CAPITOLO 80 L'epilogo di Wesley

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Ho imparato il silenzio da chi parla troppo,

la tolleranza dagli intolleranti,

la gentilezza dai malvagi;

e, per quanto possa sembrare strano,

sono grato a questi insegnamenti.

Kahlil Gibran

WESLEY'S POV

Ho sempre adorato il silenzio. La pace dei sensi. Non ho mai amato troppo le persone che parlano a sproposito tanto per dar fiato alla bocca. Ho sempre ricondotto i miei silenzi alla mia timidezza.

Ad oggi non so neanche se sia giusta questa mia deduzione. Non ho mai parlato più di tanto neanche a casa nonostante tra quella mura io mi sia sempre sentito completo. Oggi con più lucidità e consapevolezza del mondo attorno me credo di aver adottato il silenzio quando il mondo attorno a me a cominciato a fare troppo rumore.

I bambini sanno essere cattivi - l'ho sentito dire spesso. E devo ammettere che chi lo diceva aveva ragione. I bambini non erano molto carini con me a scuola. Il fatto che fossi timido con gli estranei, perché in fin dei conti era così, non mi aiutava certo a relazionarmi con gli altri.

Essere poi il gemello di Bax, colui che attacca bottone anche con le formiche, e di Sam che prende per il culo mezzo mondo, ha solo peggiorato le cose. Non fraintendete le mie parole, non do la colpa ai miei fratelli per le continue prese in giro che subivo, dico solo che agli occhi degli altri risultava ancor più lampante la differenza tra di noi.

Sei sicuro di non essere tu quello che è stato adottato? - borbottava in particolare un mio compagno di classe: Keith Randall. Gli avrei volentieri voluto ricordare come funziona il DNA e che se Bax era la mia copia spiaccicata voleva dire solo una cosa. O eravamo stati adottati tutti e due oppure eravamo davvero figli di nostra madre e nostro padre.

Lasciai perdere perché parlare mi risultava sempre difficile. E poi il fatto che da piccolo soffrissi di balbuzie certo non era positivo per qualcuno già escluso da tutti.

Wesley non sa parlare! Wesley non sa parlare! - mi risuona ancora nella testa la voce cantilenante dei miei compagni intenti ad intonare questa litania. E piano piano mi sono chiuso sempre di più.

Ho iniziato a spiaccicare giusto qualche monosillabo solo dentro le mura di casa. Mamma e papà erano preoccupatissimi ed io non volevo che si sentissero male a causa mia ma se parlare era in grado di causarmi tanto dolore allora era meglio non farlo.

Mamma diceva sempre che è meglio non parlare se non si ha niente di intelligente da dire e forse io, agli occhi degli altri, non dicevo cose tanto importanti.

Allora smetto di parlare - mi sono detto. L'ho fatto, ho parlato pochissimo per anni. Al Campus le cose sono leggermente migliorate. Le mie balbuzie dopo anni di logopedia erano nettamente migliorate e ogni tanto, all'interno del mio gruppo, mi lasciavo andare a qualche sporadica conversazione.

Forse gran parte del merito era dei miei compagni. La presenza dei miei fratelli mi rassicurava, il fatto che Aiden e Conner non mi guardassero come se fossi un alieno ancora di più. E poi mi piaceva Demon perché lui mi prendeva in giro proprio perché non parlavo, ma lo faceva con dolcezza. Non c'era cattiveria nel suo chiamarmi "Muto Volontario" a differenza dei miei compagni degli anni precedenti.

La svolta è avvenuta quando sul mio cammino ho incontrato Ariel. Lei mi è stata davvero d'aiuto. C'era una dolcezza nei suoi occhi verdi mentre mi guardava che mi faceva sentire speciale.

Non c'è mai stato bisogno di parlare più di tanto con la mia vicina di casa. Era bello giocare insieme quando eravamo bambini perché era solo Ariel a parlare. Io restavo in silenzio per ore e lei non me lo faceva mai pesare, si accontentava delle smorfie e dei cenni del capo.

Quando si trasferì in Alabama il mondo mi cadde addosso. Avevo perso la mia migliore e unica amica. E chi poteva aspettarsi che quattro anni fa la incontrassi per puro caso in un supermercato? Probabilmente nessuno però accadde. Per la prima volta sentì la mia voce perché lei non si era accorta di me ma io sì.

Urlai il suo nome più forte che potevo e quando lei si voltò e incrociai ancora una volta i suoi occhi mi sentì rinato. Ariel mi abbracciò come se mi conoscesse da sempre, come se non ci fossero di mezzo anni e anni di lontananza. Fu bellissimo.

Da quel giorno non ci separammo più. Credo di essere sempre stato destinato ad Ariel come lo ero al mio silenzio. Forse dovrei ringraziare Keith Randall. Credo che siano state proprio le sue prese in giro che, relegandomi al silenzio, mi hanno permesso di conoscere Ariel.

L'unico modo che avevo di smettere di pensare a Keith era di mettermi in giardino con la musica nelle orecchie. Ed è stato proprio nel giardino di casa mia che incontrai per la prima volta Ariel che, priva di ogni timidezza, mi strappò via le cuffie e mi chiese se volessi giocare con lei.

È sempre stata Ariel ad attirarmi a lei. La mia Ariel che adesso fa parte della mia vita. Che come allora comprende i miei silenzi e che mi fa sentire giusto, accettato e amato.

💙💙💙💙

Ed ecco a voi: Wesley. Spero che il capitolo vi sia piaciuto. Ci vediamo domani

Ammie

(IM)POSSIBILE AMARTI ~ la storia di DemonDove le storie prendono vita. Scoprilo ora