28

95 12 194
                                    

A Casa di Jin

I battiti di Lea erano accelerati mentre aspettava che qualcuno aprisse la porta. Aveva suonato lei al campanello ed è stato la vista del norme "Park" sul rettangolino bianco a dare il via alla tachicardia.

Non era mai stata a casa di Jin e mai avrebbe pensato di poterci andare.

Sbatteva il piede freneticamente, le sembrava un tempo infinito, ma forse era solo una sua impressione condizionata dall'ansia.

Marco soffocò una risata e Lea lo guardò interrogativa. «Che ridi?» Gli chiese leggermente innervosita.

«Niente.» Rispose divertito per poi osservare il piede frenetico della ragazza. Lea seguì il suo sguardo e quando capì si fermò subito. Incrociò le braccia al petto e gli lanciò un'occhiataccia, ma prima che questo potesse replicare, la porta finalmente si aprì.

«Alleluja!» Esclamò Marco alla vista di Jin, «Non ricordavi più dov'era la porta di casa?»
Il coreano alzò un sopracciglio, ma Marco lo ignorò, lo superò e fece come se fosse a casa sua.

Lea invece temporeggiò sul pianerottolo, finché Jin non si appoggiò alla porta aperta e con un braccio la invitò ad entrare. Lea gli sorrise imbarazzata e abbassò lo sguardo sui suoi piedi, mentre entrava.

Così facendo si rese conto delle scarpe alla sinistra dell'ingresso e di alcune ciabatte alla destra. Una sua vecchia amica delle elementari aveva il parquet a casa e ricordava che la mamma le dava sempre delle ciabatte degli ospiti così che non camminassero con le scarpe dentro casa portando all'interno germi e batteri.

Pensò che la stessa regola valesse all'interno della casa Park, nonostante non avessero il parquet. Ma improvvisamente si ricordò di averlo visto anche in due drama che aveva seguito recentemente e tutto le fu più chiaro.

«Che numero porti, Lea?» La voce di Jin alle sue spalle la fece sussultare. «Vedo se ho delle ciabatte da presta-»

«Sto scalza, non ti preoccupare, per me non è un problema.» Rispose velocemente, in realtà avrebbe fatto di tutto per nascondere i calzini azzurri con le paperelle gialle, ma non voleva recare nessun tipo di disturbo.

Senza aspettare una sua reazione, salì il piccolo gradino che separava l'ingresso dal resto della casa, ed entrò all'interno della sala. Alla sua destra il tavolo era già cosparso di libri e un senso di ansia avvolse il suo petto, non era all'altezza del ragazzo che le piaceva e ne era consapevole, aveva una paura matta di fare brutte figure, come ogni volta che veniva interrogata e non riusciva a prendere più della sufficienza.

Dietro il tavolo da pranzo si trovava il grande schermo della televisione con davanti una poltrona ora vuota.

Ma ciò che attirò maggiormente l'attenzione di Lea fu il profumo di cioccolato che improvvisamente entrò all'interno delle sue narici.

«Lea, siediti, tranquilla.» Le disse Jin superandola e andando a prendere posto a capo tavola, davanti ai suoi quaderni. «Marco, noi iniziamo senza di te!» Urlò poi girando il volto verso la porta che si trovava alle sue spalle.

La ragazza non si era accorta della momentanea assenza dell'amico e provò a sbirciare all'interno di quella porta, riconoscendo così la cucina.

«Stavo salutando tua mamma!» Protestò l'altro uscendo e andandosi a sedere alla sua sinistra.

Lea si avvicinò a passo lento e insicuro, poggiò il suo zaino a terra, accanto alla sedia che si trovava alla destra di Jin, davanti a Marco. Non sapeva se andare a presentarsi alla donna o aspettare che fosse lei ad uscire. Non le sembrava carino fare finta di niente, ma neanche prendere iniziativa in una casa che non era la sua.

Pesca La PaperaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora