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CHANDLER

Le vacanze di Natale sono state un buco nell'acqua. Mio padre le ha trascorse a casa a causa di un cambio di programma dell'ultimo minuto e per me è stato un incubo.

Sono sicuro che abbia cambiato i suoi programmi dopo quello che è successo la notte del Ringraziamento, sapeva che io e Meredith non ci saremmo arresi quindi ha voluto assicurarsi che saremmo stati lontani dalla stanza di Amy.

Ho provato a cercare di capire se ci sia una cassaforte di cui non so nulla in casa, ma non ho potuto fare molte ricerche. Sono sicuro che ci sia, ma non potevo rischiare che mio padre mi beccasse. Ho desistito, per ora. Ho aspettato due anni, non ho intenzione di mandare tutto a puttane per colpa della mia impazienza.

Devo aspettare il momento giusto, portare pazienza. Meredith si è detta d'accordo, poi mi ha ospitato per quasi tutta la durata delle vacanze per la paura che papà mi mettesse di nuovo le mani addosso. Sono stato a casa con mamma di giorno, ma ho dormito da mia sorella.

Il giorno di Natale lo abbiamo passato a casa sua, c'era anche Amelia che non ha fatto altro che bere e guardare il suo cellulare. Capodanno, invece, l'ho passato a una festa organizzata da Sam anche se lui ancora mi tratta da schifo.

Non ci vedevamo da mesi e stare con lui è stato strano, quasi imbarazzante. Non abbiamo più molte cose in comune e credo che si senta a disagio vicino a me, quello che è successo l'anno scorso è un promemoria costante di quanto incasinato io sia.

Sono tornato a casa di Meredith appena dopo la mezzanotte, ci siamo seduti nel pergolato e abbiamo guardato i fuochi d'artificio in lontananza. Clayton la teneva stretta tra le braccia e lei cercava di coinvolgermi in ogni conversazione. Saranno degli ottimi genitori, di questo ne sono sicuro.

Ho bevuto un po' meno durante le feste, ma solo perché mia sorella mi controllava. Adesso che sono di nuovo a Weston e che vivo di nuovo da solo in un posto che sembra infestato dai fantasmi, la voglia di bere è tornata prepotente. Mi infilo di corsa nell'aula di arte e firmo la mia presenza sul foglio alla cattedra.

«La data della consegna finale dei ritratti è spostata di un mese. A fine semestre, voglio vedere i vostri dipinti».

Mi siedo al mio posto Kennedy mi lancia un'occhiata. I capelli biondi sono perfettamente pettinati, il viso è riposato e non sembra il ragazzo che ho visto prima delle vacanze.

«Come stai?»

Alza le spalle e si volta verso di me ruotando la sedia, poggia il gomito sul banco e percorre il mio corpo con lo sguardo. Mi irrigidisco, non perché provo imbarazzo ma perché mi fa sentire sempre come se mi stesse toccando.

«Meglio. Mi dispiace per come ti ho trattato quando sei venuto a casa mia, ero confuso e non stavo bene».

«Volevo solo essere sicuro che non avessi fatto qualcosa che non volevi fare».

«Non è così, non sono sicuro che fosse qualcosa che avevo in mente ma non mi sono spostato perché mi è piaciuto».

Annuisco e poggio la matita sul foglio. Ho quasi finito il mio ritratto, Kennedy invece ha cambiato idea e si è messo a rifarlo per poter usare i colori.

«E quello che hai fatto a Capodanno ti è piaciuto?» indago.

Non sono sicuro che volesse davvero dirmelo. Ho passato la notte a pensare a lui che baciava un altro e a reprimere la voglia di chiamarlo.

«Sì».

«Quindi l'hai lasciata?»

Si irrigidisce.

Love, KennedyDove le storie prendono vita. Scoprilo ora