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KENNEDY

«Kennedy, usciamo a correre».

Alzo lo sguardo su Kayden e inarco un sopracciglio. Sono appena tornato da scuola, anche oggi Chandler non era presente. Ho perso il conto dei giorni passati dall'ultima volta in cui l'ho visto comportarsi come quello che era il mio ragazzo.

Non si fa vedere da due settimane, ha smesso di partecipare agli eventi pubblici di suo padre e a scuola si parla di lui nei corridoi. Io vorrei che stessero tutti zitti, che smettessero di nominarlo quando ci sono io nelle vicinanze.

Mi fa male lo stomaco ogni volta che sento il suo nome, vorrei tanto estirparlo da dentro di me e cancellare tutto quello che abbiamo vissuto, ma non posso farlo.

Lo odio perché mi ha portato a cambiare me stesso e poi mi ha abbandonato e adesso senza di lui mi sento perso, come se non mi ricordassi di chi sono. Vorrei poter dire che tornando indietro non rifarei le stesse scelte, ma mentirei. Rifarei ogni singola cosa, vorrei solo che per lui fosse lo stesso.

«Kennie?»

Mi alzo e mi stiracchio, mi infilo una felpa e vado a prendere le scarpe da corsa. Kayden mi aspetta davanti alla porta, le mani affondate nella felpa.

Non corro da un po' e forse mi farà bene. Ultimamente non so più cosa mi faccia bene o meno, non riesco a dormire e a mangiare come prima. Sono sempre in allerta come se dovesse succedere qualcosa ed è assurdo dato che Chandler mi ha mollato. Peggio di così non potrebbe andare.

Raggiungo mio fratello e insieme usciamo di casa, restiamo in silenzio e quando arriviamo in fondo al vialetto mi manca il fiato. Mi fermo in mezzo al vialetto e vengo travolto da una bambina di tre anni piena di vita. Kayla si tuffa tra le mie braccia, la sollevo e scoppio a ridere quando lei si sporge per abbracciare Kayden.

«Ma cosa ci fate qui?» esclamo.

«Kayden!»

Lui me la strappa dalle braccia e se la stringe al petto, papà ci raggiunge e mi abbraccia poi fa lo stesso con Kayden.

«Abbiamo sentito che c'era bisogno di un po' di allegria qui, Kayla è felice di aiutare».

Fisso mio fratello in tralice, lui alza le spalle e fa una linguaccia a nostra sorella.

«Non era necessario venire fin qui».

«Volevo vedere i miei figli, Kennedy. Era necessario».

Annuisco e fisso l'auto ferma davanti al vialetto. Kayden può uscire sempre alle solite condizioni, quindi spieghiamo a Kayla che deve comportarsi bene e scegliere la sua merenda in fretta perché Kayden deve studiare.

Andiamo in una caffetteria poco distante da casa, ci sediamo a un tavolo appartato e ordiniamo pancake e succo di frutta. Mostro il polso a mia sorella e i suoi occhi verdi si illuminano.

«Il mio braccialetto» esclama.

«Il braccialetto più bello che io abbia mai avuto. Non me lo tolgo mai».

Sorride e si arrampica sulle gambe di Kayden, preme le mani sulle sue guance e le labbra sul suo naso. Scoppio a ridere e lui solleva il dito medio verso di me, alle spalle di Kayla. Papà alza gli occhi al cielo e beve un sorso di caffè.

«Piantatela, è troppo intelligente per non vederlo».

«Io vedo tutto, vedo ogni cosa» canticchia Kayla.

«No, secondo me questo non lo vedi».

Kayden le solletica i fianchi e lei ride, piegandosi su se stessa. Papà mi si fa più vicino, un sorriso sulle labbra. Il divorzio dei miei genitori mi fa ancora male, ma amo Kayla con tutto il cuore. Non posso più immaginare una famiglia in cui lei non esiste.

Love, KennedyDove le storie prendono vita. Scoprilo ora