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ARA

Paulo mi aveva tradita. Volevo delle spiegazioni.

"Ara" Mi disse guardandomi. In quella stanza nonostante ci fossero i ragazzi, per me era come se non fossero, ma ci fosse solo la delusione. Tirai su col naso e mi asciugai le guance umide. Ero lì da un pò e quando sentimmo quelle parole io smisi di camminare e mi bloccai e i passi di Alvaro cessarono. "Come è successo?" Domandai continuando a piangere. "Ara" Disse avvicinandosi. Feci dei passi indietro andando a sbattere le spalle contro il petto di Alvaro e le sue mani si posizionarono nella mie spalle per evitare che cadessi e ritornai alla realtà. Realtà crudele. "Come è successo?" Sbottai urlando. La presenza di Alvaro alle mie spalle e il viso preoccupato e dispiaciuto di Simone dietro a Paulo mi fece piangere ancora di più. L' avevo con tutti, con Paulo e con il mondo. "Che hai fatto?" Continuai "Sono stato a letto con una ragazza" Ammise l' argentino. Sorrisi, me lo sarei dovuta aspettare insomma e in realtà non mi aspettavo nulla. Di certo non pensavo che la mia vita fosse tutta facile, ma nemmeno così schifosa. Un giorno mi svegliai con tutte le persone al mio fianco che mi volevano un gran bene e il giorno dopo mi svegliai con persone morte e violentata, sfruttata ed umiliata. Mi girai smettendo di piangere per qualche secondo, ma ripresi una volta che Alvaro mi fermò. Le sue braccia possenti mi bloccarono davanti la soglia della porta. "Lasciami" Urlai "Lasciami". Alvaro non fiatò nonostante i ripetuti pugni che incominciai a dargli sul petto per fargli mollare la presa senza alcun successo. Continuai a piangere fra le sue braccia. "Mi fai schifo" Sbottò Alvaro facendo cessare il mio pianto. Alvaro si avventò su Paulo, ma venne fermato da Paul e Simone prima che lui potesse toccare l' argentino. Il mio sguardo si fermò un ultima volta su Paulo per poi andarmene da quella casa in un batter d' occhio. Incominciai a correre, non esisteva il fiato che mi mancava o la forza, esisteva solo la grande delusione e la grande rabbia che provai in quel momento per permettermi di correre più forte che potevo. Arrivai al parco e mi resi conto che corsi un bel pò. Mi sedetti su una panchina e incominciai a piangere. La mia mente era libera solo perchè era piena di delusione e il dolore lancinante al petto non mi permetteva di pensare lucidamente, ma in realtà io non volevo pensare lucidamente. Una luce mi fece alzare la testa che avevo appoggiata sulle mie braccia che a sua volte erano appoggiate sulle ginocchia.

Nuovo messaggio.

Amore:

Dove cazzo sei? Stai facendo preoccupare a tutti, è da due ore che sei fuori. Simone e Alvaro sono usciti per cercarti e mi hanno chiamato dicendomi che ancora non ti hanno trovata.

