DOMENICA, 20 OTTOBRE 1850
Alessandro si era alzato presto quella mattina, con il cielo ancora velato dall'oscurità dell'alba. Aveva sognato per un tempo che sembrava infinito di essere fra le braccia di Michael, accarezzando i suoi lunghi capelli biondi e lasciandosi andare a un bacio intenso sulle labbra. Dio, quanto desiderava sentire la pelle di Michael sulla sua, provare finalmente la protezione e la tenerezza di una carezza, di un gioco di sguardi, o semplicemente svegliarsi e vedere il nuovo giorno riflesso nel viso addormentato dell'amico. Sarebbe bastato un semplice cenno con le dita sulle labbra umide per fargli desiderare di vivere l'infinito.
Alla finestra, Alessandro lanciò uno sguardo verso l'orizzonte, perdendosi tra i comignoli, i tetti dei palazzi e i viali alberati che si aprivano alla vita, qualunque essa fosse.
Per un istante, sentì sul corpo il fremito dell'ultimo abbraccio di Michael, l'anno prima, quando si erano tenuti stretti per alcuni minuti sotto il grande colonnato di Palazzo Carignano, dietro un architrave, e avevano provato ciò che ogni essere umano ha il diritto di sentire: la consapevolezza di amare.
Tuttavia, in questo mondo, quel diritto gli era negato. Alessandro desiderava solo l'amore libero, aggrappandosi al sogno di poterlo vivere, chissà dove, in un luogo dove l'amore non conosce catene.
La casa era già animata dalle voci delle domestiche e dai primi sussurri della giornata. Fuori, i rumori delle carrozze stridevano e il vociare delle lavandaie riempiva l'aria. Il cameriere personale aveva da poco sistemato sul letto gli abiti di Alessandro. «Signore, Vostra madre stamattina è di buon umore,» esclamò Francesco. «Sappiamo entrambi il motivo della contentezza di mia madre, caro mio!» Il giovane annuì, pronunciando un velato sorriso fra le labbra. Avvicinandosi al salotto, sentì la voce decisa della madre, la Contessa, che stava discutendo con la sua cameriera personale Elisabetta. Entrando, la trovò sorridente, il volto illuminato da un'espressione di soddisfazione. Era chiaramente sollevata che la figlia fosse partita per Londra.Nonostante il cuore fosse colmo di preoccupazione per la sorella, sapeva che gli zii a Londra l'avrebbero aiutata. In particolare, il cugino Robert, sempre premuroso e attento, le avrebbe offerto tutto il sostegno necessario. Questa consapevolezza gli dava una certa tranquillità.
«Buongiorno madre,» disse entrando nel salotto.
«Buongiorno Alessandro,» rispose lei, il sorriso sempre presente. «Sono contenta di sapere che tua sorella è lontana da Torino, finalmente. E noto con piacere che non porti più quel ciondolo, benedetto Dio!»
«Quel ciondolo si chiama Michael, dillo apertamente madre!»
La contessa assunse un'espressione autoritaria e minacciosa, si voltò leggermente mantenendo un contegno fiero e si rivolse al maggiordomo: «Signor Villa, dica ai domestici di uscire, anche la signorina Elisabetta!»
Alessandro annuì, cercando di nascondere le preoccupazioni dietro un sorriso. «Sì, madre. Sono certo che starà bene a Londra.»
«Mia sorella Anna saprà indirizzare altrove i sentimenti per quel Pietro, ha avuto chiare istruzioni.»
STAI LEGGENDO
HO DETTO AMORE - Il ciondolo segreto -
RomanceTorino, 1850. Alessandro e Michael, due giovani di mondi opposti, sono legati da un amore proibito. Alessandro, un nobile ribelle dell'aristocrazia sotto il regno di Vittorio Emanuele II e le riforme di Cavour, nasconde il suo amore per Michael, un...