I miei indumenti erano sporchi di sangue e non sapevo cosa fare. Delle fitte continue mi fecero piegare dal dolore. Girai la chiave della porta del bagno e in lacrime mi diressi davanti la porta della sala conferenze dove incrociai subito lo sguardo di Alvaro che non perse tempo ad uscire, mi nascosi dietro un angolo e aspettai il suo arrivo. "Che è successo? Stai bene?" Mi domandò. Scossi la testa continuando a singhiozzare. "Dammi le tue chiavi della macchina" Ammisi "Cosa hai intenzione di fare?" Domandò Alvaro. "E' per quella" Scossi subito la testa interrompendo lo spagnolo. "Dammi le tue chiavi e basta" Riuscì a dire tra un singhiozzo e l' altro. "Dopo come torniamo?" Domandò Alvaro. "Ritorno io" Ammisi. Uscì le sue chiavi dalla tasca e gliele tolsi dalle mani prima che potesse dire qualcos' altro. Non avevo nemmeno la patente e l' unica cosa che mancava era una multa. Arrivai all' ospedale e chiesi della dottoressa. "Come stai?" Domandò ricordandosi di me. "Ho bisogno del suo aiuto" Ammisi. Senza dire nulla mi fece entrare nel suo ufficio dove rifiutai di sedermi. "Credo di aver perso il bambino" Ammisi cercando di trattenere le lacrime che mi causarono bruciore agli occhi. Mi fece sdraiare e mi visitò, mi mise il gel nella pancia e guardò attraverso lo schermo. "Mi dispiace" Si limitò a dire. Asciugai quelle lacrime che ormai scesero fino sotto al mento. Presi un asciugamano che mi porse gentilmente e mi asciugai. "Ti dobbiamo operare" Ammise. "Posso tornare domani?" Chiesi e lei annuì dispiaciuta. Uscii da quella stanza scontrandomi con lo sguardo di Matt. Mi avvicinai, non avevo paura. Mi guardò e incominciò a ridere, ma smise quando la mia mano gli provocò un bruciore alla guancia ormai arrossata. Uscii dall' ospedale fregandomene delle lacrime che incominciarono a rigarmi il viso e inocminciai a guidare verso Vinovo. Persi una mezz' oretta. Arrivai e i ragazzi erano fuori ad aspettarmi, frenai di botto e scesi dall' auto porgendo le chiavi in mano ad Alvaro. "Che è successo?" Mi domandò Alvaro preoccupato. Rifiutai di rispondere a qualsiasi domanda che mi venne posta e mi misi nel sedile davanti. I ragazzi senza dire nulla entrarono e presero posto ed io durante il tragitto poggiando la testa sul finestrino incominciai a piangere. "Mi vuoi dire cosa cazzo è successo?" Sbottò Paulo. Ero stanca delle domande, ero stanca di non poter essere felice. Ero consapevole che aver avuto quel bambino significasse rinunciare a molte uscite, ma io l' ho avuto dentro di me e nonostante i mille pensieri che mi riaffiorarono nella testa e il non voler legare con mio figlio, malgrado tutto ciò lo volevo. Volevo crescerlo, volevo essere chiamata mamma, volevo uscire e comprare i giocattoli, volevo allattarlo, volevo fare tutto ciò che prima non avrei mai voluto fare. Non lo volevo ed ora un pezzo di me se ne era andato, mancava solo un mese. Senza smettere di piangere mi girai verso i ragazzi "Ho perso il bambino" Dissi tutto d' un fiato facendo frenare Alvaro di botto e facendo zittire tutti. Le macchine dietro incominciarono a suonare e Alvaro ripartì. "Sei sicura?" Chiese Paul ed io annuii. "Domani mattina devo andare ad operarmi" Dissi singhiozzando. "Devono levare ciò che è rimasto" Dissi chiudendo gli occhi e lasciando travolgermi da quel vuoto che invase tutto il mio corpo. Una cosa era sicura, dalla perdita di mio figlio sarei cambiata. Arrivai a casa e quando entrai notai la culla, la tutina con il numero 21, le scarpine e tutti gli altri regali che mi fecero i ragazzi. Incominciai a tirare calci alla culla facendola cadere e rompendola. Svuotai tutti i sacchetti lasciando che il contento cadde a terra, ma quando vidi il dietro della tutina con il numero 21 caddi in ginocchio afferrandola tra le mie mani e incominciando a piangere più forte. "Puoi farlo solo tu" Sentii sussurrare e subito dopo quelle parole le braccia di Paulo cinsero il mio corpo. Entrambi eravamo a terra ed io piangevo tra le sue gambe, mentre le sue mani mi accarezzavano la schiena. "Stai tranquilla" Disse lui e tra un singhiozzo e l' altro mi addormentai.
Aprii i miei occhi osservando lo spiraglio di luce che fece brillare il mio anello. Sbattei le palpebre e osservai il tetto per poi osservare Paulo già sveglio al mio fianco. "Mi dispiace" Si limitò a dire, ma io non dissi nulla e non mostrai nè un sorriso nè una lacrima. Mi svestii e scesi dai ragazzi seguita da Paulo. "Chi mi accompagna?" Domandai. "Io" Disse Paulo. "Okay" Mi limitai a dire per poi prendere le ultime cose ed uscire da quella casa. Andammo in macchina, dove nessuno dei due aprì bocca o almeno per i primi sei minuti. "E' stata colpa della droga somministrata vero?" Domandò Paulo ed io annuii. Quelle furono le uniche parole che dissi. Arrivammo in ospedale dove vidi la dottoressa che mi abbracciò e mi fece operare subito. Mi cambiai, indossando solo un grembiule ed entrai in sala operatoria. Una siringa mi somministrò dell' anestesia locale, incominciai a sbattere le mie palpebre e ciò che vidi prima di chiudere definitivamente i miei occhi fù lui.
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•La mi joya•
RandomMio padre è il responsabile dell' area medica della Juve. Inutile dire che ho l' accesso ovunque, grazie alla grande amicizia di mio padre con Massimiliano Allegri, allenatore della Juve. Con tutti i giocatori della Juventus ho un buonissimo rapport...