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IVY

Piansi silenziosamente sotto il getto dell'acqua fino a che gli occhi mi si gonfiarono così tanto da far male.
Piansi per me, per lui.
Per tutti i sogni di un futuro assieme riposti e messi da parte nello scrigno del mio cuore. Per il quel cuore ormai sgretolato e per il suo mai esistito. Per la mia vita che più a pezzi non si poteva o per le menzogne in cui ero cresciuta. L'unica persona che non c'entrava niente con tutta quella merda, stava pagando il prezzo di ogni sciagura. Sfinita di versare lacrime inutilmente, indossai l'accappatoio e mi lavai i denti non avendo neppure la forza di specchiarmi.
Non volli vedere che cos'ero diventata.
Mi sarei sentita male.
Uscii dal bagno e con mia grande sorpresa lo trovai seduto sopra il letto con la schiena appoggiata alla testiera di velluto nero. I suoi occhi erano puntati a me, placidi ed immobili. Scrutai il suo viso cercando nel suo sguardo un qualche segno di affetto, ma nulla, era indecifrabile. Niente era cambiato, neppure per via di quello spiacevole episodio che desiderai cancellare quanto prima, e sinceramente, in quel momento l'ultima cosa che volli al mondo fu la sua presenza, non essendo per nulla in vena dei suoi castighi. Proseguii verso la mia valigia appoggiata a terra accanto al suo enorme guardaroba e mi chinai a prendere degli abiti percependo il suo sguardo anche a distanza di così tanti metri. Non parlò, evitandomi almeno qualche altro dispiacere. Con le spalle ancora rivolte a lui provai a nascondermi dietro un'anta dell'armadio delle scarpe, lasciando che il tessuto dell'accappatoio mi scoprisse la schiena cosicché potessi indossare la canottiera. Dopodiché, goffamente, riuscii ad infilarmi un paio di mutandine ed i pantaloncini leggeri di cotone. Sperai se ne fosse andato via ed invece era ancora lì a guardarmi.

«Devi toglierla di mezzo quella valigia.» Mormorò serio, con voce profonda, al che, la chiusi e la sollevai affine di trascinarla e nasconderla da qualche parte dove non potesse recare fastidio alla sua vista. «Intendo dire che devi svuotarla ed appendere i tuoi vestiti.»

Quella frase presumeva una mia lunga permanenza lì, o che?
Non gli risposi.
La nascosi comunque all'interno del suo guardaroba e districai i capelli lunghi ed umidi con le dita delle mani, non avendo neppure un misero pettine. Intravidi tramite lo specchio che il ragazzo si sollevò e si avviò nella mia direzione, piazzandosi alle mie spalle mentre trasalii abbassando lo sguardo.

«Qui hai tutto il necessario...» m'informò aprendo il primo cassetto del comò «...asciugateli, o rischi di ammalarti.»

«Ti preoccupi per me ora? Hai paura che mi ammali....» esordii ironica afferrando un pettine qualunque «...ma a puntarmi in faccia una pistola con la consapevolezza che potesse venirmi un infarto, no?» Assurdo. Raramente veniva tradito dalle sue emozioni, ma al vedermi così afflitta, abbassò gli occhi e si allontanò ritornando dov'era prima. O forse mi immaginai tutto quanto io, speranzosa si trattasse di quello.
Di un pizzico di pentimento o empatia,
Lui era immune a tutto il dolore che mi aveva arrecato ed io ero così patetica a continuare a credere che gl'importassi, che i miei occhi si gonfiarono ancora di lacrime. Avevo manifestato la mia sofferenza in ogni modo ma nulla parve essergli servito. Arrabbiata con me stessa asciugai subito le lacrime maledicendomi per essere così fragile e sciocca, ed infine, continuai a pettinarmi .
Lui mi fissò e basta ; col viso cupo e lo sguardo assente. Le riflessioni sul suo conto mi resero consapevole di quanto lo amassi o di quanto ne fossi ancora dipendente. Insomma, ero lì a patire come una matta e mi preoccupavo di notare quei suoi piccoli dettagli. Il cambiamento del suo comportamento, o il distacco nelle sue parole e gesta. Con lui era come fare i conti prima con l'amore, quello vero e puro, e subito dopo col dolore più lacerante che potesse esistere .

Che grandissima stupida!

Dopotutto, che cosa mi sarei mai potuta aspettare da uno come Hunter? Anche quando stavamo insieme ero sempre io a cercarlo o a preoccuparmi che non gli fosse accaduto niente di male. Lui mi usava, andava via e si ripresentava quando più ne aveva voglia. Ed ora che mi trovavo lì non cercava neppure l'approccio o non sentiva la necessità di chiarire con me determinate faccende di cui io stessa ne ero all'oscuro. Sospirai addolorata sentendo una pugnalata diritta al cuore, così, riaprii il cassetto per riporci all'interno il pettine ed i miei occhi notarono un bigliettino. Uno di quelli che lui era solito strappare dalla mio quaderno per poi lasciarmelo la mattina presto sopra il comodino, avvisandomi che se ne fosse andato. Con discrezione, finsi di sistemare bene quelle poche cianfrusaglie ed aprii il bigliettino sgualcito riconoscendo all'istante la sua terribile scrittura.

HUNTERDove le storie prendono vita. Scoprilo ora