Capitolo Trentacinquesimo

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Corsi nella mia nuova camera, prendendo una borsa e riempendola di garze, mollettine, qualche ricambio, oli e bende.
Misi un vestito azzurro, di panno leggero, per essere più agevolata nei movimenti.
Presi una mantella col cappuccio, misi la borsa a tracolla, e corsi via, nel giardino.
Francis aveva già radunato più di un centinaio di uomini, armati di tutto punto.
Vidi Mary con un'espressione preoccupata, in piedi in mezzo al cortile, a fissare il nulla. Quando mi vide, iniziò ad avanzare verso di me.
Feci una profonda riverenza ma lei mi prese le mani. «  Beth, mi fido di voi. Siete una curatrice, e avete fatto molto per Sebastian. Vi prego, pongo in voi le mie speranze. Siate fianco a fianco con Francis, aiutate Bash e fate in modo di tenerlo vivo se dovesse essere ferito. Io non posso venire, non posso lasciare il castello, altrimenti vi avrei seguita, sarei corsa insieme a voi. Elizabeth, in questo frangente siete la mia sostituta. Comportatevi come si comporterebbe una regina. » « Vostra grazia, non so nemmeno come si comporta una regina. Non arriverei mai a una presunzione simile. » «  Siate la donna forte di cui Bash si è innamorato - disse quasi sofferente -  la donna intelligente che lui decanta tanto, e sarete molto più utile di tutti questi soldati, Beth. » Ebbi un tuffo al cuore.
Mi sentivo caricata di una responsabilità troppo grande, che però sapevo di poter sopportare.
Lo avrei fatto per amore di Bash.
Per la Regina e per Francis. « Si, vostra grazia. Farò come mi avete detto.  »
Senza che potessi rendermene conto, Mary mi abbracciò.
Come poteva abbracciare la donna che amava il suo futuro sposo?
Come poteva abbracciarmi con la consapevolezza che anche io lo amavo?
Poi mi resi conto che in quel frangente, Mary mi vedeva come la possibilità di salvezza di Bash.
Mi vedeva come la donna che avrebbe potuto condurlo al castello in salvo.
E in quel momento, la rivalità passava in secondo piano.
Ricambiai l'abbraccio, e quando mi distaccai le feci una profonda riverenza.
Mi allontanai, per raggiungere Francis che era già in piedi accanto alla carrozza. Mi offrì la sua mano, e insieme, salimmo. « Sei una ragazza coraggiosa, Beth.  » «  No, Francis non lo sono. E' il coraggio della disperazione. » Francis mise una mano sulla mia. «  Starà bene, vedrai. » «  Lo spero così tanto, Francis. » Lui provò a sorridere, ma si rabbuiò immediatamente.
La carrozza partì, io chiusi le tendine.
Nello scompartimento c'eravamo solo io e Francis, gli altri erano a cavallo e scortavano il Delfino.
La maggior parte del viaggio trascorse in silenzio, e ogni tanto scostavo le tendine per scrutare il paesaggio. «  Non entravo in una carrozza dal mio arrivo a corte. » dissi malinconica. «  Non credevo che il tuo arrivo mi avrebbe scombussolato così tanto. »
Rivolsi lo sguardo a Francis, che teneva le mani incrociate, e mi guardava con i suoi occhi azzurri, languidamente schiusi. «  E io non credevo che mi cambiasse a tal punto la vita. » «  E' questo il bello, no? » «  Già. » risposi. «  Francis, i tuoi uomini sanno già dove andare? » Lui annuì. «  Una volta a Calais ci sono varie tenute di uomini ricchi, gli inglesi avranno scelto sicuramente una di quelle per tenere prigioniero Sebastian. » «  E perchè quelli offrono la loro ospitalità al nemico? » «  Perchè temono per la loro vita, Beth.
Hanno famiglia, figli, mogli, e i soldati non si fanno alcuno scrupolo ad ammazzare a sangue freddo. Ormai sono temprati dalla violenza e dalla morte. »
Continuai a guardare fuori dal finestrino, ormai era quasi sera.
Quando arrivammo a Calais, proseguimmo per un breve tragitto, fino a giungere quasi nella campagna della città, e fu lì che la carrozza si fermò.
«  Siamo arrivati? » chiesi «  Sì, scendiamo. » Francis scese per primo, protendendomi la mano per far scendere anche me.
La campagna era enorme.
Ettari e ettari di puro verde e di alberi.
In mezzo a questa campagna, vi era una grossa tenuta, in pietra e con un massiccio portone di legno.
A fianco, c'era una specie di rimessa, anch'essa in pietra, molto grande.
Il mio cuore ebbe un sussulto, e realizzai che potrabilmente era lì che Bash era prigioniero. Fuori a questa tenuta, tramite dei potenti anelli di ferro, erano attaccati i cavalli.
Non erano molti, quindi probabilmente, gli inglesi erano in netta minoranza.
Gli uomini di Francis scesero da cavallo, e si diressero verso il grande portone.
Francis mi diede la mano, e io gliela strinsi così forte da fargli perdere quasi la sensibilità.
Ci tenemmo a distanza, quando un banditore annunciò l'arrivo del Re e intimò chiunque ci fosse all'interno ad aprire, altrimenti avrebbero buttato giù la porta.
