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Quello Sguardo

Un quarto d'ora prima del suono della campanella, il professore di italiano elencò le preferenze date dai diversi alunni, invitandoli a formare dei gruppi.

«... Voi tre avete scelto "freccia", entro lunedì ditemi se volete farlo insieme o da soli, ma ricordatevi che l'unione fa la forza, va bene?» Li guardava dall'alto dei suoi occhiali e parlava con la sua solita voce monotona. «Stessa cosa per Jasmine e Sara che-»

«Sì, noi stiamo insieme.» Lo interruppe subito Jasmine, mentre si osservava le unghie appuntite laccate di rosso.

Il professore annuì e si abbassò sulla cattedra per appuntarselo. «Molto bene, brave ragazze.» Riprese alzandosi. «Infine, Lea e Jin, avete entrambi scelto "papere", anche per voi, stessa storia, entro lunedì ditemi se volete farlo insieme. Sono molto curioso di cosa creerete.»

Lea spalancò subito gli occhi e di istinto si girò verso il ragazzo alla sua sinistra. Questo scrisse qualcosa sul suo quaderno e sentendosi osservato si girò verso di Lea per solo un attimo, tornando poi a concentrarsi sul foglio.

La ragazza cercò di pensare velocemente a cosa fare, lo avrebbero dovuto fare insieme? O sarebbe stato meglio lasciar stare e farlo da sola? Ma questa era anche un'opportunità che l'universo le dava, dopo cinque lunghissimi anni, di avvicinarsi a lui.

«Marco, tu non hai scelto niente.» il professore interruppe il suo flusso di pensieri, questo alzò lo sguardo verso il moro seduto accanto a Jin e lo guardò stufo. «E siediti bene e aggiustati la cravatta, ogni giorno devo dirti le stesse cose, sei a scuola, non al parco.»

Il ragazzo sbuffò silenziosamente, drizzò la schiena, si aggiustò velocemente il nodo della cravatta e poggiò le braccia sul tavolo. «È obbligatorio?» chiese poi alzando un sopracciglio.

Il professore non rispose subito, si limitò a una lunga occhiataccia, prese poi un respiro profondo e iniziò «Romano, sei al quinto anno di liceo, cosa vuoi-»

«Va bene, scusi, non avevo capito.» Lo interruppe subito, conosceva a memoria quel discorsetto, glielo rifilavano tutti i professori e ormai si era stancato, potevano anche cambiarlo dopo cinque anni.

Gli unici alunni che si permettevano di interrompere i professori erano Marco e Jasmine, e lo facevano con così tanta naturalezza che Lea si domandava come fosse possibile. Lei aveva quasi paura anche di chiedere di andare in bagno nel bel mezzo di una spiegazione.

«Mi aggiunga a...» lasciò la frase in sospeso e si guardò velocemente intorno, finché il suo sguardo non si posò sul banco di Lea che gli sorrise dolcemente. «Mi aggiunga a Macarons» decise infine.

Jasmine si girò di scatto verso la sua compagna, con le sopracciglia alzate e Lea fece spallucce per farle capire che non ne sapeva niente di quella scelta. La mora si girò poi verso Sara che la guardò con un sorriso a trentadue denti e i pollici alzati. Ma prima che potessero accettare la presenza del ragazzo nel loro gruppo, la campanella suonò.

Mentre uscivano dalla grande porta di ingresso e percorrevano le quattro scale che dividevano il piazzale dall'atrio, Lea tirò fuori le cuffiette dalle tasche e iniziò, con poca pazienza, a slegarle. Non si capacitava di come facessero a ingrovigliarsi in questo modo, anche se le riponeva in tasca con tutta l'attenzione possibile, inevitabilmente si ritrova il filo tutto attorcigliato.

Accanto a lei, Jasmine era al telefono con la madre, ogni giorno si facevano un breve tratto insieme. Lei abitava nella parte nuova della città, tra gli edifici alti e le vie piene di negozi e ristoranti.

«Ei!» una voce poco lontana e affannata fece girare Lea.

Vide Marco rincorrerle, con la giacca della divisa poggiata sul braccio, appena notò di aver richiamato l'attenzione di Lea rallentò e si slegò del tutto la cravatta. «Jasmine!» chiamò ancora.

Pesca La PaperaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora