51

1.2K 87 42
                                    

CHANDLER

Non esco dal dormitorio da non so nemmeno più quanti giorni. Ho smesso di badare al tempo che scorre dopo che ho scoperto la verità. Mio padre ha abusato di mia sorella per anni e io non me ne sono mai reso conto. 

Lei dormiva nella stanza di fronte alla mia, la notte si infilava nel mio letto e io non lo sapevo. Leggendo i suoi diari ho capito che ho sempre visto quello che lei voleva mostrarmi, se aveva dei lividi si copriva e se aveva pianto evitava di guardarmi. 

Io prendevo quello che lei mi dava, ho sempre fatto così. Non esco dalla mia stanza da giorni, sono andato avanti a leggere i suoi diari e mi viene da vomitare ogni volta che i miei occhi si posano su una di quelle pagine. 

Devo denunciare mio padre, ma sono bloccato qui dentro come se non sapessi più come si fa a muovermi. Ho perso gli ultimi comizi, altri giorni di scuola, il rispetto per me stesso. 

Non riesco a uscire da queste mura, ad affrontare la realtà. Nessuno crederà mai alle confessioni di una ragazzina morta suicida, non so come farò a farmi giustizia e a dare a Amy la pace che merita. 

Mi riscuoto dal torpore quando la porta della mia stanza si spalanca, mi volto sul materasso e schiudo le palpebre. Meredith avanza verso di me nel suo completo elegante e tacchi di qualche stilista famoso per cui è necessario vendere un organo.

«Channy?»

«Ehi».

La fisso da sotto le coperte. Vorrei alzarmi, ma non ne ho la forza. Voglio solo dormire, annullarmi e scomparire dentro me stesso. 

Mi manca Kennedy, mi manca mia sorella, mi manca mia made. Voglio uccidere mio padre, cazzo. Meredith si siede sul materasso e mi accarezza il viso, i suoi occhi azzurri sono tristi e mi fissano carichi di compassione.

«Channy, mi stai facendo preoccupare».

«Sto bene».

Mi scosta i capelli dalla fronte. Non mi lavo da una settimana e non ho intenzione di farlo presto, forse se rimango qui prima o poi scomparirò.

«Non stai bene ed è ok, non c'è niente di male se a volte diventa tutto troppo. Dobbiamo fare qualcosa, però».

Mi siedo e fisso le mie mani. Vorrei dirle la verità, raccontarle quello che ho scoperto, ma una parte di me non si fida nemmeno di lei. 

Amy sapeva che io avrei trovato i diari, sapeva che avrei saputo cosa fare e adesso io so che non posso rischiare che papà scopra che ho ciò che ha cercato per due anni. Doveva sapere che Amy aveva scritto tutto.

«Sono un po' stanco» sussurro.

Fisso il cielo oltre la finestra e lei mi accarezza una gamba. So che ha superato il terzo mese di gravidanza, me l'ha scritto qualche giorno fa. Non riesco nemmeno ad essere felice per questo. Non sento niente.

«Kennedy dov'è?»

Mi irrigidisco sentendo il suo nome. Mi manca così tanto che mi fa male il petto quando penso a lui.

«Non ha funzionato».

Mi accarezza una guancia e sospira.

«Channy, non puoi stare qui tutto il giorno. Non è normale».

«Mi è già successo dopo la morte di Amy, mi passerà».

Lei scuote la testa e si schiarisce la voce.

«Non passerà se non facciamo qualcosa».

«Mer, sto bene».

«C'è il dottor Levinson di sotto. Fatti una doccia e scendi a parlare con lui, starai bene».

Love, KennedyDove le storie prendono vita. Scoprilo ora