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KENNEDY

Mi siedo sullo scalino del portico di casa mia e lancio uno sguardo al cielo stellato. È passata una settimana dalla festa di Halloween, ma il clima è ancora mite e non accenna a cambiare. Non ho più parlato con Chandler dopo la festa, sono stato lontano da lui il più possibile limitandomi a stargli vicino nelle ore di arte. 

Non so neanche perché io sia arrabbiato con lui, esco con Eve e lui è libero di fare sesso con chi vuole, razionalmente ne sono consapevole, ma vederlo uscire da quella camera con James mi ha fatto saltare i nervi. 

Non sapevo nemmeno che fosse bisessuale, onestamente. Chandler mi ha scritto ieri per chiedermi perché lo sto evitando e non so cosa rispondere. Non lo so perché lo sto evitando, così come non so perché continuo a baciarlo o a trovarmi vicino a lui quando vorrei solo stargli lontano. Rispondo al messaggio di Eve e mi infilo il telefono in tasca, mi ha chiesto se ho voglia di guardare un film a casa sua questo sabato sera e non so cosa risponderle. 

Mi sto ritrovando a essere il suo ragazzo senza nemmeno rendermene conto, ma avevo detto di non volerlo. Solo che non riesco a dirle di no e c'è comunque il fatto che mi piace, non so mai come comportarmi. Vorrei riuscire a chiudere con lei e Chandler definitivamente, ma non riesco a stare lontano da nessuno dei due e la cosa mi sta uccidendo. 

Gestire questa situazione si sta rivelando molto stressante, non sono bravo a mentire e non so quanto potrò continuare a farlo con Eve o con me stesso. Punto i gomiti sul gradino dietro di me e divarico le gambe, non mi volto quando sento la porta d'ingresso aprirsi e chiudersi alle mie spalle, aspetto che Kayden si sieda vicino a me per lanciargli un'occhiata e scrutarlo in silenzio. 

I capelli biondi sono raccolti in una crocchia disordinata, il piecing al naso riflette la luce del lampione in fondo al nostro vialetto e gli occhi verdi sono fissi davanti a sé mentre si accende una sigaretta. Fisicamente è sempre lo stesso, tranne per gli occhi. 

Quelli sono sempre carichi di tristezza e vuoti. Ultimamente non abbiamo parlato molto e la colpa è solo mia e degli psicodrammi a cui mi sto dedicando, non faccio che rimuginare sui miei casini quando lui se la passa decisamente male e ha problemi più seri dei miei a cui pensare.

«Che ti succede?» domanda.

Mi volto a osservarlo e inarco un sopracciglio. Ci assomigliamo tantissimo e, a nostra volta, siamo identici a nostro padre. Forse per questo mia madre da di matto continuamente, forse le ricordiamo l'unico uomo che abbia mai amato, quello che l'ha lasciata e che ora sembra non riuscire nemmeno a sopportare di stare nella stessa stanza insieme a lei.

«Che intendi?»

Sbuffa e si sistema nella mia stessa posizione. Dobbiamo stare qui dato che lui non può superare il vialetto.

«Sei strano ultimamente, ti stai comportando come se nascondessi qualcosa».

«Non nascondo niente» mi difendo.

«Non voglio sapere cosa mi nascondi, voglio che mangi, Kennedy».

Mi irrigidisco e punto lo sguardo sulle mie scarpe. Sono così nervoso che mangiare sta diventando l'ultimo mio pensiero in questo periodo, ho lo stomaco chiuso in una morsa e non riesco a cambiare questa cosa. Mangio poco, ma non è che abbia smesso di farlo. So che per lui è un argomento sensibile, Willa è bulimica e l'ha lasciato per prendersi cura di se stessa e imparare ad amarsi esattamente come la ama lui, ma non deve preoccuparsi per me.

«Sto bene, sono solo stressato».

Fa schioccare la lingua contro il palato.

«Non è sempre questa la scusa?» mugugna.

Love, KennedyDove le storie prendono vita. Scoprilo ora