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CHANDLER

Overdose da alcol e psicofarmaci. Non riesco ancora a credere al casino che ho combinato, la notizia è ovunque ormai ma non me ne importa abbastanza per preoccuparmi. 

Ho visto il dolore sul viso delle mie sorelle e di mia madre, avrebbero potuto perdere anche me nello stesso modo in cui hanno perso Amy ed è stato egoista da parte mia. Ho ferito tutti loro, ho ferito Kennedy che sembrava sconvolto quando mi sono risvegliato. 

Rimango in ospedale quasi una settimana, parlo tutti i giorni con una psicologa fornita dall'ospedale e con uno psichiatra che mi cambia i farmaci. A quanto pare, potrei soffrire anche di un disturbo da stress post traumatico, e ora riesco a spiegarmi molte più cose sulla mia testa disturbata. 

La psicologa che mi segue, la dottoressa Tao, sostiene che essere vittima di un reato sessuale ha conseguenze devastanti sulla mente di un ragazzino. Nick mi ha usato, mi ha manipolato e io ero minorenne, anche se ho cercato di difenderlo ancora dicendo che ero innamorato di lui, la dottoressa ha insistito dicendo che questo è un atteggiamento tipico di chi ha subito abusi.

Scoprire la verità su mia sorella, ha scatenato una reazione emotiva tanto violenta da essere paragonabile a un'esplosione. Voglio stare bene, lo voglio per Kennedy e le mie sorelle, lo voglio per Amy che nel suo video lo desiderava fortemente. Lo voglio sul serio, ma non so come si fa. Mi rendo conto che io, in fondo, bene non lo sono mai stato. 

Sono stato bullizzato da mio padre per il mio orientamento sessuale, usato da un pedofilo, picchiato più volte. Insomma, io non ho idea di cosa diavolo significhi stare bene e rendermene conto mi ha destabilizzato.

«Gli unici momenti di felicità che ho avuto sono con Amy e Kennedy» rifletto.

La dottoressa Tao si sistema gli occhiali sul naso e punta gli occhi a mandorla nei miei. È giovane, ma mi ispira comunque fiducia. Forse perché negli adulti non ne ho più granché.

«Pensi spesso alla morte?»

Non so mai che risposta dare a questa domanda.

«A volte» ammetto. «Ma non volevo uccidermi, lo giuro. Volevo solo spegnere il casino che c'è dentro di me e il dolore, a volte è insopportabile».

Annuisce e mi guarda con uno sguardo comprensivo.

«Non c'è niente di male ad ammetterlo, questo ti rende molto forte».

Se fossi forte, non getterei tanta merda addosso alla mia famiglia e al mio ragazzo. Non lo dico ad alta voce, mi mangio quelle parole insieme alla paura di perdere tutti quanti.

«Penso spesso a come sarebbe la mia vita oggi se mia sorella fosse ancora viva, mi domando come sarei se non fossi sempre così solo».

«Ma tu non sei solo, hai Kennedy e le tue sorelle» mi fa notare lei.

«Lo so, ma forse è il mio problema più grande. Io mi sento sempre solo anche se so di non esserlo, anche se so di essere amato. È come se l'assenza di quell'unica persona, oscuri la presenza di tutte le altre. Non ha molto senso, vero?»

Mentre parlo, sento la tristezza arrampicarsi nel mio petto.

«Ha perfettamente senso, invece. Ci si può sentire soli anche in mezzo a tanto amore».

Distolgo lo sguardo e lo punto sul cielo oltre la finestra. È una sensazione orribile, è come essere nati con un organo in meno.

«E qual è la soluzione? Perché Amy non tornerà».

«Imparare a convivere con questo vuoto, Chandler. Non lo devi riempire, non devi fuggirne e non devi averne paura. La vita delle persone è piena di vuoti incolmabili, non bisogna fare l'errore di trasformarli in voragini».

Love, KennedyDove le storie prendono vita. Scoprilo ora