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CHANDLER

Quando torniamo a Weston, sono un po' più sereno anche se continuo a sentirmi come se mi avessero legato a collo un masso e io stessi cercando di non piegarmi per il suo peso. 

Rientriamo domenica sera e la prima cosa che mi aspetta lunedì, è Meredith che con ancora il pigiama addosso mi sventola davanti la boccetta arancione dei miei farmaci. Allungo una mano spengo la sveglia sul mio telefono, è la quinta volta che suona ormai. Mia sorella mi scosta le coperte di dosso e mi afferra le mani.

«Forza, dormiglione. In piedi, sei in ritardo per la scuola».

«Non ci voglio andare» mugugno.

Mi stropiccio gli occhi e soffoco uno sbadiglio, mi ricopro e lei agita di nuovo il flacone.

«Dobbiamo aumentare la dose, Channy. Il dottor Levinson ha detto di aggiungere una pillola».

Lo so, ma onestamente ho così tanto sonno che temo di andarmi a schiantare con l'auto contro un muro con una pillola in più. Glielo dico e lei si alza, si scosta i capelli dal viso e allunga una mano verso la mia.

«Ti porto a scuola io, oggi sono libera e ho alcune commissioni da fare. Ti aspetto all'uscita, possiamo andare a pranzo insieme e invitare anche Kennedy».

Non ne ho per niente voglia, ma annuisco. Non posso morire prima di denunciare mio padre, quindi non mi resta che accettare il suo aiuto.

«Puoi uscire?» borbotto.

«Non fare il timido».

«Mer, ho un'erezione qui sotto».

Arrossisce fino alla radice dei capelli e da un colpo di tosse, indietreggia con le mani davanti al viso e a me scappa una risata.

«Bleah, me ne vado. Ti aspetto per fare colazione» blatera. «Muoviti, sto morendo di fame!»

Se ne va e mi lascia solo, finalmente. Suona di nuovo quella dannata sveglia e la spengo con un colpo un po' troppo forte. La tentazione di tornare a dormire è fortissima, ma non posso passare le mie giornate a letto mentre Amy è in attesa di giustizia. 

Mi alzo e faccio una doccia, mi infilo la divisa scolastica e corro a fare colazione. Meredith mi aspetta seduta a tavola, il pigiama è stato sostituito da un abito a fiori e i capelli sono raccolti in una treccia. Non sembra per niente l'erede di un impero come quello dei Milestone. Scosto la sedia e prendo il telefono dalla tasca quando lo sento vibrare. Il nome di Kennedy sullo schermo mi fa sorridere.

Kennedy: Buongiorno, se tu non avessi saltato così tanti giorni di scuola oggi avremmo potuto andarcene da qualche parte e passare tutta la giornata a baciarci. Ti odio.

Ridacchio e Meredith mi lancia uno sguardo che somiglia molto a quello di una madre intenerita.

Chandler: Non me ne frega niente delle assenze, possiamo farlo lo stesso. Buongiorno.

«Chi è che ti fa sorridere?»

Mi verso una tazza di caffè e ne bevo metà tutta d'un colpo.

«Kennedy».

«Sei proprio innamorato, vero?»

Alzo le spalle e prendo un biscotto. Non so cosa dire, onestamente. Non so se sia una cosa buona il fatto che io sia innamorato di qualcuno, tutte le persone che hanno ricevuto il mio amore sono fottute nella testa o morte. 

Sono come una nube tossica che avvelena le persone che mi respirano e non mi piace rifletterci sopra, altrimenti dovrei iniziare a chiedermi cosa diavolo penso di portare nella vita di Kennedy, oltre a tutto questo.

Love, KennedyDove le storie prendono vita. Scoprilo ora