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KENNEDY

È l'istinto che mi spinge a lasciare mia madre a casa e ad andare da Chandler. Mi è sembrato strano prima quando ci siamo sentiti per messaggio, per non parlare del modo in cui si comporta ultimamente. 

Quando arrivo alla villa, decido di imboccare il viale principale, altrimenti dovrei prendere la strada secondaria e ci metterei più tempo. La vedo appena il custode mi apre il cancello, riconoscendo la mia auto. C'è un'ambulanza davanti la villa, Meredith piange aggrappata a Clay e Amelia sta parlando con i paramedici. 

Scendo dall'auto e corro da loro, i miei occhi si incatenano al corpo che stanno mettendo su una barella. Mi si ferma il battito quando vedo Chandler. Il suo corpo è pallido, il viso quasi bluastro. Le labbra sono viola.

«Cos'è successo?» urlo.

Meredith si allontana da Clay e mi raggiunge, mi abbraccia stretto e io provo a togliermela di dosso perché voglio andare da lui. Lo caricano sull'ambulanza, ha la maschera dell'ossigeno e questo mi fa tremare di sollievo. È vivo, cazzo. Amelia sale sull'ambulanza e il suo viso scompare dietro le doppie porte.

«Non lo so, lo hanno trovato nella piscina. Non respirava» farfuglia.

Mi allontano e scuoto la testa.

«No, non è possibile».

Clay si avvicina e mi da una pacca sulla spalla, Meredith piange così tanto che mi vengono i brividi. Se Chandler lo sapesse, andrebbe su tutte le furie.

«In camera sua c'era il suo computer, una bottiglia di whisky vuota e i flaconi delle sue pillole quasi vuoti».

Sbatto le palpebre in preda alla confusione.

«Quali pillole?»

«Kennedy» sussurra Meredith. «Chandler è in cura da uno psichiatra per depressione e un disturbo d'ansia, stavo pensando di cambiare medico e di farlo visitare da qualcun altro perché in quasi tre mesi di terapia non vedo miglioramenti».

Mi manca l'aria quando finisce di parlare. Sapevo che soffriva di depressione, era evidente agli occhi di tutti e me ne aveva parlato quando mi aveva raccontato di Amy, ma non avevo idea che assumesse di nuovo dei farmaci. 

Ora è tutto chiaro, riesco a capire molti dei suoi comportamenti. Il sonno costante, il senso di confusione, l'apatia... ha tutto perfettamente senso. Mi asciugo il viso e raddrizzo le spalle.

«Ha tentato il suicidio?» sussurro.

Mi fa male solo dirlo, figuriamoci considerarla come ipotesi. Non posso credere che lo stesso ragazzo che ha detto di amarmi ieri, oggi abbia pensato di non avere abbastanza ragioni per vivere. Mi fa male il petto.

«Non lo sappiamo, Kennedy. Lo portano all'Atlanta General, le sue condizioni sono ancora serie» mi informa Clay.

Annuisco, ma mi sento strano. Come se fossi spettatore di questa scena. Meredith mi stringe la mano e mi incoraggia, anche se sembra distrutta. Mi informa che Amelia è andata in ospedale con lui e che noi li raggiungeremo presto, mi chiede di andare con loro e di essere forte. 

Mi chiede se Chandler abbia mai dato segni di volersi uccidere, se io l'abbia mai notato ultimamente. Mi chiede delle cose che avrei dovuto notare e per le quali dovrei avere una risposta, ma non ce l'ho. 

E il pensiero di aver vissuto per giorni accanto a una persona senza accorgermi che non avrebbe voluto essere lì con me, mi uccide. Ora capisco perché Chandler non ha mai superato la morte di sua sorella, perché il senso di impotenza è insopportabile. E fa male da morire.

***

All'Atlanta General, ci mettono in una sala d'attesa e ci dicono di aspettare. Amelia ci dice che quando sono arrivati in ospedale era fuori pericolo, lo hanno stabilizzato, ma non si è ancora risvegliato quindi non possono ancora sapere quali danni abbia riportato. 

Love, KennedyDove le storie prendono vita. Scoprilo ora