Capitolo Ventiduesimo

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Ero di nuovo in quel bosco. Le tenebre la facevano da padrone, gli alberi si piegavano sferzati dal vento, i cadaveri si ammassavano ai miei piedi, e di nuovo le mie mani erano sporche di sangue. « Due settimane. Due settimane! » di nuovo quella voce maledetta. Il diavolo?! Era il diavolo? « No, no! » urlavo, contro il nulla. « No è troppo poco! » dicevo, disperata. Notai che al collo avevo una collanina, con una forma strana. Era in legno, e c'era incisa la figura di un cervo. « Mi serve più tempo! » continuavo a dire. « Per favore! » La voce cessò. « DUE SETTIMANE! » disse in un urlo che squarciò il cielo. Mi staccai la collanina dal collo e la strinsi tra le mani. « Due mesi a partire da oggi. Per favore, voglio soltanto due mesi. Ho ancora tante cose da fare - dissi tra le lacrime - per favore. Poi verrò, verrò con voi, pagherò la mia pena. » « Tu sei il mezzo per arrivare a lui! » diceva quella voce incorporea. « Sei disposta a pagare? » mi chiese. Mi voltai verso il cielo nero, senza stelle. Il sibilo del vento mi frastornava, il talismano si era macchiato di sangue. « Si, sono disposta. » « Va bene. Due mesi da oggi. » Mi svegliai. Ero agitata, sudata, e piangevo. Mi guardai attorno e mi resi conto che era stato solo un incubo. Ma quando guardai sulle coperte, mi accorsi che in mano stringevo la collanina che mi era apparsa nel sogno. Indietreggiai, e lanciai a terra la collanina, spingendomi con le spalle verso la testiera del letto. « No. » dissi sommessamente, portandomi le mani al viso. « No, no, no. » pronunciavo come una cantilena. « Bash, oh. Lui no. Non lui. » continuavo a ripetermi. Mi rendevo conto in tutto ciò che la mia agitazione era dovuta al fatto di essere preoccupata per Bash e non per me.
Era notte. Avevo dormito per tanto tempo. Così mi alzai e ricordai che avrei dovuto cambiare la fasciatura. Mi posizionai davanti allo specchio, e dopo essermi spogliata, mi slegai lentamente la medicazione. Con orrore notai che tre enormi graffi giacevano imponenti sulla mia schiena, andando completamente ad oscurare le sferzate ricevute poco prima. « Questo è solo l'inizio. » una voce metallica, la stessa che avevo sentito nei miei sogni, pronunciò quella lugubre frase. Un lampo squarciò il cielo, e fuori dal grande finestrone una figura scura, incappucciata come la morte apparve, per poi scomparire nello stesso momento il cui il lampo cadde. Lanciai un urlo agghiacciante, e caddi a terra. Dopo qualche secondo sentii dei pugni infrangersi sulla porta. Quando il mio cervello mise a fuoco anche i suoni, mi accorsi che si trattava di una voce familiare. « Beth, maledizione, che succede? Apri questa dannata porta! » « B-b-Bash.. » mormorai. « N-n .. non » non riuscivo a parlare. Fuori imperversava un temporale, e i tuoni coprivano il suono miei singhiozzi. Con un calcione poderoso, Bash scardinò la serratura ed entrò. Non appena individuò la mia posizione si precipitò accanto a me. Mi scosse, ma io ero sotto shock. « Beth, Beth! Rispondimi! » Mi accarezzò il viso, e io mi focalizzai sui suoi occhi. Era lui. Il mio Bash. Il mio angelo custode. Il mio piccolo fuggiasco, con gli occhi da felino. « Beth, sono qui! Guardami, ti prego. » « Bash.. Bash, lui.. è.. qui. » dissi indicando l'enorme finestra. Lui si voltò immediatamente, ma oltre alla pioggia torrenziale, non c'era più nulla. « Di chi stai parlando Beth? » « Era .. non so.. un essere alto, con degli artigli affilati, lo stesso che mi ha attaccata in casa mia. » « L'Oscurità. » pronunciò mesto Bash. Mi aiutò ad alzarmi e notò con sgomento i tre grandi graffi sulla schiena. « Oh mio Dio! Come te li sei fatti? » « Non lo so! » dissi tra le lacrime. « Bash, l'oscurità vuole arrivare a te. Mi ha dato una proroga di due mesi.. grazie a un talismano che mi sono ritrovata al collo e che ora ho gettato a terra. » dissi, indicando il ciondolo che giaceva ai piedi del letto. Bash lo raccolse e se lo passò fra le dita. « Come fai ad averlo? » « Non lo so, non l'ho mai visto prima d'ora. » « E' un talismano pagano, serve a mantenere lontani gli estremisti. Non hai giurato alcun patto, vero? » « Assolutamente no, Bash. Ma vogliono arrivare a te, ed io non glielo permetterò. » « Io non ti permetterò di proteggermi mettendo a rischio la tua vita. Stanotte starò qui, di guardia. » « Avevi detto che.. » « Non in questa occasione, Beth. Rimarrò qui, su questa poltrona. » Si ostinava a mantenere le distanze da me, e tutto questo mi suonava come se qualcosa si fosse irrimediabilmente rotto tra di noi. « Però prima devo medicarti. » Si avvicinò alla toletta, e prese gli unguenti, le bende, e della carta per disinfettarmi. Quando guardò la mia schiena chiuse gli occhi per qualche secondo. « E' solo colpa mia. » profferì, mentre mi disinfettava i grossi tagli. « Non incolparti di niente. »
Mi aiutò nella medicazione, e poi si accomodò sulla poltrona. Io mi sdraiai, col viso rivolto verso di lui. « Ti preoccupi abbastanza per me da rimanere nella mia camera, per proteggermi.. ma ti ostini a mantenere le distanze da me, dormendo su quella poltrona. Se c'è una cosa che mi fa male più di questi graffi, è questa situazione. » dissi girandomi dall'altro lato. Bash non disse nulla. Dopo qualche minuto, passato a guardare il muro, mi costrinsi a chiudere gli occhi.

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