Capitolo Diciassettesimo

2.1K 124 13
                                    

Passai l'ora restante, prima di incontrarmi con Francis, a farmi un bagno ristoratore. Lavai i capelli, e mi massaggiai con degli oli, dei sali, e dei petali di alcuni fiori esotici che erano contenuti in alcuni barattoli provenienti dal baule.
Indossai un vestito nero, molto semplice, con una scollatura a U, e mi acconciai i capelli in un ordinato chignon. Presi l'occorrente e uscii dalla stanza. Salii lo scalone e mi fermai davanti alla porta della camera del Delfino. Il cuore iniziava a battermi a un ritmo assordante, e il motivo mi era totalmente ignoto. « Sono Elizabeth, sono qui per vedere.. » « Beth, entrate! » una voce calda mi invitò ad entrare e la guardia mi lasciò passare senza esitare. Mi inchinai e mi avvicinai al letto, dopo aver posato i pennelli, gli oli e i colori a terra. « E' un piacere rivedervi. » « Posso? » dissi indicando la ferita. Francis era sdraiato a letto, ma il suo colorito era migliorato, così come la sua espressione. Alzai la camicia e vidi che era rimasta così come l'avevo lasciata. Dal comodino presi delle erbe, e creai un piccolo impacco da mettergli sopra. Poi chiusi tutto con una fasciatura bella stretta. Quando alzai lo sguardo, non mi ero accorta che Francis mi stesse guardando. Immediatamente mi ritrassi, arrossendo. « Vostra maestà, se per voi oggi è ancora troppo presto, potremmo rimandare il ritratto a domani. Non vado da nessuna parte. » « No, non vi lascerei andare via. » Silenzio. « Comunque no - riprese la parola - ce la faccio. » e detto questo, con un po' di sforzo, si alzò. Presi la grande sedia rossa e la posi al centro della stanza. Francis si accomodò sulla sedia, e dopo aver sistemato la tela, i pennelli e il resto, mi avvicinai al principe per iniziare il solito rituale di accorgimenti atti a far rimanere il ritratto integro.
Mi inginocchiai accanto a lui e gli aprii leggermente la camicia. Poi, gli spostai le mani come il ritratto proponeva, e mi avvicinai ulteriormente per aggiustargli i capelli. Ero così vicina al suo viso da avvertire il suo respiro. « Beth.. » disse Francis respirando pesantemente « .. Vi scongiuro, allontanatevi prima che possa fare qualcosa di cui potreste pentirvi. » Lo guardai negli occhi. Era agitato, con la bocca rosea schiusa, le guance arrossate, gli occhi così belli, azzurri, languidi e famelici. Mi allontanai, conscia della tensione che si era accumulata. Quando fummo di nuovo a distanza di sicurezza, lo vidi buttar fuori aria, segno che ciò che avevo sentito io, lo aveva sentito anche lui. Iniziai a dare leggere pennellate di colore sui pantaloni, e disegnai la forma dei suoi occhi. Ogni volta che guardavo i suoi occhi, li vedevo fissi, intenti a scrutarmi. « Perché avete dato la rosa a Mary? » disse tutt'a un tratto. « Perché, Vostra maestà, mi sembrava la cosa migliore per non mettervi in difficoltà. » « Se avessi voluto darla a lei, lo avrei fatto io stesso. Volevo donarla a voi. » « Vi ringrazio allora.. » dissi sommessamente. « Beth, devo dirvi una cosa.. io.. » tre colpi alla colpa. Francis si bloccò di colpo, e invitò ad entrare colui che aveva bussato. « Vostra Maestà, una consegna per voi. » Mi guardò titubante, poi con un dito diede il permesso per entrare. « Forse è meglio che io vada..» dissi alzandomi dallo sgabello. « No, Beth, vi prego, restate. Sarà una cosa breve. » Annuii. Nella stanza entrò un uomo anziano, con una barba bianca, vestito come un ambasciatore reale. I suoi occhi saltellarono da Francis a me, e poi si posarono definitivamente sul principe. In mano, ben stretto, recava un cofanetto, lungo e rettangolare. « Salve, Vostra maestà. » esordì. « Ditemi. » disse Francis, avvicinandosi. « Sono appena arrivati dall'Inghilterra i gioielli per l'incoronazione reale. » Francis strinse la bocca in una linea dura e scosse la testa. « N-non sono più io il futuro Re di Francia. » L'ambasciatore sembrava non capire. « Non siete voi Francis De Valois? » « Voi non capite. Sono io, ma non sono più io il prossimo sovrano. I gioielli dell'incoronazione vanno portati a Sebastian de Poiters. » Un vortice si scatenò nel mio stomaco, all'udire quel nome. « Vostra Maestà, l'ordine mi è stato dato di portarli qui. Voi capite, i gioielli valgono una fortuna e non posso permettermi una responsabilità simile. » Francis sembrava seccato, ma