Un Ombrello
Appoggiato con la spalla a un albero del cortile scolastico, Jin osservava Marco. Era seduto su una panchina di legno e si stava girando distrattamente una sigaretta per occupare il tempo. Stavano aspettando che il resto dei loro compagni uscisse. In particolar modo stavano aspettando Jasmine, Marco le doveva chiedere delle informazioni sullo stand e Jin gli stava facendo compagnia.
L'esame era durato sei ore, tutta la giornata scolastica. I due ragazzi erano riusciti a organizzarsi in modo ottimale e Jin fu capace di far arrivare al suo compagno le informazioni utili per svolgere il compito, poi il modo in cui le avrebbe usate era un problema suo.
«Oh, stasera ci sei?» Gli chiese Marco inspirando dal suo drummino.
«Sì, andiamo a festeggiare, poi piove anche.»
Marco aggrottò le sopracciglia. «Eh?» Fece confuso dalla frase dell'amico non trovandone il senso logico.
«Mia nonna... la pioggia... le storie...» Gli diede degli indizi per fargli tornare alla mente il motivo per cui quella sera non sarebbe voluto stare a casa.
Marco ci mise qualche secondo ma appena realizzò, spalancò la bocca. «Andiamo da lei! Mi piacciono le sue storie!»
«Non se ne parla.» Tagliò corto Jin infilandosi le mani nelle tasche dei pantaloni della divisa. Vide Marco aprire bocca per controbattere, ma per fortuna, proprio in quell'istante, Jasmine e Lea uscirono dalla porta principale, Jin avvertì subito l'amico con un cenno della testa e questo si dimenticò quello che stava per dire.
Marco si alzò in piedi e aspettò che le ragazze li raggiungessero. Lea si passava le mani sul volto struccato, era distrutta e dagli occhi leggermente gonfi e i cerchi neri sotto di esso, Jin ipotizzò che anche lei non avesse avuto una nottata piacevole.
«Che schifo.» Mormorò Jasmine riferendosi al test. «Se è così anche l'esame vero e proprio, io non ci vado, faccio prima.»
Marco ridacchiò e annuì e i due iniziarono a commentare l'esame appena fatto, che tipo di risposte avevano messo e quanto le avevano fatte lunghe. Jin era divertito dal modo in cui Marco parlava, come se l'avesse fatto tutto lui il compito, come se avesse passato l'ultimo mese sui libri; ma dietro le parole che usava e lo sguardo che assumeva, Jin capiva quanto avesse voluto realmente farlo. Sapeva quanto l'amico avrebbe voluto avere un'adolescenza normale, il cui unico problema era l'esame di ammissione, e sorrideva nel vederlo prendersi questi momenti, in cui si allontanava dal suo mondo reale.
«Jin?» Lo chiamò Lea, il ragazzo si girò e la vide con la testa alzata verso di lui. «Scusa per prima.» Gli disse sorridendo debolmente. «Quando sono in ansia sbatto sempre la gamba, non pensavo che facessi così tanto rumore.» Continuò a scusarsi.
Jin rispose con un'alzata di testa e un: «Tranquilla.»
La verità era che non gli stava dando alcun fastidio. Prima che consegnassero i compiti, la sua gamba ballerina aveva catturato l'attenzione del ragazzo. Lea si stava distruggendo dall'agitazione e la voce arrabbiata di sua nonna che lo rimproverava di star facendo andar via la fortuna, gli riapparve nella mente. Così, in automatico, si allungò verso di lei e poggiò la mano sulla sua gamba. «Ferma.» Le disse solamente e, come se avesse pronunciato un incantesimo, la ragazza si fermò all'istante e lo fissò confusa.
Quando si erano visti al Bonjour gli aveva fatto capire tutta la sua preoccupazione per gli esami e tutto il tempo che dedicava a prepararsi. Era dispiaciuta del fatto che nonostante tutto non riuscisse mai a prendere un voto soddisfacente. Si era così proposto di aiutarla, intanto avrebbe dovuto dare una mano anche a Marco. In più, non gli sembrava giusto che inconsapevolmente stesse mandando via la sua fortuna, magari era per questo che non riusciva a prendere bei voti anche se studiava.
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Pesca La Papera
RomansaImpegnata nella ricerca di un'attività in cui sia brava, maledice i suoi genitori biologici per averle dato quei geni che lei reputa "rotti" e per averla successivamente abbandonata in ospedale. Arrivata all'ultimo anno del liceo, Lea sentirà il bis...