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HUNTER


«Areeees!» Gridai buttando quasi giù la porta quando piombai in casa come un folle.

«Hunter?»
Voltai la testa alla mia destra da dove giunse la sua voce, fino a che non mi raggiunse a passo veloce, con un'espressione facciale davvero preoccupata.
«Che succede?»

«Dammi le chiavi della macchina!» Gli ordinai allungandogli la mano impaziente, devastato e con gli occhi gonfi e straripanti di lacrime.

«Aspetta...» corrugò la fronte, come se non sapesse bene che Tristan avesse preso il mio veicolo «...tu sei ubriaco, guido io!»
Disse, capendo che cosa sarei andato a fare.

Annuii ed in un batter di ciglia ci ritrovammo nel suo veicolo . «Vai più veloce!» Lo spronai col cuore pronto ad esplodere mentre provai a telefonare a Tristan, nonostante la poca batteria rimastami. «Rispondi, cazzo...rispondi!» Bofonchiai tra i denti tamburellando col piede per l'estremo nervosismo. «Dannazione!»

«Cosa?...Che succede?» I suoi occhi neri si spostarono dalla strada a me quando spaccai il telefono sbattendolo svariate volte sul maledetto cruscotto.

«Dammi il tuo cellulare!» Sbottai fuori controllo, col magone ormai impadronitosi della mia gola. «Il mio si è spento, porca troia!» Mi guardai attorno per cercare un cazzo di caricabatterie, ma niente. Aveva un veicolo da cento mila dollari e non aveva un cazzo di alimentatore.
Sollevai lo sguardo incrociando il suo.
«Allora? Non mi ascolti quando parlo?»

«Come cazzo faccio a darti il cellulare se me l'hai rotto poco fa! Eh?» Mi sgridò.

«Allora datti una mossa, Ares! Che cazzo aspetti?» Lo minacciai vedendolo accelerare e fare lo slalom a destra e a sinistra pur di sorpassare i veicoli, causando non poco scompiglio in strada. I miei sentimenti in burrasca si sfogarono venendo fuori tutti insieme stravolgendomi il viso, dove percepii un calore mai provato prima.
Dannazione, non ci voleva! 
Mi accomodai sul sedile preda della rassegnazione, percependo le lacrime solcarmi le guance fino a riversarsi sul tessuto della mia
t-shirt e non osai dire più nulla, certo che sarei giunto in ritardo.
Mi sentii distrutto ed impotente.
Un uomo fragile e piccolo che non poté fare altro che singhiozzare silenziosamente colmando l'auto col suo dolore. Quella fu la prima volta che mi mostrai a lui in tutta la mia vulnerabilità.
E fu anche la prima volta in cui non me ne vergognai.

«Ci siamo!» Mormorò intravedendo in lontananza la clinica. Non fece la rotatoria, evitando di ritardare ulteriormente, bensì, passò direttamente sopra il marciapiede centrale divisore tra le due strade, distruggendo le ruote. «Non pensare a niente Hunter e vai! ...Corri!» Mi spronò parcheggiando quando balzai giù dall'auto correndo come un disperato.

«Ivy Keller.» Ordinai alla signora alla reception levandole la cornetta del telefono dall'orecchio, cosicché desse importanza a me.

«Signore, si calmi!» Mi fissò sbigottita, e solo i miei ringhi si udirono nel silenzio della clinica. «Lei chi è? Io non posso darle queste informazioni. Se non si allontana subito, mi costringerà a chiamare la sicurezza-...»

«Ti ho fatto una domanda!» Le sbraitai sbattendo le mani sul bancone e vedendola trasalire e tremare, mentre rovesciai a terra tutti i fascicoli e le brochure appoggiate lì. «Dov'è Ivy Keller?»

Impallidì. «Ultima ...stanza a... sinistra.» Balbettò terrorizzata indicandomi il corridoio giusto. Iniziai a correre più veloce che potei, chiamandola a squarciagola.

