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CHANDLER

La villa è silenziosa quando arriviamo. Mia madre è fuori per il weekend e lo scopro solo quando entro in casa e il giardiniere mi mette al corrente della cosa, sta potando una siepe vicino al patio e si interrompe per darmi la notizia. 

Dovrei essere felice che non ci sia, eppure non è così. Da un mese non mi chiama e mi scrive messaggi che sembrano stupide formalità, ho il sospetto che beva più di prima e che mio padre in questo c'entri qualcosa. 

Non può reggere il peso della campagna elettorale, non senza un aiutino. Mi viene da vomitare. Casa mia è comunque piena di gente, da quando papà ha annunciato la sua candidatura abbiamo molte più guardie e personale domestico. 

Non posso contare che non gli riferiscano che sono stato qui con Kennedy, per questo ci fermiamo solo un giorno. Tanto lo so che mi verrà a cercare, lo so come funziona. La cosa che mi da sollievo è sapere che potremo stare in camera di Amy senza essere disturbati, quindi non perdiamo tempo. 

Lasciamo le nostre cose in camera mia e apriamo la porta della stanza di fronte con la mia chiave, Kennedy mi segue in silenzio. Da quando è stato picchiato per colpa mia, non so bene come comportarmi con lui. 

Ho paura che si sia pentito di aver scelto me, ma che non sappia come lasciarmi andare e so che è la mia testa incasinata a parlare ma non riesco a smettere di pensare che sia così.

«Non si respira qui dentro» borbotta.

La finestra è murata e il riscaldamento è al massimo, ha ragione. Inizio a rovistare di nuovo nei vari cassetti, ma non trovo niente.

«Controllo in mezzo ai vestiti» mi avverte.

«Qui non c'è niente».

«Devono essere qui, Channy. Sforzati di pensare a dove potrebbero essere».

Ci provo, ma non ci riesco. Conoscevo Amy come conosco me stesso, eppure non riesco a cogliere qualcosa che lei pensava avrei capito. Mi guardo intorno e penso a dove nascondeva le caramelle che rubava dalla dispensa da bambina, mi avvicino alla finestra e mi inginocchio davanti alla panca. Stacco la seduta, ma tutto quello che trovo sono classici con le copertine logore.  Cime Tempestose, Addio alle Armi, Orgoglio e Pregiudizio, Il Vecchio e Il Mare.

Niente, non so dove diavolo cercare.

«Hai trovato qualcosa?»

Sollevo i libri e glieli mostro, Kennedy sospira e torna nella cabina armadio.

«Qui ci sono un sacco di gioielli» mi informa.

Inarco un sopracciglio e mi alzo, dopo aver rimesso tutti i libri al loro posto. Entro nella cabina armadio e fisso il cassetto dentro il quale Kennedy sta frugando. Ci sono così tante scatolette di velluto che sono confuso.

«Che diavolo è quella roba?» borbotto.

Lui solleva una custodia rossa e se la rigira tra le mani.

«Cartier» farfuglia. «Abbiamo anche Bulgari e altra roba decisamente costosa».

«Ma non ha senso, mia sorella non indossava questa roba. L'unica cosa che portava al polso era un braccialetto dell'amicizia che avevamo uguale, il mio si era rotto durante una partita ma lei non l'aveva mai tolto».

Non ha senso che qui ci siano tutti questi gioielli. Apro gli astucci davanti a me e sono sorpreso dai bracciali che trovo. Ce ne saranno una trentina, questo cassetto avrà un valore di almeno centomila dollari.

«A quanto pare le piacevano» riflette Kennedy.

«No, ti dico di no».

Non le piacevano queste cose, lei era felice con una scatola di colori e una tela nuova da sporcare. Era un'outsider, odiava questo mondo. Era affezionata solo a un paio di orecchini di diamante, ma solo perché erano della mamma. Li indossava solo nelle occasioni speciali. Li trovo nel secondo cassetto insieme ad alcuni trucchi e mollette per capelli. Continuo a rovistare nei cassetti, ma non c'è niente di strano.

Love, KennedyDove le storie prendono vita. Scoprilo ora