Un Vero e Proprio Miracolo

Ci vollero una manciata di minuti prima che Marco si calmasse e tornasse in sé. Era furioso con l'universo che continuava a fargliele di tutte i colori. Si domandava perché gli stesse così antipatico, se nella sua vita precendente avesse commesso un genocidio per meritarsi tutto ciò e se non potevano trovare un modo per risolvere questa questione in sospeso.

Non voleva che Lea sapesse che lavorava. Non che lavorasse lì, di quello poco gli interessava. Ciò che proprio non voleva era che la ragazza venisse a conoscenza della sua necessità di lavorare. Ma questa strana paura aveva una spiegazione molto più profonda.

Ciò che Marco temeva era in realtà che la ragazza venisse a conoscenza della sua precaria situazione. Non voleva che sapesse che sua mamma stava male, che suo padre lo aveva abbandonato da piccolo, che i due si trovavano con l'acqua al collo per pagare le bollette e le cure della madre. Non voleva che si preoccupasse per lui... ma no, in realtà, non voleva che Lea lo guardasse con pietà.

Gli occhi tristi e la testa piegata di lato che ogni volta facevano i genitori e la nonna di Jin, gli unici a conoscenza della sua situazione, li odiava. Li odiava con tutto sé stesso. Non voleva quello sguardo. Voleva essere un ragazzo normale, almeno al di fuori di casa sua, e Lea era l'unica a dargli quella sensazione. Non voleva che svanisse anche con lei.

In più, pensò dentro di sé, avrebbe scoperto anche il vero motivo per cui tra loro due non avrebbe mai potuto funzionare.

Le preoccupazioni di Marco ovviamente erano fondate su degli stupidi filmini mentali che la sua testa stava producendo senza freni. Jin lo sapeva e provò a farlo ragionare.

Per prima cosa, starsene girato di schiena per tutta la serata non gli avrebbe portato niente, se non un licenziamento. Secondo poi, Lea non sarebbe mai saltata a quelle conclusioni solo perché lavorava in un pub ludico. Non avrebbe certamente potuto immaginare ciò che si celava dietro il suo lavoro part-time.

Così, arrivò a consigliarli che, nel caso Lea gli avesse fatto qualche domanda, avrebbe semplicemente potuto inventare una balla, con i soldi si possono fare tante cose, non solo pagare delle cure ospedaliere.

Marco si morse il labbro inferiore e si girò verso l'amico che tirò un sospiro di sollievo. Era davvero imbarazzante parlare con una schiena coperta da un mantello da pirata.

Dietro le spalle di Jin, Marco notò la riccia essersi seduta al tavolo in fondo a destra, davanti a lei, Valerio le stava parlando a macchinetta mentre gesticolava freneticamente con le mani.

«Senti un po'.» Disse Jin, anche lui con lo sguardo rivolto verso i due. «Ma quello è il suo ragazzo?»

I gusti erano soggettivi e su questo Jin non poteva che essere d'accordo, magari le piacevano i biondi con l'aria persa, ma quello lì aveva una capacità spettacolare di farlo irritare solo guardandolo. Ora che ci pensava, forse, era più potente di quella capra di suo fratello.

«Chi? Valerio?» Chiese Marco scoppiando a ridere. Ricordava di essere stato geloso del biondo, e non poco. Soprattutto dopo la fine della loro storia. «È innocuo.» Rispose scuotendo leggermente la testa. «Ma perché?»

«Così.» Rispose l'altro alzando le spalle.

Marco alzò un sopracciglio e lo guardò in maniera giudicante.

«Ero solo curioso, Mark. Non farti strane idee. È una bella ragazza, ma sai benissimo la storia di Kyung.» Gli ricordò della sua amica coreana, e quando fece per rispondere, Jin lo fermò. «Volevo solo sapere se gli potesse piacere uno scemo del genere.»

Marco stava per rispondere quando venne chiamato dalla cucina. Con un sospiro andò a prendere l'ordinazione di Jin fermandosi qualche secondo in più a parlare col cuoco circa che fine avesse fatto la salsa senape. Quando tornò al bancone Jin non c'era più, lo cercò con lo sguardo e lo vide seduto vicino a Valerio. "Allora lo fa apposta." Pensò stringendo i denti.

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