«Ivy!» Urlai piangendo come un bambino e catturando l'attenzione di medici ed infermieri, fino a che il mio cuore non percepii la sua presenza.
Era lì da qualche parte.
«Ivy!!»
Spalancai una ad una tutte le porte fino a che m'imbattei in quella giusta. Era accomodata su un lettino, tenuta ferma da un uomo, mentre un'infermiere cercava di estrarle del sangue per le analisi. Non seppi se fossi giunto o meno in tempo, ma il mio cuore impazzì quando la vidi in quelle condizioni . Tristan si voltò a guardarmi subito, mentre lei rimase di stucco. Piangeva e si dimenava come una furia. «Lasciatela!» Ringhiai volendoli ammazzare uno ad uno senza minima pietà. «Levatevi tutti!» Li spinsi bruscamente allontanandoli da lei, fino a che la sollevai in braccio e la strinsi forte a me dove scoppiò a piangere a dirotto tra le grida di dolore che le smorzarono il fiato.
O forse la mia morsa fu talmente tanto possente che avrei potuto sbriciolarle le ossa.
Le massaggiai la nuca cercando di placarla mentre i nostri petti si scontrarono ripetutamente fino a far male. «Scusami, amore mio...» serrai gli occhi e pronunciai quelle parole dal profondo del mio petto, consapevole che nulla sarebbe bastato per farmi perdonare «...non mi perdonerò mai per averti recato così tanta sofferenza, riversando su di te tutta la mia infelicità. Tu sei l'unica cosa che il mio cuore desidera, Ivy. L'unica persona a questo mondo per cui morirei senza pensarci minimamente, e per giunta, me ne andrei felice e col sorriso più bello stampato in faccia...» sussurrai con voce spezzata dall'emozione «... sono accecato dalla rabbia e sto affogando nelle mie insicurezze e nei miei guai che mi dilaniano l'anima, ma so anche che ciò accade solo quando sei lontana da me. I miei occhi ti cercano, il mio cuore di desidera ed i miei polmoni si nutrono di te come se fossi la loro aria. La loro pace. Quando tu non ci sei, mi sento indefinito ed incompleto. Smetto di esistere e sprofondo nell'abisso della mia solitudine e della mia paura, fino a venire lentamente risucchiato e dimenticato per sempre- ...» ripresi fiato quando la percepii stringersi forte a me, mentre la mia mano si impigliò nei suoi capelli quasi a tirarla maggiormente verso di me, affine di eliminare ogni misero millimetro tra noi
«... -ma anche nei pensieri che mi mandano in fiamme la testa, pensando che un giorno io possa svegliarmi in un letto vuoto, senza la tua presenza accanto. Tu sei tutto, piccola. Il mio cuore ama follemente il tuo più di ogni altra cosa al mondo e da quando sei giunta nella mia vita percepisco dentro di me questo bisogno sfrenato di amarti , e sappi che finché avrò fiato, nulla mi impedirà di farlo.» Dissi percependo uscire tutti dalla stanza, tranne noi due. «Amerò te e nostro figlio come meritate di essere amati, te lo prometto!» La accarezzai tutta. «Ti ho fatto molto male, Ivy, troppo...e so di essere imperdonabile perché ti ha spezzato il cuore e lacerato l'anima la persona di cui ti fidavi di più a questo mondo. La persona che dovrebbe proteggerti! Me ne vergogno tanto. Sono impulsivo e ho agito d'istinto, preda dello spavento. Temevo sarebbe potuto accaderti qualcosa di brutto, di irreversibile. Qualcosa che mi avrebbe segnato per tutta la vita fino a che non avrei trovato pace nella morte. Non mi sentivo degno di essere padre e la verità è che non mi sono mai sentito all'altezza di meritarmi l'amore puro che tu mi hai sempre offerto incondizionatamente. Ma ora sono qui, e ci sono con tutto me stesso.» Esternai tutto fino a prosciugarmi. «Ora mi sento libero e sembra che la mia vita abbia finalmente ripreso ad avere un senso. So che non mi amerai più come prima, me lo merito...» sospirai afflitto ficcando il muso nell'incavo del suo collo, tra la spalla e la sua mascella. Il mio posto preferito e quello più sicuro «...ma so per certo che non ho mai smesso di amarti neppure per un'istante. Ti amo in modo così totale che mi è impossibile credere che a questo mondo esista qualche altro essere umano capace di amarti più di me. Mi pento di ogni secondo, piccola..» emisi un ansimo di frustrazione dalle labbra «...di ogni respiro, sguardo, bacio e battito che non ho passato con te. Bensì contro di te! Contro noi! E mi detesto a morte per questo perché io non voglio vivere mai più nella tua assenza, e oggi più che mai ho capito che voglio crescere questo figlio insieme a te. Voglio amarvi e proteggervi come solo un padre ed un uomo, sono capaci di fare.»


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