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CHANDLER

Abbiamo vinto la seconda amichevole e la squadra sembra particolarmente su di giri. La settimana prossima inizia il campionato e non so se riusciremo a mantenere questo ritmo, di sicuro manterremo quello delle feste. 

A quanto pare, in questo posto non si fa altro che festeggiare e lo fanno nello stesso modo in cui lo fanno tutti i ricchi: senza freni. Ad Atlanta ho partecipato a un'infinità di feste e posso affermare che quelle della Weston High sono solo un gradino sotto quelle della Royal. 

A me non è mai fregato molto delle feste di per sé, mi bastava stare lontano da casa e avere un drink in mano. Mi faccio strada tra la folla e Mitch mi getta un braccio sulle spalle trascinandomi verso un angolo del patio in cui son radunati alcuni dei miei compagni di squadra e delle ragazze. 

Riconosco Eve e Maggie, una tipa che gira intorno a Mason come un'ape con il miele e una nerd con i capelli neri e gli occhiali da vista squadrati. Si morde l'unghia del pollice a disagio mentre aspetta che una delle sue amiche si sganci da questa situazione. Non succederà, sono qui per un motivo e dubito che pensino a lei. Mitch mi mette in mano una birra ma io non la bevo, sono qui con la mia jeep e non ho intenzione di dormire in mezzo a loro mentre cercano di recuperare da una sbornia. Mi siedo su un divanetto con le sedute imbottite e poggio la bottiglia sul tavolino.

«Amico, come ti trovi alla Weston High?»

È Josh a parlare, trascina le parole come se facesse fatica a pronunciarle e gli occhi sono iniettati di sangue. Credo che abbia fumato oltre che bevuto. Josh è l'unico della squadra che mi piace fino in fondo, sarà che è anche l'unico che ha dato contro Gus e difeso Kayden riguardo la vicenda dell'arresto. 

Non sopporto gli stronzi che promuovono la cultura dello stupro e non riesco a passare sopra a una cosa del genere nemmeno per la squadra, ho delle motivazioni personali che mi spingono a prendere la faccenda molto sul personale. Per questo me ne tengo fuori, ogni volta che ne parlano me ne vado o fingo di avere altro da fare. In realtà, vorrei prenderli a calci nel culo.

«Bene» rispondo.

«Tutto qui?»

Alzo le spalle e mi infilo una sigaretta tra le labbra, la accendo e aspiro un tiro.

«Cosa dovrei dire? Sono qui da poco tempo e l'unica cosa che ho fatto è stato giocare a football e andare a scuola».

Trovo questa città tremendamente noiosa e bigotta, ma me lo tengo per me. Vengo da Atlanta, sono abituato alla città e a poter andare in giro senza che qualcuno mi indichi come l'attrazione principale del posto. Ormai la gente sa che sono un Milestone, non si emoziona particolarmente vedendomi. A volte qualcuno lo fa, ma non è così frequente. Qui tutti mi indicano. Quello è il più giovane dei Milestone. Sua sorella gemella è morta. È una testa calda. Il padre è stato vicino a disconoscerlo. E altre cazzate, insomma.

«Le ragazze?»

Quelle sedute qui con noi ridacchiano, Eve alza gli occhi al cielo e io inarco un sopracciglio. Mi domando cosa ci faccia qui se fino a settimana scorsa aveva la lingua nella gola di Kennedy, nelle sue lettere lui la descriveva come una santa ma io credo che sia solo una che sa fingere bene. Non perde l'occasione di sedersi qui con noi né di incasinarlo, è chiaro che vuole tenersi aperte più opzioni. Non sono affari miei, ma mi piace infastidire le persone e metterle a disagio quindi la indico con un cenno del mento.

«Cosa ti infastidisce, principessa?»

Nessuno, compresa lei, sembra cogliere quanto sia dispregiativo quel soprannome. Eve si appunta i ricci dietro alle orecchie e si sporge sul tavolo.

Love, KennedyDove le storie prendono vita. Scoprilo ora