nemmeno la rabbia fece crollare la sua plombe. « Va bene, va bene, lasciateli qui. » L'ambasciatore annuì, e poggiò il grande cofanetto sul tavolo. « Vostra Maestà. » disse inchinandosi, e sparendo dietro alla grande porta in legno lavorato. « Come se non bastasse.. » disse Francis, sorridendo verso di me. Si avvicinò al tavolo e con titubanza, aprì il cofanetto, mostrandone il contenuto. Sorrise. « Ironia della sorte. » commentò. « Volete vederli? » disse guardandomi, con un sorriso intrigante. « Oh, no vostra maestà, so che non è consentito guardarli.. » « Forse non a tutti, ma ai miei amici si. » mi tese la mano, per invitarmi a raggiungerlo. Mi alzai e gli andai incontro. Descriverli era impossibile. Era un tripudio di oro, diamanti, zaffiri e brillanti. Tutti finemente intarsiati, risplendevano di luce propria. Lo scettro era lungo, con un manico semplice, ma all'estremità finale c'era un blocco d'oro, fatto di perline e incisioni, mentre al di sopra era modellato come la corona. Stesso stampo era anche il globo. E la corona era così imponente! Trasudava potere soltanto a guardarla. « Sono bellissimi. » mormorai incantata. « Avranno un valore storico inestimabile. » commentai. « Già, ed erano destinati a me. » disse acidamente Francis. Mi voltai verso di lui, e lessi nei suoi occhi di nuovo quello sguardo di bambino smarrito. Erano così diversi, lui e Bash. Due mondi completamente opposti. « Vostra maestà, non dite così. » « Beth, posso chiedervi un favore? » disse prendendomi la mano. « Se posso. » « Per voi voglio essere Francis. Niente più vostra maestà, o principe. Per favore. » sorrisi. « Non credo di potercela fare. » « Si che potete. Come avete fatto quando sono caduto da cavallo. » sorrise. « Mi avete sentito? » dissi arrossendo. « Ma certo. » annuì lui. « Beth.. siete innamorata di mio fratello? » Sbarrai gli occhi. Mi allontanai velocemente e mi diressi verso la tela, ricoprendola e mettendo il materiale in una sacca. « Che dite? il principe è promesso sposo alla regina Mary, non potrei mai.. io non.. devo andare. » dissi affrettandomi ad abbandonare la camera del delfino. « Beth, non intendevo offendervi.» disse correndomi dietro, ma fermandosi subito a causa della ferita fresca che gli aveva causato dolore. Mi costrinse a tornare indietro e a sostenerlo. Lo accompagnai a letto e dopo un profondo inchino gli girai le spalle. « Tornerete domani? » disse d'un tratto. « Avete la mia parola. » Sorrise. « Bene. Arrivederci, Beth. » « Arrivederci.. Francis. » mi voltai, appena quel tanto che bastava per vederlo sorridere sbalordito. Vidi, con la coda dell'occhio, la stessa ragazza bionda che vidi molto tempo prima scrutarmi, poi spingere la porta ed entrare nella camera di Francis. In quel momento feci due più due, e realizzai. Provai una fitta di gelosia, che scacciai immediatamente, perché mi sembrava più che inopportuna. Mi avviai verso la mia camera, e posai l'occorrente dietro al paravento. Poi, uscii ed entrai in cucina, per vedere le mie amiche cosa combinavano. Mentre camminavo vidi che Leith e Lady Greer erano intenti in un bacio appassionato. Mi nascosi, cercando di non farmi vedere e di non interrompere quel loro momento. Cambiai strada, ed iniziai a ridere da sola, ripensando a quella scena così appassionata.. e in qualche modo divertente. « Elizabeth? » mi voltai, e la regina Catherine interruppe quel mio riso liberatorio. « Vostra Maestà. » feci un profondo inchino. Quella donna mi incuteva un timore referenziale che mai avevo provato in vita mia di fronte a nessuno. Ma era anche così raffinatamente bella. Coi capelli biondo cenere, gli occhi acuti e intelligenti, il portamento elegante e il carattere severo, facevano di lei una grande donna, prima di una grande sovrana. « Ho saputo da Francis che oggi è il vostro giorno libero, e sebbene mi dispiaccia dirvelo, credo che sia finito qui. » La guardai interrogativa. « Stasera verrà a trovarci un vescovo, un lontano parente della mia famiglia, insieme a sua sorella e c'è bisogno che lei prepari qualche specialità apposta per lui. E' un problema per voi? » scossi la testa. « Assolutamente no, vorrei solo sapere se desiderate del dolce o del salato. » « Preferibilmente dolce. » « Perfetto. » sorrise debolmente, girò le spalle e andò via. Non era una abituata a ringraziare, credo che quello sia il gesto che più si avvicini a un "grazie."
