22

5.6K 161 35
                                    


IVY

Non riuscendo a resisterci a vicenda e non avendone abbastanza di l'un l'altra facemmo l'amore per ben tre volte di fila quella sera.
Fino a che ci prosciugammo l'anima a vicenda.
Fino a che fece male.

Restammo all'interno della mia vasca da bagno per ore intere. La sua nuca era appoggiata sul mio petto e mentre lui insaponava ed accarezzava le mie gambe con tenerezza, tracciandone il disegno delle forme, io mi limitai a premergli le labbra sulla testa, tenendolo stretto a me e notando i segni della passione che mi aveva lasciato sulle braccia.
Sollevò lo sguardo cercando il mio.
Aveva un taglio d'occhi bellissimo, tremendamente disarmante. Glieli baciai lentamente vedendolo chiuderli ed udendolo tirare un sospiro di sollievo, appagato dal gesto. Poi li riaprì.

«Perché mi guardi così?»

Tentennai un po' prima di rispondergli. «Perché so che al mio risveglio tu te ne sarai andato ed io non potrò più farlo fino a che ti rincontrerò di nuovo.» Mormorai con tono dispiaciuto. «E so che fino ad allora mi mancherai, perciò ne approfitto.»

«Perché?» La sua mano si mosse delicata sul mio viso e per un po' giocò anche con i miei capelli umidi.

«Mi sento bene quando sto con te. Per la prima volta sembra che nella mia vita tutti i tasselli si trovano al loro posto, e stupidamente, ammetto che a volte m'immagino anche come sarebbe viverti ogni giorno, costantemente. Dormire serena sapendo che al mio risveglio tu sarai lì al mio fianco. Io non sapevo esistere in modo diverso prima di incontrarti mentre ora tutto è cambiato. Hai stravolto i miei equilibri.»

Lo vidi tendere la mascella mentre provai a leggere tra le righe dei suoi sguardi. Qualcosa lo bloccava.
Lo rattristiva.

«Ti conosco da appena un mese ma mi sembra di conoscerti da sempre.»

«Anche per me è così.» Confessò. «Eppure, neanche ci conosciamo.»

«Già.» Bofonchiai. «Però a me basta come mi fai sentire, il resto può attendere.»

Sorrise. Fu un sorriso che racchiudeva tanta tristezza, simile a quelli riservati agli addii
Agli addii forzati, quelli inevitabili.

«A chi assomigli?»

Ci pensò un attimo. «Fisicamente a mia madre solo che lei era più bella di me. Dicono tutti che abbiamo lo stesso sguardo...» accennò un lieve sorriso colmo di nostalgia per la donna «...caratterialmente invece, credo di assomigliare di più a mio padre.»

«Ti mancano?»

«Ogni secondo.»

Non fiatai per un po' percependo tutto il suo malessere, al che, pensai di deviare discorso non volendo aprirgli vecchie ferite che lo consumavano ancora a distanza di anni. «Che cosa significano i tuoi tatuaggi? Ne hai così tanti.» Gettai un'occhiata ad ognuno di essi . Tutti , dal primo all'ultimo gli donavano un'aria dura, pericolosa. Dalle mani, al braccio ricoperto, alla scritta sul costato, il corvo sul petto massiccio. Qualcuno sulla coscia sinistra e tanti sparsi sulla schiena tra cui un leone.

«Non tutti rappresentano qualcosa...» raccontò, ed io annotai ogni cosa che disse «...la maggior parte sono dedicati alla mia famiglia, come ad esempio il leone. Questo e questo...» mi mostrò una croce ed una data sotto il pettorale sinistro, accanto al cuore «...sono per mia madre.»

«E il piccione sul petto?» Scherzai accarezzandoglielo e strappandogli un sorriso che mi accese il cuore, poiché mi mostrò quelle bellissime fossette che tanto amavo.

«È un corvo.» Disse ostentando un broncio adorabile mentre assottigliai lo sguardo di proposito, fingendo di non averlo capito mentre lui premetta la sua mano sulla mia nuca e la abbassò fino a che le mie labbra raggiunsero le sue.

HUNTERDove le storie prendono vita. Scoprilo ora