Non mi resi conto nemmeno dell' orario, erano le dieci di sera e le strade erano ormai totalmente buie. Mi alzai, ma una mano si posizionò davanti la mia bocca, non permettendomi di urlare. La macchina di Alvaro passò e si fermò, scese Simone che incominciò ad urlare il mio nome. "Ara" Urlò. Venni spinta dietro una siepe. "Stai zitta, voglio solo parlarti" Disse una voce maschile che riconobbi, Matt. Attraverso le foglie vidi Simone venire verso di me, ero sicura che mi avesse vista e mi avrebbe tolto da questa situazione, ma si abbassò prendendo il mio cellulare, l' unica cosa che poteva permettermi di mettermi in contatto. Si girò e andò in macchina da Alvaro con in mano il mio cellulare. Non so cosa potesse volere da me Matt, ma non mi aspettavo di tornare viva a casa. Quando si assicurò che la macchina di Alvaro fosse ormai lontana mi levò la mano dalla bocca e mi fece girare. "Calmati" Mi disse. "Vieni" Disse afferrandomi per il braccio. Ci sedemmo nella panchina dove qualche minuto fa piena di disperazione piangevo, mentre ora terrorizzata e con tanta voglia di fuggire da colui che ha messo più di cinque volte a rischio la mia vita. "Senti, non voglio ucciderti. Non mi piace la vita in carcere, preferisco quella qui fuori." Ammise. "Ho bisogno di 2000 euro" Continuò. Sgranai gli occhi. "Sei per caso pazzo?" Sbottai "Io dove li trovo" Ammisi. "Io non sono un professore e mai lo sono stato. Tuo padre" Lo interruppi "Non nominarlo" Sbottai arrabbiata. "Ho bisogno di 2000 euro, sennò ho bisogno dei beni di tua madre e tuo padre" Ammise. Le uniche cose che mi ricordavano i miei genitori non le avrei date a nessuno. "Non ho intenzione di darti nessun bene che spetta a me che riguardi la mia famiglia e non posso e non ho i 2000 euro che mi hai chiesto" Sbottai alzandomi con calma. Piano A alzarsi con calma e poi scappare in mezzo alla strada. feci due passi, ma mi bloccai dopo le sue parole. "Tuo padre ha un debito con me" Urlò. Mi girai e lo guardai. "Tuo padre aveva un debito con me ed ora tu lo devi saldare. Gli davo informazione sui giocatori come Sardo che durante la partita erano sotto uso di stupefacenti. Quella partita quando hai scommesso con Gennaro, lui era sicuro che la Juventus avrebbe perso, perchè lo avevo informato" Ammise. "C' è qualche altro modo per pagarti questo debito?" Domandai a sguardo basso. "A me dei lavori di mio padre non mi importa" Ammisi. "Si, però devi essere tu a darmi la conferma" Ammise sorridendo. "Fatti pagare mentre fai i tuoi lavori" Ammise ridendo. "Lavori?" Domandai. "Non sono miei lavori" Ammisi. "Ascoltami, tutto ciò che ti ho fatto l' ho fatto per riscatto. Sapevo che tuo padre era fuori quando ti ho trattata in quel modo" Continuò. Le lacrime incominciarono a scendere lungo le mie guance per poi finire sul mio collo causandomi fastidio. "Mi dispiace" Ammise venendo verso di me. Mi abbracciò e cercai di liberarmi. "Per favore lasciami" Dissi tra un singhiozzo e l' altro. "Ascoltami, ti proteggo io" Ammise. Come potevo fidarmi di colui che mi voleva morta? Come? Ripensai a Paulo e mi diede la forza di accettare. "Quando devo iniziare?" Domandai "Questa sera" Ammise. Annuii e continuando a piangere mi fece entrare nella sua macchina. Arrivammo in un albergo in una stradina isolata. Scesi dalla macchina. "Secondo piano" Mi disse. "Dopo posso tornare a casa?" Chiesi piangendo. "Si, ma sono per quattro settimane a meno che il cliente non dia 2000" Ammise. "Mi dispiace" Sentii dire mentre aprii il portone. Salii le scale ed entrai nell' appartamento del ragazzo. Signore sui 40 anni. "Sei tu la mia puttana?" Domandò venendo verso di me. Era nudo con la sua erezione in bella vista. Non dissi nulla, mi privai solamente dei miei indumenti e tra un singhiozzo e l' altro mi feci maltrattare. Mi sentii una puttana a tutti gli effetti e mentre lui spingeva, il mio volto guardò fuori della finestra pensando a Paulo. Pensai a a quanto male mi provocò e quanto male mi stavo provocando io accettando di fare la puttana per pagare i debiti di mio padre. Odiavo tutto questo profondamente. "Mi stai ascoltando?" Urlò per poi prendermi a schiaffi e a colpi di frustrate nella schiena. Venne e si alzò buttando il preservativo. Mi alzai riprendendo i miei vestiti. Quando il tessuto della maglietta venne a contatto con la schiena gemetti dal dolore accorgendomi del sangue che scolava lungo la mia schiena. "Tieni" Disse dandomi 300 euro. Li presi disgustata e scesi dove la macchina di Matt mi stava aspettando. "Come è andata?" Mi domandò "Voglio andare a casa" Ammisi gemendo dal dolore. Durante il tragitto non dissi nulla ed una volta arrivati davanti casa gli lasciai i soldi. Le luci del salone erano accese ed era l' una di notte. Bussai e venni aperta da Paulo con dietro Alvaro Simone e Paul.

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