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Tutta Colpa delle Gambe Ballerine

Cercava di creare un faccina felice spostando i resti del suo piatto con le bacchette di metallo. Le voci degli altri non gli arrivavano, era completamente immerso nei suoi pensieri.

Per fortuna avevano finito di litigare, la madre aveva portato il muso per qualche secondo ma alla fine aveva ceduto e si era dimenticata dell'accaduto non appena il padre, di ritorno da lavoro, le aveva portato quei biscotti alla cannella che lei adorava tanto.

Jin si mordicchiava il labbro inferiore mentre pensava a quanto suo nonno gli sarebbe potuto essere d'aiuto. Era l'unico che aveva sempre delle idee geniali, l'unico che abbia mai conosciuto ad avere una fantasia fuori misura, lo aveva sempre ammirato, era il suo punto di riferimento in ogni momento. Quella piccola percentuale di italianità che scorreva nel suo sangue, la doveva a lui. Nonno Piero, si era innamorato di Nonna Ari durante un viaggio studio in Corea del Sud. Un amore che i due hanno sempre definito come pazzo, non c'era niente di razionale in neanche una delle loro scelte. Lo chiamavano amore a prima vista; Jin ne aveva sentito parlare molto, soprattutto nelle favole per bambini, ma era convinto che i suoi nonni fossero gli unici ad averlo sperimentato realmente.

Avrebbe dovuto fare di cognome Taralli. Stonava. E non solo col nome.
Piero prolungò di anni la sua vacanza studio, finché non poté più essere chiamata così. Dovette fare i salti mortali per riuscire a sposare Ari, non fu facile, soprattutto convincere i suoi genitori, che probabilmente alla fine accettarono più per esasperazione che per altro.

Lui era italiano, non aveva niente a che vedere con loro, ma conosceva le lingue, poteva comunicare con persone provenienti da ben nove paesi diversi contemporaneamente, aveva un ottimo lavoro, ben pagato, era simpatico e sapeva fare le magie. Alla fine non era poi così male. Arrivarono in questo modo a una condizione, la dinastia Park doveva andare avanti, se dovevano sposarsi, i suoi figli sarebbero dovuti essere del tutto coreani, almeno nel nome. Nonno Piero non ci mise più di mezzo secondo ad accettare.

Con un figlio dal nome tutto coreano, i due nonni iniziarono a invecchiare, ma la pensione lì non era il massimo, era una miseria, tanto valeva continuare a lavorare, ma quei dolori alle ossa erano insopportabili anche solo per pensare di tornare a lavorare. Andiamocene in Italia, gli propose la moglie un giorno di quelli. E anche in questo caso, Piero non ci mise più di mezzo secondo ad accettare. Era tornato già diverse volte, per le festività, per le vacanze, per far conoscere ad Ari la vera pizza, per farle vedere il Colosseo, per farle fare il bagno nel Mediterraneo. Lei amava l'Italia. Così, quando ormai il piccolo Park Seo Jun non era più così piccolo, si trasferirono del tutto.

Più volte, quando Jin era alle elementari, si era trovato a dare la colpa a suo nonno, se lui era costretto a dare a quel colosso di Luciano la sua merendina. Crescendo capì che l'unica colpa era dei genitori di Luciano, che non capivano che loro figlio non se ne faceva niente di una mela. Ma se proprio doveva prendersela con qualcuno per la sua situazione, allora questo era un uomo in giacca e cravatta, inzuppato in un profumo costoso e stomachevole, dai capelli laccati, che sedeva dietro una grossa scrivania di mogano, nella ditta dove lavorava suo padre. Era stato lui a trasferirlo in Italia. E per fortuna Nonno Piero era qui ad accoglierli.

Jin era nato qua, era cresciuto qua, ma per nessuno era italiano, non al cento per cento almeno.
In Corea ci andava spesso, ci tornava per alcune festività tipiche, qualche settimana durante l'estate e non saltava mai, per nessuna ragione al mondo, le vacanze invernali. Ma anche qui, nonostante il nome e nonostante l'estetica non lasciasse trapelare niente sulla sua italianità, non riusciva comunque a sentirsi a casa.

Lì lo aspettavano i suoi due migliori e unici amici, li aveva conosciuti un'estate, quando, sul muro della cucina di nonno Piero, la tacca che segnava la sua altezza non aveva ancora superato la sedia. Li aveva aiutati in un gioco del tutto coreano, guadagnandosi così la loro fiducia.

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