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KENNEDY

Passo il Natale a casa con la mia famiglia, papà viene a trovarci e la sorpresa a Kayden riesce benissimo. Per la prima volta, ho visto mio fratello sorridere dopo mesi chiuso in quella stanza a fissare il soffitto. Sono felice che almeno uno di noi due abbia passato le feste serenamente, io sono rimasto per giorni chiuso della mia stanza a fissare il muro accanto al mio letto. 

Non ho più parlato con Eve dalla sera della festa e non ho più visto Chandler dopo che si è presentato a casa mia. Non ho intenzione di vedere nessuno dei due, devo schiarirmi le idee e imparare a gestire quello che sento. 

Quando Chandler mi ha baciato mentre Eve aveva le labbra su di me, mi è piaciuto. Non sono stato male perché ho fatto qualcosa che non volevo, ma perché ho fatto qualcosa che mi è piaciuto e non mi aspettavo che fosse così. 

Non posso vedere nessuno di loro finché non mi schiarisco le idee, parlerò con Eve quando torneremo a scuola e mi scuserò per averla ferita. Non posso fare altrimenti in questo momento, sono ancora troppo sconvolto dall'intera situazione. 

Per questo, quando papà riparte con la sua famiglia, decido di partire con lui per passare il Capodanno a New York con Willa. Non vorrei lasciare Kayden solo con mia madre, ma visto che lui ora lavora e può uscire di casa per qualche ora ogni giorno, ho pensato di poterlo fare. 

Ho bisogno di staccare la spina, di pensare a me per qualche giorno. Seguo Willa e mi guardo intorno. Siamo alla festa di una confraternita, ci ha trascinato qui la sua compagna di stanza. È come una festa di Mitch solo in una casa più brutta e disordinata, non riesco a notare grandi differenze con le feste a cui siamo abituati a Weston.

Willa mi prende a braccetto e mi trascina in un angolo del soggiorno, la musica a tutto volume mi impedisce di sentire bene quello che dice quindi mi chino per ascoltarla meglio.

«Sono così felice che tu sia qui, Kennie! Mi sei mancato tantissimo».

Anche lei mi è mancata tanto, a volte penso che la mia vita sia così incasinata proprio perché Willa non è vicino a me per dirmi quale direzione devo prendere. Ho passato una vita a guidare mio fratello senza rendermi conto che eravamo tutti e due manovrati da nostra madre. Non ho mai preso una singola decisione nella mia vita e adesso non sono in grado di scegliere.

«Non dovresti bere quella roba» borbotto indicando la vodka che regge.

Lei alza gli occhi al cielo e ne prende un sorso, la imito e sento gli occhi bruciare quando deglutisco.

«Pensi di stare qui qualche giorno?»

«Ripartirò dopodomani, in tempo per tornare a scuola».

Annuisce e mi indica un punto della sala dove poter ballare. Dallo stereo suona una canzone pop di una decina di anni fa, Willa sembra non essere interessata al fatto che non la conosce. Solleva la mano e inizia a ballare. 

È così diversa dalla ragazza che veniva a scuola con me l'anno scorso... non solo perché ha un aspetto più sano ora che è in terapia e il suo disturbo è sotto controllo, ma anche perché è molto più sicura di sé. Sono molto fiero di lei. Balliamo per un'ora, beviamo e scherziamo. 

A un certo punto, quando ci accorgiamo che manca poco al countdown, ci accorgiamo anche che siamo ubriachi. Willa mi abbraccia e punta il mento sul mio petto.

«Gli assomigli così tanto che mi fa quasi male guardarti» farfuglia.

«Chiamalo, non devi per forza stare lontana da lui».

Mette il broncio e mi fissa in tralice.

«No, adesso sta diventando più semplice. Non posso chiamarlo ora».

Love, KennedyDove le storie prendono vita. Scoprilo ora