CHANDLER
Sono stato a New York con Amy qualche mese prima che lei morisse, siamo venuti al MOMA insieme a mamma e fu uno dei viaggi più belli della mia vita. Non che fossimo troppo lontani da casa, ma per il modo in cui abbiamo vissuto senza regole in un certo senso era come stare dall'altro lato del mondo.
Amy era totalmente rapita dall'arte e ricordo che io ero rapito solo da lei, dal modo in cui viveva per i quadri che aveva davanti agli occhi. Vibrava come una chitarra sotto le dita di un musicista esperto, come se venisse pizzicata di continuo. Ora so che probabilmente l'arte l'ha tenuta in vita fino a quando non è stata più sufficiente, era linfa vitale e speranza di evasione, quella che si è sgretolata quando ha smesso di crederci.
Non sono in questa città per la prima volta, quindi, ma è come se lo fossi dato che non sono mai stato qui con Kennedy e lui rende i posti molto più di semplici agglomerati urbani con edifici e strade.
Lui fa somigliare tutti i posti in cui mi porta a una casa ed è una cosa spaventosamente bella, in un modo che mi toglie il fiato. In un modo che mi elettrizza, mi fa sentire come le corde di una chitarra pizzicate da un musicista esperto.
Siamo stati tutto il giorno con suo padre, sua sorella e Willa che ci ha raggiunto solo nel tardo pomeriggio quando si è liberata dal lavoro. Fa la stagista per il New York Daily e sembra felice di rivedermi. Kayla si addormenta dopo un pomeriggio intenso a rincorrere me e Kennedy tra i turisti, mi si è appiccicata addosso con un affetto che non sento di poter meritare, ma sono rimasto in silenzio e ho giocato con lei fino a sfinirla.
Quando Keyth ci lascia per portare Kayla a riposare mentre attende il ritorno di Alicia, noi tre decidiamo di cenare con un hamburger su una delle panchine del parco. Willa deve tornare al campus tra poco, quindi ci siamo fermati in un posto che per lei sia comodo.
«Come stai, Chandler?» mi chiede.
Punta gli occhi marroni nei miei e arriccia il naso, da un morso al suo hamburger e un rivolo di salsa le cola sul mento. Kennedy sorride e scuote la testa, la guarda come se vederla mangiare lo rendesse fiero e a me si stringe il cuore. Come diavolo ho fatto a trovare uno come lui? Non riesco ancora a capacitarmene. Io, che non sono altro che spazzatura, sto con Kennedy Lancaster. A volte ho paura di contaminarlo, di rovinare il suo animo puro.
«Bene» rispondo.
«Ho visto le dichiarazioni di tuo padre. Ti offendi se dico che è uno stronzo?»
Ridacchio.
«Per niente, puoi scriverlo in un tuo articolo».
Quando lo dico, Kennedy alza la testa di scatto e aggrotta la fronte. Inarco un sopracciglio e lui scuote la testa, tornando alla realtà.
«Sul serio, ragazzi, che aria tira a casa?»
«Un'aria pesante, Willa. Non credevo che la gente potesse essere così cattiva» confessa Kennedy.
Curioso, io non potevo credere che la gente potesse essere così buona. Intendo come loro.
«Da non crederci. Hanno reagito alla storia di Gus dando ragione a lui, hanno emarginato Kayden e adesso voi due. Quel posto è più chiuso di un naso congestionato durante una brutta influenza» mugugna e io annuisco.
«Allora...» interviene Kennedy. «Se non sbaglio, è passato quasi un anno da quando hanno arrestato Kayden».
Willa arrossisce e abbassa lo sguardo, riprendendo a mangiare. Mastica in silenzio, poi si schiarisce la voce.
«Farà bene a ricordarsi di quello che gli ho scritto nell'ultima lettera che gli ho dato».
«Lo ricorda, fidati» mugugna Kennedy.

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Love, Kennedy
Fiksi RemajaKennedy Lancaster è stato cresciuto per essere l'ombra di suo fratello Kayden, ha passato tutta la vita cercando di proteggerlo dai pericoli che non poteva cogliere a causa della sua malattia e cercando di essere invisibile agli occhi degli altri. A...