tono di voce suadente.

Lea stava per scoppiare, e con lei anche la sua penna; non sopportava più tutta questa attesa, la trovava straziante, voleva strappare dalle mani del professore quei fogli e leggere se la sua idea era o non era passata.

Improvvisamente però la penna le volò dalla mano e qualche secondo dopo sentì del calore e un leggero dolore provenire da quest'ultima.

«Vuoi sapere che fine fa quella penna se continui?» mormorò Jasmine, la sua compagna di banco, guardandola esasperata.

Era stata lei a schiaffeggiarla.

Lea si accarezzò la mano «Bastava dirlo...» si offese.

«Te l'ho detto! Non mi hai sentito!» protestò l'altra senza riuscire a trattenere un sorriso, divertita dall'espressione dell'amica. Si scostò i lunghi capelli lisci e neri su una spalla, Lea le fece una linguaccia e lei, sentendosi in colpa, le riprese la penna da terra. Ma questa volta la tenne dalla sua parte di banco, così che non potesse continuare a fare rumore.

«Vi ricordo inoltre che la classe che accumulerà più soldi, vincerà un fine settimana in campeggio.» concluse il professore lasciando sul banco di Lea e Jasmine gli ultimi due fogli, per poi tornare a sedersi alla cattedra, seguito dai mormorii eccitati di tutti i suoi alunni.

O meglio, quasi tutti i suoi alunni. Lea, infatti, non aveva sentito neanche una parola da quando il foglio era arrivato sul suo banco. Gli occhi avevano già letto attentamente ogni riga. Tre volte. Ma della sua proposta neanche l'ombra.

Riafferrò la penna e riprese col suo ticchettio, ricominciando per la quarta volta a leggere le varie proposte.

Jasmine si girò con un sospiro irritato, le strappò nuovamente la penna dalle mani e le girò il foglio.

Lea aprì la bocca per lamentarsi, ma rimase bloccata quando si rese conto che la lista continuava sul retro.

«Questa non la avrai mai più indietro.» borbottò la mora infilando la penna dentro il suo astuccio.

Nel frattempo Lea si portò le mani alla bocca e cercò di contenere un enorme sorriso.

Allungò le braccia intorno alle spalle di Jasmine, attentamente coperte dalla divisa scolastica: una camicia bianca e un gilet marrone chiaro, e la strinse in un forte abbraccio. «Jasmine! Ah Jasmine!» esclamò stritolandola.

Questa ridacchiò, odiava il contatto fisico, ma con Lea era sempre stato diverso. In ogni caso, non voleva che le stropicciasse la divisa, così la allontanò delicatamente. «Quanto sei scema, Lea. Per così poco? Tieni davvero così tanto alle papere?»

Lea si staccò, le fece segno di aspettare, mentre con drammatica cautela segnava una grande X accanto alla scritta "papere".

Proprio così, solo papere.

Pesca La PaperaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora