Capitolo 60

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È iniziato un gioco che ho tutta l'intenzione di vincere perché sono competitiva quasi quanto lei. Apro l'intera camicia e rientro in casa, lei mi segue a ruota, me la sfilo su per le scale ed entro nella nostra camera da letto. Quando mi volto vedo i suoi occhi bruciare per me. Sta perdendo e lo sa. Rido divertita. Mi sfilo i pantaloni lasciando che veda il resto della mia biancheria coordinata e salgo sul letto sdraiandomi. Mi osserva e combatte con tutta se stessa per non buttarsi su di me.

"Ho inventato io questo gioco, Bionda.. non puoi vincere" si sbottona la camicia e se la sfila piano. Mi mostra il suo reggiseno nero di pizzo che è qualcosa di straordinario. Mi dà la schiena quando fa scendere i pantaloni, sporgendo appena il favoloso culo, che avevo appena finito di elogiare, verso di me. Mostrandomi il suo coordinato. Mi incollo al materasso per non alzarmi e andare da lei, mi aggrappo al lenzuolo e faccio in modo che il mio istinto non abbia la meglio sulla razionalità che sta seriamente vacillando.

Mi dà la schiena ricoperta di cicatrici delle frustate e le sue mani salgono fino al gancetto del reggiseno, lo slaccia e lo tira via.

È sensuale nei movimenti ma tutto passa in secondo piano.

Questo gioco per me è finito non appena i miei occhi vedono tutte quelle ferite ancora fresche e il suo dolore mi toglie il respiro.

Mi alzo vado da lei e l'abbraccio da dietro "Hai perso" mi sussurra divertita e orgogliosa.

Appoggio le labbra su ogni parte, le lascio una scia di baci cercando di prendere il suo dolore "Non mi importa"

Capisce subito che cosa mi è preso, che il gioco è stato sospeso e che non ha davvero vinto come avrebbe voluto "Non fanno male, Macarena"

"Ma lo fanno a me" si volta e mi guarda negli occhi ma il mio sguardo cade sul resto delle sue cicatrici, ognuna con una storia diversa, con un dolore diverso. Mi inginocchio davanti a lei e bacio anche quelle. Ne approfitto per abbassarle le mutandine "Sdraiati" le ordino mentre le mie labbra iniziano un percorso nel suo interno coscia.

"Non finché non ti alzi" me lo ordina con fermezza, la guardo e capisco che non faremo nulla finché non risolveremo questa cosa. Mi rialzo in piedi e la raggiungo "Non mi fanno più male" me lo ripete con decisione, per convincermi passato.. lasciamolo alle spalle"

Annuisco piano "Tu ci sei riuscita con me?" Indico la linea netta che mi separa il seno, lei la guarda e me la sfiora con delicatezza e dolore "Non mi fa male ma a te sì.. perché per me deve essere diverso?"

Mi accarezza il viso piena di rimorsi "Perché io non sono arrivata in tempo"

"Ed è la stessa cosa per te! Sono arrivata tardi, Zulema" le dico con la stessa espressione "Sono arrivata tardi" ripeto in un sussurro pieno di sensi di colpa e di dolore.

Mentre la guardo negli occhi vedo che disintegra il muro tra di noi, si leva la maschera e lentamente lacrime silenziose iniziano a rigarle il volto "È stato.. davvero molto brutto"

Le prendo il viso tra le mani e raccolgo ogni lacrima in un bacio leggero "Ehi.."

Scuote la testa "Avevi ragione tu.. dovevamo smetterla" parla del lavoro. È un lavoro incredibile ma purtroppo ti consuma e lei, questa volta, ne è uscita a pezzi.

La faccio sedere mentre le accarezzo il viso "Sono qui. Ti ho qui con me. Siamo a casa, insieme" continuo a ripetere mentre mi inginocchio davanti a lei.

Hasta siempreDove le storie prendono vita. Scoprilo ora