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Discorso sui noodles.

Usciva dall'Istituto con sguardo trionfante, questa volta il suo professore di coreano non aveva avuto niente da ridire, aveva descritto l'aula perfettamente, senza dottori in mezzo.

Quella settimana, doveva ammettere, le stava donando molte soddisfazioni, o forse era semplicemente dovuto al fatto che l'uscita con Jin le faceva vedere il mondo in maniera più colorata.

Il loro incontro fuori dall'orario scolastico era per Lea qualcosa di indimenticabile, nonostante la scivolata sulla moglie di Bocelli.
Non aveva mai parlato con lui per più di trenta secondi. La sua cotta si basava principalmente sul suo aspetto fisico e sulla sua intelligenza. La attraeva il modo in cui esponeva gli argomenti all'interrogazione, non li ripeteva solamente, ma era come se le facesse sue e le raccontasse attirando completamente l'attenzione della ragazza. Ma adesso iniziava a provare anche una simpatia nei suoi confronti e, mentre guardava verso terra, stando attenta a dove metteva i piedi, realizzò che sarebbe stato ancora più difficile disinnamorarsi.

Prima di tornare a casa le aveva chiesto per quale motivo si trovasse all'Istituto Orientale la settimana passata e lei gli aveva risposto con la verità: voleva imparare una nuova lingua. Lea aveva sempre fatto corsi pomeridiani su lingue straniere, aveva iniziato con l'inglese alle elementari, poi lo spagnolo alla medie e il francese alle superiori. All'inizio lo faceva per far contenta la madre, o meglio, lo faceva perché era obbligata dalla madre. Questa voleva che la figlia avesse la possibilità di parlare e capire altre persone oltre a quella della sua cultura, così che di conseguenza avrebbe conosciuto anche questa e ampliato la sua conoscenza. Ma diventando grande non lo vedeva più come "qualcosa che doveva fare", bensì come "qualcosa che le piaceva fare".

All'ultimo anno di liceo, con già tre lingue con una conoscenza approfondita, ma con le quali continuava a esercitarsi, decise di provare qualcosa di diverso e si buttò sulle lingue orientali. Il motivo per cui aveva scelto il coreano era perché dai drama che guardava aveva appreso quanto le piacesse il suono.

Non lo aveva fatto il ragazzo, ma doveva ammettere che mentre studiava, il pensiero di lui era una motivazione a continuare. A differenza della sua nuova passione per la cucina coreana, si era approcciata a questa con l'intento di fare colpo su di lui, ma aveva finito per innamorarsi seriamente dei noodles al pollo.

Quella strana pasta dalla cottura velocissima, non solo non le aveva fatto esplodere casa, ma le era anche piaciuta a tal punto da finire gli altri tre pacchi che aveva comprato.

Sua madre le aveva subito proibito di mangiarne più di un pasto a settimana, il cibo liofilizzato non le avrebbe fatto bene, e pur di non discutere, sapendo che aveva ragione, Lea aveva accettato quel compromesso.

Ma il problema adesso era: dove diavolo stavano i noodles? Erano già venti minuti che girava per il supermercato, ma non riusciva a trovare il reparto dedicato al cibo etnico. Maledisse mentalmente suo padre che l'aveva costretta ad andare al supermercato accanto all'Istituto Orientale, in modo che avesse potuto usare i buoni pasto che gli rifilavano a lavoro, ma lei non lo conosceva quel supermercato e il suo senso dell'orientamento non era il massimo, anzi, non c'era proprio.

Si avvicinò a una signora assorta tra la scelta di due pacchi di pasta e disperata chiese: «Scusi, per caso lei sa dove posso trovare il reparto etnico?»

La signora si voltò e ridacchiò «Oh, cara, ma io non lavoro qui!» Si scostò dalla spalla i lunghi capelli neri e le sorrise stringendo gli occhi a mandorla.

«Lo so, lo so.» Chiarì Lea allungando le braccia verso di lei. «Ma non trovo neanche i commessi.» Sorrise disperata e stava per dire alla signora di non preoccuparsi quando questa spalancò gli occhi.

Pesca La PaperaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora