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IVY


«Che cos'hai?» Domandò Colin mentre guardai svogliata fuori dal finestrino della sua auto le luci della città risucchiate in lontananza dalla notte. Mi voltai a guardarlo per un po'.«Ti ho vista pensierosa durante la cena. Ho detto o fatto qualcosa che non va? Eri così felice di uscire con me in città, e ora, te ne stai lì assorta nei tuoi pensieri. A che cosa pensi?»

A Hunter. Alle sue dure parole. Al suo cinismo.

Ma che mi aspettavo esattamente? Ero ridicola. Una povera illusa priva di ogni tipo di esperienza che aveva captato male i segnali confondendo la premura di quell'uomo per qualcos'altro. Basta! Dovevo togliermelo dalla testa. Dopotutto, era ciò che lui voleva. Che non ci vedessimo mai più. Deglutii a stento quel groppo in gola ed infine sorrisi a Colin.

«Penso a quanto io desideri che la mia vita sia normale.»

«Normale?» Aggrottò la fronte lanciandomi uno sguardo prima di riportare i suoi occhi verdi sulla strada. «Che intendi? La tua vita è più che normale!»

«No che non lo è.»

«Ma Ivy, tu hai tutto ciò che ti serve!» Quasi mi ammonì seppur il suo tono di voce parve calmo e sereno. Sospirai scacciando via dal petto quel malessere accumulato negli anni. Madison era mia amica, ma con Colin mi riusciva più facile confidarmi in merito ai miei stati d'animo.

«Ti riferisci a cose materiali.» Replicai. «Ma oltre a quello, cos'altro ho? La mia vita è spenta, piatta. Dal giorno in cui sono nata mi hanno resa prigioniera di scelte a cui ho assistito da spettatrice non potendo mai decidere per me. Respiro, parlo e mangio quando decidono gli altri. Ti sembra poco?» Mi guardò ma non fiatò, segno che anche lui da quel punto di vista la pensasse esattamente come me. «Non conosco nessuno, non ho amici, non mi hanno mai permesso di essere indipendente o di frequentare scuole e feste come i miei coetanei. La mia vita non è affatto normale, Colin. Perfino Luna può uscire, andare in vacanza o a divertirsi con le sue amiche ed i suoi amici, mentre io no. Non ho mai dormito a casa di amiche, non sono mai andata in gita o al ballo di fine anno. Perché a lei è concesso tutto mentre a me no? Non siamo uguali io e lei?»

«I genitori di Luna sono vivi, Ivy , ed è per questo che le permettono di uscire o svagarsi o andare all'università...» esclamò mentre tesi la mascella «...tu ,  invece, sei la luce degli occhi di Victor. Dopo la morte dei tuoi sei tutto ciò che gli rimane e sai bene quanto tuo nonno amasse alla follia tuo padre. Lui sarà anche un po' severo, ma cerca solo di proteggerti e vuole soltanto il tuo bene.»

«Proteggermi da che cosa?» Sbottai chiedendo spiegazioni mentre le lacrime mi rigarono il viso nonostante provai con così tanta forza ad impedire loro di scendere. «Da chi? Io non voglio essere protetta! Voglio essere capita. Tu sai qualcosa che io non so, non è così? Voi tutti sapete!»

«Non è così. Non c'è nulla da nascondere, credimi...-»

«Basta!» Lo interruppi non lasciandolo parlare e usando quel poveretto come valvola di sfogo per le ingiustizie subite dalla mia famiglia. Dopotutto, lui che colpa aveva? «Voglio ribellarmi e e per una volta non dover chiedere il permesso di poter liberamente respirare. Questa non è protezione Colin! Sono incatenata, sono esausta. Non mi è legittimo pensare...» mi pulii il viso mentre la sua espressione facciale si tramutò in dispiacere «...non so nemmeno che cosa accade fuori nel mondo. Come pretende il nonno che io possa sopravvivere da sola fuori da quelle quattro mura? Io voglio sbagliare, voglio commettere errori e voglio imparare a mie spese da quegli errori! Sono le responsabilità e le esperienze a farti crescere, non le capanne d'oro o il non sapere. Questo è ciò che mi reca sofferenza, il fatto che lui non si degni neppure ad ascoltarmi. Quante volte è passato a salutarmi negli ultimi anni? Due volte?...Due ore, Colin! Non sa niente di me.»

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