CAPITOLO 54

77 4 0
                                    

In materia amorosa i pazzi sono quelli che ne sanno di più.

Non chiedere d'amore agli intelligenti,

amano intelligentemente,

che è come non aver amato mai

Julio Cortazar

2 ANNI PRIMA

DEMON'S POV

La dottoressa Mcgrath mi osserva con la sua solita postura elegante e autoritaria, la biro stretta tra le dita della mano destra e il taccuino sulle ginocchia. Schiocca le labbra prima di prendere un respiro e tornare a parlarmi.

« Demon che ne dici di parlare di lei? >>

La fisso da sotto le ciglia cercando di decidere la risposta da darle. La dottoressa Mcgrath sta rispettando tutte le mie richieste a partire da quella più importante: non pronunciare mai il suo nome.

È sempre delicata, nei modi, nelle parole e nel modo di approcciarmi. Mi trovo bene con lei e forse dovrei fare un passo avanti prima che lei mi cacci come la Riggs per "rifiuto alle cure".

« La sogno spesso >> borbotto evasivo deciso a non raccontarle l'entità dei miei sogni

So benissimo quanto la mia speranza sia futile perché adesso chiederà sicuramente di parlarne ed io non ho intenzione di farlo quindi devo iniziare a trovare un argomento con cui cambiare discorso.

« Le parli? >> domanda

« Nei sogni? >> chiedo

Perché io le parlo sempre. La vedo sempre. Anche qui, nella stanza. Lei mi osserva nella sua pelle bianca, pallida e cadaverica ricoperta da quel rivolo di sangue che le macchia la tempia scivolando giù per la sua guancia fino a raggiungere il mento. Lei non fa altro che ripetermi quanto mi odi per quello che le ho fatto ed io non riesco a farmi perdonare da lei. A farle capire che non volevo succedesse tutto questo.

Lei non si ricorda che le ho fatto scudo con il mio corpo, crede che io l'abbia lasciata lì a morire, da sola, mentre scappavo via dalla macchina che si schiantava contro l'albero ma... è una bugia. Sono rimasto con lei fino a quando non ho perso i sensi. È stata lei ad abbandonare me perché quando mi sono risvegliato dal coma lei era già volata via.

« Anche >> ribatte << quanto spesso ti capita di parlarle? Quando sei sveglio >>

« Non le parlo quando sono sveglio >> ringhio mentendo << non sono pazzo dottoressa. Sono qui per qualcosa che non riguarda le allucinazioni. Dovrebbe saperlo >>

La dottoressa scuote la testa, scioglie le sue gambe incrociate e si sporge verso di me. Gomiti sulle ginocchia, mani incrociate su cui poggia il mento ed io so già che mi aspetta uno dei suoi discorsi filosofici e motivazionali.

« La pazzia è un concetto relativo >> afferma con un sorriso che mi fa storcere il naso << la psicologia dà di pazzia un significato diverso da quello che danno i filosofi. Gli uomini ne danno un altro ancora. Siamo noi a dover determinare cosa significhi per noi >> ribatte

« E per lei cosa significa dottoressa? >>

« Nulla >> risponde sincera << per me i pazzi non esistono. La pazzia è solo un epiteto. Un termine, a mio avviso dispregiativo, per dire che qualcuno si porta dietro la sua croce. Siamo tutti un po' pazzi e non c'è niente di sbagliato in questo >>

« Quindi se io le dicessi che lei in questo momento è seduta sul pavimento? Che mi fissa e che continua a dirmi che l'ho uccisa e dovrei raggiungerla così che possa punirmi, non sarei pazzo? Lei non scriverebbe questo su quel taccuino a cui tiene tanto? >>

(IM)POSSIBILE AMARTI ~ la storia di DemonDove le storie prendono vita. Scoprilo ora