Voltai le spalle ed entrai in cucina. Mi lavai le mani e iniziai a preparare, o meglio, a inventarmi qualcosa. Ci misi circa tre ore per preparare tutto, con l'aiuto, ovviamente delle ragazze. Quando arrivò il momento di servire i manicaretti a tavola, ognuna di noi, a turno prese un piatto e si apprestò a salire la scala principale. Entrammo nell'enorme sala illuminata, mentre una dolce melodia si espandeva per la stanza. A tavola c'erano come di consueto Catherine a capotavola, Henry dalla parte opposta. Bash era tra Mary e una donna, accanto a Mary c'era Francis e il vescovo, suppongo. « Monsignore.. » esordì Catherine con un sorriso smagliante « .. Vi prego ora di assaggiare queste deliziose pietanze preparate da una delle nostre cuoche migliori, Elizabeth. Vieni avanti. » Per paura di inciampare e con l'ansia a mille, mi avvicinai, poggiando delicatamente il piatto sul tavolo. « Non una delle migliori, la migliore. » disse Bash. « Devo assentire con Sebastian. » disse Francis. Volevo scomparire. Volevo che in quel momento il pavimento si aprisse per magia ed io sparissi dagli occhi di tutti i presenti. Rimanemmo lì, finché il vescovo non aprì le danze, assaggiando un pezzettino delle pietanze appena servite. Mentre cercavo un qualsiasi modo per distrarmi, notai che quella donna seduta accanto a Bash, probabilmente la sorella del vescovo, stava civettando con lui, sotto lo sguardo indiscreto di re Henry e di tutti i presenti. Rideva, lo sfiorava con innocenti all'apparenza, ma maliziosi tocchi, e spingeva verso di lui la vistosa scollatura. Un moto di gelosia si impadronì di me, e giuro su Dio che avrei voluto sbatterla con le mie stesse mani nel piatto sporco di salsa che aveva ancora davanti. Quando Bash si voltò verso di me, gli indirizzai uno sguardo furente. Muto ma eloquentissimo, che lo fece impallidire. « Oh, Dio! Vi chiedo scusa.. sono così sbadata! » la donna che stava civettando con Bash, gli aveva lasciato cadere la salsa sui suoi pantaloni marroni, e adesso stava provando a pulirlo con un fazzoletto, abbassandosi su di lui, e massaggiandogli seducentemente la parte superiore della gambe. « Così non pulite nulla. » dissi prendendo la parola, in un raptus di coraggio. Tutti si girarono verso di me. « Il limone smacchia, in questo caso. Con quel fazzoletto non fate altro che allargare la macchia. » lei mi guardò e sorrise acidamente. « Beh, fareste meglio a prendere i suoi pantaloni e andarli a smacchiare, che dite? » « Non sono una serva, sono una cuoca. » dissi sfidandola. « Non credo che sia un problema per me, togliermi i pantaloni per voi. » disse Bash guardandomi. Io arrossii violentemente. Era una chiara allusione, con un chiarissimo doppio senso. Mi schiarii la voce, completamente incapace di parlare.
« Avete ragione.. » disse Bash alzandosi. « E' meglio che la macchia venga tolta subito, Dio non voglia che rovini i miei pantaloni preferiti. » si alzò, tra i risolini sommessi dei presenti. Si avvicinò a me e disse « dopo di voi. » e con la mano, mi invitò ad uscire sotto lo sguardo attonito dei presenti.

Once Upon a Time, a Reign | Completa, in revisione |Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora