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Foresta di Bambù

La musica, le lucette, le voci mischiate tra loro, le persone che facevano avanti e indietro per il diversi stand, i ragazzi che si scattavano i selfie e i bambini che trascinavano i genitori verso i giochi o le caramelle.

Lea sorrideva mentre, dietro la cassa del suo stand, osservava tutto quel movimento. Jin era intento a spiegare il gioco a una famiglia, avevano quasi finito i premi. Il loro obiettivo era quello di svuotare tutta la scatola entro fine serata. Anche perché poi non avrebbero saputo cosa farci. Quello era l'ultimo giorno della festa.

Si voltò verso il ragazzo. Aveva le mani nelle tasche dei pantaloni, i capelli alzati sulla fronte  e stava sorridendo divertito dalla faccia buffa di un bambino che impacciatamente provava a tenere la canna da pesca con entrambe le mani. Jin, senza farsi notare, avvicinò una paperella a questa, ma il bambino non riuscì comunque a prenderla. Il tempo finì e il piccolo sospirò frustrato. Jin gli sorrise e si avvicinò a lui. «Lo vuoi un premio di consolazione?» Gli chiese piegandosi per essere alla sua altezza.

Al bambino gli si illuminarono gli occhi. «Cos'è?»

Jin ridacchiò. «È un piccolo premio che si dà a chi perde.»

«Non ha molto senso...» Borbottò il piccolo piegando la testa verso le sue scarpette.

«Quindi non lo vuoi?» Jin fece per alzarsi ma il bambino gli si lanciò al collo.

La madre spalancò la bocca. «Luca!» Esclamò cercando poi di tirarlo via dal ragazzo, ma quest'ultimo le fece segno di lasciarlo stare. Si alzò in piedi, prendendolo in braccio, lo avvicinò alla vasca con le paperelle e ne prese una.

«Loro cercano una casetta. Ne vuoi adottare una?»

A quelle parole Lea spalancò gli occhi e il battito le divenne più debole. Aggrottò le sopracciglia e continuò a osservare la scena.

Il bambino guardò la paperella, la afferrò con le sue manine paffute e la portò vicino al viso per studiarla. «Perché non ha una mamma?» Chiese stringendola e facendo così fuoriuscire dell'acqua che andò a bagnare la maglietta del ragazzo.

Questo non gli diede peso e continuò a riservare le sue attenzioni al bambino. «Perché non tutti sono pronti o bravi a fare i genitori.» Rispose piano, si stava rendendo conto solo in quel momento di cosa stava parlando. Spostò di scatto lo sguardo verso Lea e la vide osservarlo con gli occhi spalancati.

«Scommetto che da te questa paperella si troverà benissimo.» Gli disse poi riportandolo a terra.

Lui urlò contento e corse verso la madre che non smetteva di ringraziare il ragazzo. Ma Jin non li stava più guardando.

I suoi occhi erano riservati a Lea, che non riusciva a muoversi. Avrebbe voluto allontanarsi, schiarirsi le idee, ma il suo corpo rimaneva fermo, immobile, sullo sgabello.

«Tu pensi questo?» Sussurrò, aveva usato un filo di voce.

Jin non la capì. Scosse la testa confuso e si avvicinò a lei.

«È... È questo che pensi?» Gli chiese ancora.

«Sì.»

«Non erano pronti...» Mormorò Lea. «Allora perché non ha abortito?»

Era una domanda rivolta a sé stessa ma Jin spalancò lo sguardo. Le afferrò le mani e la avvicinò a sé costringendola a scendere dallo sgabello. «Lea, che stai dicendo?»

«Io...» Era un giorno di festa e lei lo stava rovinando. Chiuse gli occhi e scosse la testa, fece per allontanarsi, ma Jin non glielo permise.
Lei alzò i suoi enormi occhi su di lui e sbatté più volte le palpebre. Fece per parlare ma nessun suono uscì dalla sua bocca.

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