64

3.5K 143 34
                                    

IVY


Mi sfiorai la pancia percependola tesa, quasi dura. Forse anche un po' rotonda o semplicemente fu solo una mia immaginazione dopo ciò che mi riferì il medico.
In parte ero felice.
Certo, un po' scombussolata ma pur sempre felice e per nulla spaventata.
In parte però, mi sentii in colpa ; colpevole del fatto che neppure dentro, nel più profondo strato del mio animo, io non ebbi mai ,neppure una volta, il sospetto che ci fosse un bambino dentro di me. Giocherellai con le dita sfiorandomi la pelle in prossimità dell'ombelico, ritrovandomi a sorridere a trentadue denti come una bambina alle prese con le caramelle. Io e Hunter presto ne avremmo avuto uno tutto nostro, insieme.

Certo, fu presto fantasticare sulla creatura che stava crescendo dentro di me, ma lo feci comunque, nella speranza che ereditasse da lui gli occhi. Il tratto più bello e puro di suo padre. Grandi, ambrati e a forma di mandorla.
Capaci di sussurrare al cuore come pochi. Sospirai afflitta.
Certo, con Hunter le cose ultimamente stavano degenerando, ma pensai che quando anche lui avrebbe appreso la notizia sarebbe stato felice tanto quanto me.
Ne fui certa.

Ovvio, a causa delle varie circostanze mi sarei aspettata di crollare nella disperazione, eppure, per qualche strano motivo mi sentii rinata. Il portare la vita dentro di me mi rese inspiegabilmente forte come non mai e per la gioia mi coprii il viso con le mani, percependo le lacrime più pure fuoriuscire dai miei occhi.
Sotto consiglio del medico restai in camera mia a riposare, coricata, con lo sguardo puntato verso la porta quasi ad attendere lui...

Non venne, e qualcosa mi disse che non sarebbe venuto. Le palpitazioni del mio cuore aumentarono così a dismisura che sentii i battiti nelle mie orecchie, ma ciononostante, mi sforzai con tutta me stessa pur di farmi concedere un po' di tregua dai miei pensieri assideranti . Mi sollevai dal letto titubante e nervosa, pronta a dirigermi da lui, fino a che qualcuno bussò alla mia porta ed il cuore impazzì.
La mia gioia, però, si dissipò in un batter di ciglia quando una delle domestiche, la signora più anziana, mi portò il pranzo in camera.

«Hunter non c'è?» Le chiesi gentilmente, speranzosa che potesse riferirmi qualcosa. Abbassò lo sguardo non reggendo il mio, lasciò il vassoio sopra il comodino e con un'espressione tipica di chi stesse provando a commiserarmi, se ne andò lasciandomi lì tutta sola.

Sbuffai, divorata da quel silenzio assordante e dalla solitudine che percepii fin dentro le ossa. Ovviamente non sfiorai cibo.
Sorseggiai solo dell'acqua e mi coricai nuovamente finché qualche attimo dopo udii qualcuno colpire nuovamente la porta con le nocche. Non mi voltai neppure a controllare, certa che fosse qualche domestica venuta a prendere il vassoio, fino a che non riconobbi la sua voce.

«Vestiti...» mormorò «...tra poco Ares ti porterà in clinica.»

Ma come, tutto qui?
Balzai giù dal letto e lo chiamai prima che potesse fuggirmi via. «Hunter, aspetta!» Ebbi anche il coraggio di sorridergli presa dall'euforia, anche se lui fu tutto tranne che felice. «Non vuoi-...ecco, tu-...non ti va di venire con me?» Balbettai emozionata, specchiandomi nel cinismo dei suoi occhi spenti e privi di vita. Pensai che fosse anche lui scosso o che non se lo aspettasse, ma di certo non immaginai mi avrebbe riservato tale freddezza.

«No.» Disse e seppur triste, dovetti ingerire il colpo ed annuire come se niente fosse. «Chiederò ad una delle domestiche di prepararti anche un borsone con un cambio-...»

«Perché?» Lo interruppi non capendo mentre il ragazzo mi fissò per un po'.
Forse cinque secondi, ma parvero un'eternità.

«Nel caso dovessero esserci delle complicazioni.»

Aggrottai la fronte avvicinandomi a lui con passo lento, quasi a volergli chiedere spiegazioni. «Sì, ma perché me lo dici con questa faccia?» Mi piazzai dinanzi alla sua sagoma in attesa che rispondesse.

HUNTERDove le storie prendono vita. Scoprilo ora