HUNTER

25

HUNTER

Doveva starmi lontano.
Era meglio così, per entrambi.
Lei doveva starmi alla larga. Mi ostinavo a gettare quella responsabilità sulle sue spalle perché a me riusciva così difficile decidere per entrambi. Nonostante la stessi ignorando da giorni, ormai. Aveva perfino smesso di chiamarmi o di scrivermi. Sapeva dov'ero ma non si era mai presentata lì, segno che si stesse lentamente stancando di me.
Meglio.
Dopotutto io non ero che un uomo crudele. Negli ultimi giorni ero diventato nervoso per la chiacchierata avuta con Abel, e l'assenza di Ivy non aveva fatto altro che farmi dare di matto.
Lo aveva notato perfino Tristan. Cercava di distrarmi in ogni modo ma tutto ciò a cui pensavo era lei. Chissà quanto mi stesse detestando o quanto la stessi facendo soffrire. Ormai ce l'avevo così dentro che mi veniva difficile non pensarci. Non avevo mai avuto tale connessione con nessun'altra e c'erano ancora troppe cose irrisolte tra di noi per poterla semplicemente dimenticare.
Dannazione!
Stavo cercando in ogni modo di trovare le ragioni necessarie affine di piombare a casa sua e stringerla tra le mie braccia per recuperare tutti i giorni in cui non avevo potuto farlo.

«Tieni.» Tristan mi allungò un bicchiere. Eravamo nel mio ufficio al piano superiore. La musica proveniente dalla sala del locale era così alta, eppure, tutto ciò che rimbombò nelle mie orecchie fu il rumore assordante del martellamento del mio cuore.
Lui si sedette a guardarmi.
Non fece niente, non disse niente. Si limitò semplicemente a cercare sul mio volto le risposte che neppure io avevo.
Risposte che non potevo più continuare a cercare.

Dovevo mantenere il controllo dei miei sentimenti e la mia testa aveva già deciso sul da farsi. Non avrei mai più rivisto Ivy.

«Hai bisogno di qualcosa? Sembri a pezzi , devi sfogarti.» Parlò mentre arricciai le labbra in segno di disapprovazione prima di scuotere la testa, capendo a che cosa alludesse. L'unica donna che avrei voluto toccare era lei. Nessun altra. «Stai facendo la cosa giusta, amico mio.» Appoggiò la sua mano sopra la mia spalla come a confortarmi mentre mi concentrai sul bicchiere di Whiskey che mi servì e lo sgolai tutto d'un fiato. «Ivy è una minaccia per te e sai bene che ragionare col cuore fa smarrire le persone. Le rende deboli e vulnerabili...» aggiunse «...è la testa invece quella che ragiona e tu devi essere lucido. Sai bene i motivi per cui ci troviamo qui!»

Li sapevo, uno ad uno. Sapevo i loro nomi e perfino le loro facce, eppure, mi resi conto in quel momento che forse non volevo più comprenderli quei motivi, perché mi avevano posto dinanzi ad una scelta. Lei o loro. Una cosa escludeva definitivamente l'altra.

«Ti stai tirando indietro?» Chiese studiandomi attentamente affine di captare qualche segnale nelle mie reazioni. «Guarda che io sto dalla tua parte!»

«Non mi sto tirando indietro.»

«Ma-..?»

«Maledetto il giorno in cui è entrata a far parte della mia vita.» Sospirai a denti stretti prima di digrignarli mentre lui mi guardò affranto. Quasi dispiaciuto per ciò che stavo passando. Ricordavo ogni particolare di quella ragazzina. Di come mi faceva sentire quando ero dentro lei o di come mi perdevo nei suoi occhi e tra le sue labbra. Dell'amore racchiuso in ogni suo sorriso o sguardo. Sguardi che donava solo a me . Che diavolo ci aveva visto di tanto speciale nel mio cuore? Sempre se ne avevo uno. «Sono stato con molte donne...» incalzai mentre lui ghignò affermandolo «...ma nessuna mi ha mai amato tanto.»

«È giovane e a quell'età capita di infatuarsi di un uomo più grande e più esperto. Si sente protetta!»

«Protetta da cosa-...» stavolta lo guardai in faccia «...-se sono proprio io il male più grande che possa avere attorno.» Lui non capiva, non poteva capire. Ivy aveva scoperto tutto di me e ciononostante mi aveva accettato per il mostro che ero, amandomi come se fossi invece la creatura più pura che esistesse al mondo. Ero io quello che si sentiva protetto tra le sue braccia invece.
Ero io.