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IVY

Il cuore mi salì in gola per via della sua presenza in stanza, mentre mi nascosi dietro il letto, dove avevo trascorso la maggior parte del tempo da quando fossi giunta lì.

«Volevo dell'acqua.» Mi giustificai mormorante, terrorizzata dal fatto che potesse farmi qualcosa. Lui non era Hunter.
Nei suoi occhi non era rimasto niente dell'uomo di cui mi ero follemente innamorata ; le sue parole, un tempo dolci, erano diventate sporche. Le sue tenere carezze si erano convertite in brutali. I suoi occhi ambrati superavano il buio della notte. Era diventato uno sconosciuto e neppure la mia anima riusciva più a connettersi con la sua. Aveva i demoni e le tenebre dentro sé , ed io stavo pagando ingiustamente tutti quanti i conti.

Fissò il comodino dov'erano appoggiate delle bottigliette che aveva portato in precedenza la domestica, al che, deglutii svitando il tappo di quella ancora retta nelle mie mani. «Mi pare tu ce l'abbia qui l'acqua.» Proferì freddo e cinico, mentre mi chiesi se fosse sempre stato così e se io mi fossi creata un'illusione diversa di lui nella mia mente.
Già, la colpa era tutta mia.

«La volevo fredda.»

Ghignò, ma per nulla divertito. Quasi più infastidito dal mio atteggiamento.
«Certo, come no!»

Ne sorseggiai un po' inumidendomi la bocca secca, rimanendo lì ben lontana da lui.

«Toglimi una curiosità...» si accigliò dubbioso. Infilò le mani nella tasca dei suoi pantaloni ed infine percorse il tragitto attorno al letto posizionandosi dinanzi a me, al che, intimorita, mi feci piccola piccola stringendo le ginocchia al petto «...perché non dormi sul letto?»

Perché mi ricorda te.
Noi.

«Ti ho fatto una domanda!» Sbottò spaventandomi.

«Perché mi ricorda te.» Risposi abbassando lo sguardo mentre il suo punse voracemente la pelle del mio viso. «Abbiamo trascorso uno dei momenti più importanti della mia vita su questo letto, e anche solo sfiorarlo ora che ho il cuore così pesante di sofferenza, mi sembra di sporcarlo. Di rovinare quel ricordo che voglio avere di te. Non ciò che sei diventato ora.» Incalzai tra i denti col cuore infranto fino a che le lacrime colme di pena invasero i miei occhi, scesero e mi bagnarono la maglietta.

Sorrise beffardo trafiggendomi il petto con la sua spietata indifferenza. «Questo è ciò che sono....» esordì «...e non sei l'unica che ho scopato su quel letto.» Accentuò il ghigno godendo del mio malessere mentre morsi a sangue la lingua per il nervoso. «Posso farti cambiare stanza se vuoi...» ironizzò «...e venire a fottermi qui la ragazza che si trova in salone e che mi sta aspettando.»

Il mio addome si contorse al solo udire le sue parole. Il mento incominciò a tremare e desiderai solamente scoppiare a piangere a dirotto e gridare fino a squarciarmi la gola, ma mi trattenni, evitando di donargli quella soddisfazione.
Tanto, a lui non importava più niente.

«Voglio tornare a casa mia.» Dissi alzandomi in piedi. «Subito!» Minacciai furibonda provando a sorpassarlo, ma ogni volta che cercai uno spiraglio per farlo, lui mi si posizionò davanti facendomi ombra col suo corpo. «Fammi andare via da qui! Devo tornare a casa mia...Devo andarmene lontano da te!»

«Mai.» Sussurrò bloccandomi il passaggio ogni volta che ci provai, fino a che piagnucolai frustrata e terrorizzata.

«Lasciami andare...» lo scongiurai premendo le mani addosso al suo torace «...fammi andare via, ti prego.»

«Dammi un motivo!» Rispose pacato venendomi incontro a passo lento, per nulla toccato dalla drammatica situazione che stavo vivendo dentro e fuori di me. Indietreggiai mantenendo una distanza minima tra i nostri corpi, seppur in due o tre passi mi sarei trovata contro il muro.

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