Capitolo XXXIV

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Max aveva vinto l’ennesima gara in modo spettacolare, esultò come non mai in radio dopo aver oltrepassato la bandiera a scacchi e l’euforia si diffuse nel box numero 33 della Red Bull. Io ero sotto al podio ad aspettarlo come sempre in prima fila davanti alle transenne, parcheggiò la sua monoposto e scese senza esitare fiondandosi sul suo team. 
<<Max! Sono qui!>> urlai in preda alla gioia 
Max però non rivolgeva lo sguardo verso di me era come se non riuscisse a vedermi o sentirmi, come se fossi invisibile. Dopo l’intervista post gara si diresse verso il podio come se niente fosse. 
Sentì il battito del mio cuore accelerare bruscamente e iniziai a sudare ma nessuno sembrava notare il panico che si stava impossessando di me. 
Chiamai Max almeno dieci volte ma nessuno riusciva a sentirmi, chiusi gli occhi cercando di calmarmi, il buio scese sul podio e aprì gli occhi. 

La prima cosa che notai era il colore bianco asettico che avevo intorno, una debole luce filtrava dalle tende alla finestra, subito dopo avvertì una leggera fitta al braccio come se una pinza mi stesse tirando le vene infatti una flebo attaccata a una sacca con del liquido trasparente spuntava dal mio avambraccio. Cercai di non guardare l’ago nella vena ma era più forte di me, sollevando la mano sinistra notai il saturimetro sul mio dito, il rumore dei battiti del mio cuore faceva da colonna sonora. Non ricordavo come fossi finita in quel letto d’ospedale, provai a chiamare qualcuno ma non ricevetti risposta. Decisi di premere il pulsante rosso per chiamare un’infermiera, dopo un paio di minuti una donna con un camice bianco entrò nella camera con un sorriso sulle labbra
<<Signorina come si sente? Finalmente è sveglia, ci stavamo preoccupando>>
Ero sempre più disorientata e agitata, c’era una persona sola che volevo al mio fianco ma Max non c’era<<La prego ho bisogno di vedere il mio fidanzato. Si chiama Max Verstappen, ho bisogno di vederlo io…perfavore…>> l’agitazione prese il sopravvento a tal punto che scoppiai a piangere, facevo sempre più fatica a respirare, il rumore dei battiti cardiaci non accennava a placarsi
<<Signorina si calmi, non deve agitarsi>> riuscì a leggere il panico nello sguardo dell’infermiera che riuscì a mettermi sul viso una mascherina, ricominciai a respirare ma non riuscivo a calmarmi, le palpebre calarono di nuovo e non riuscì a sentire più nulla intorno a me.

Non avevo idea di quanto tempo fosse passato quando riuscì a riaprire di nuovo gli occhi, percepì di nuovo il bruciore fastidioso della flebo nel braccio ma qualcosa era cambiato, non ero in grado di stendere le dita e muovere la mano. Quando capì il motivo riuscì a sentire davvero l’ossigeno nei polmoni, Max teneva saldamente la mia mano libera dal saturimetro tra le sue ma dormiva con la testa appoggiata nel poco spazio libero sul letto dov’ero sdraiata mentre lui era seduto su una scomodissima sedia. 
Allungai l’altro braccio prestando attenzione alla flebo, accarezzai i suoi capelli color caramello dalle punte alle radici e una lacrima mi bagnò la guancia, era ancora lì al mio fianco anche se mi trovavo in ospedale. Improvvisamente si mosse e sperai che fosse sveglio, sollevò il viso guardandosi intorno senza lasciare la mia mano finalmente il suo sguardo incontrò il mio, sgranò gli occhi pensando che non fosse vero
<<Lisa>>
<<Sono qui>> riuscì a sussurrare da sotto la maschera 
Si alzò immediatamente sporgendosi su di me, togliendomi la maschera per l’ossigeno che non mi serviva più, le sue dita percorsero la linea delle mie sopracciglia, degli zigomi, il naso, le labbra e il mento. Nemmeno lui riuscì a trattenersi e le lacrime inumidirono il suo viso già provato dalla stanchezza poi si avventò sulle mie labbra come se volesse accertarsi che fossi davvero sveglia, teneva le mani sulle mie guance e mi accarezzava i capelli, le nostre lacrime si mischiarono
<<Queste ore sono state le peggiori della mia vita, ho avuto paura che non ti svegliassi Lisa>> confessò
<<Io tornerò sempre da te, ricordi?>> dissi sottovoce 
Max sorrise leggermente per la prima volta da quando avevo aperto gli occhi, si allontanò un istante per chiamare i dottori poi tornò a sedersi accanto a me 
<<Cos’è successo Max? Non ricordo bene>>

Lui abbassò lo sguardo e non rispose ma non mi arresi 
<<Max perchè ho tutta questa roba attaccata? Cos’è successo?>> chiesi indicando la flebo
Continuavo a chiedere spiegazione senza ricevere risposta mentre lui continuava a stare in silenzio senza guardarmi negli occhi.

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