Dopo qualche tempo, venne ad aprirci un uomo anziano, curvo e spaventato.
Francis mi lasciò la mano, e avanzò verso di lui. «  Maestà, vi prego, abbiate pietà di me! Siamo stati minacciati, avevo paura per le mie figlie, mia moglie.. » «  Non preoccupatevi - disse Francis in un tono rassicurante - non vi sarà fatto nulla, dovete solo farci entrare, poi sarete sotto la nostra protezione. »
Io mi avvicinai, rimanendo alle spalle di Francis.
L'uomo annuì, e dopo essersi fatto da parte, lasciò passare Francis e circa venti dei suoi uomini, mentre gli altri rimasero fuori.
La tenuta era molto grande, aveva un lungo corridoio, con un cortile e varie stanze che si diramavano su diversi piani. « Dov'è? L'emissario inglese, dov'è?  » incalzò Francis. L'uomo, con una mano tremante, indicò una stanza.
Francis si incamminò in quella direzione, dirigendosi verso una delle sale più ampie della tenuta.
Non appena varcò la soglia, trovò gli inglesi che banchettavano, volgarmente alla tavola di quel pover uomo.
« Simon Westbrook. » disse Francis, alle loro spalle.
Un uomo sulla trentina, massimo trentacinque anni si voltò, richiamato dalla voce del principe.
Era alto, aveva corti capelli castani, occhi azzurri spigliati e un sorriso disgustoso dipinto sulle labbra. «  Oh, vostra maestà! » disse inchinandosi e beffandosi di lui. «  Siete arrivato a reclamare il vostro fratellino? » Francis rise, stizzito.
Io indietreggiai.
Fortunatamente non mi avevano ancora vista. Corsi verso l'anziano signore, che era seduto su una poltrona nella stanza accanto, insieme alle tre figlie e a sua moglie.
La moglie, che stringeva al petto la più piccola delle figlie, sobbalzò nel vedermi entrare così trafelata. «  Non intendo farvi del male, sono francese, come voi. »
La donna sospirò, chiudendo gli occhi verdi e guardò suo marito. « Dovete dirmi immediatamente dove si trova Sebastian. Vi prego, è urgente! »
Nessuno parlava.
La moglie rimaneva muta, il marito fissava il pavimento, e teneva la mano della figlia più grande. « Voi non capite. Se trovano qualche carta per la legittimazione, Sebastian è perduto. Vi prego, vi scongiuro aiutateci! Se ci aiuterete il Re vi terrà in considerazione per una ricompensa. E sarà clemente con voi anche per aver ospitato gli inglesi. » L'uomo guardò sua moglie titubante. Lei annuì, leggermente con la testa, e lui si alzò dalla poltrona, mettendosi una mano in tasca e cacciando due chiavi. « Nel fortino accanto alla casa. E' rinchiuso lì, passate dalla porta retrostante, così non vi vedranno. »
Io annuii, afferrai la chiave, e corsi.
Arrivai nella grande campagna, e mi diressi immediatamente verso il fortino.
Mi precipitai alla porta, e provai a inserire nella toppa una delle due chiavi.
Il portone si aprii tra scricchiolii e cigolii. « Vi ho già detto che non voglio da mangiare! » disse una voce proveniente dalle scale.
Era Bash.
Salii in fretta e furia le scale e quando stavo per varcare la soglia, i miei occhi ebbero paura di quello che avrebbero potuto vedere.
Quando finalmente ebbi il coraggio di oltrepassarla, fui investita dalle emozioni.
La stanzetta dove tenevano rinchiuso Bash era una specie di torretta in pietra, con un materasso buttato a terra, un piatto vacante, una piccola candela e nient'altro.
Di fianco al materasso, seduto, c'era Bash con la faccia poggiata sulle ginocchia, trattenuto a forza tramite una catena legata al piede destro. Non avevo il coraggio di muovermi, o fare un passo verso di lui. « B-Bash.. » mormorai, prima che iniziassi a piangere.
La testa di Bash si alzò verso la mia direzione, e mi fissò, spalancando gli occhi e la bocca. « No.. Beth.. »
Mi portai una mano alla bocca, e corsi verso di lui, inginocchiandomi tra le sue gambe.
Lo abbracciai fino a fargli mancare il respiro, e lui fece lo stesso con me.
Sentire di nuovo il calore delle sue braccia, il suo viso sul mio, il suono della sua voce e il battito del suo cuore, mi fecero capire che durante quel tempo in cui lui non c'era stato, io avevo semplicemente sopravvissuto.
Lui era il mio vivere, e questo non sarebbe cambiato. « Beth, Beth.. sei davvero qui? » Continuava a dire, e mi baciava, senza rendersi davvero conto che ormai ero insieme a lui, e niente mi avrebbe obbligato a lasciarlo.
Le sue mani tremavano, mentre cingeva il mio viso, e nonostante qualche acciacco sul viso, qualcuno sul collo, si spinse a sorridere per me. Quando finalmente riuscii a guardarlo negli occhi, il suo sguardo da felino riempii completamente il vuoto che si era venuto a creare dentro di me. « Io.. io non posso crederci che sei davvero qui. Ma perchè sei venuta? » « Perchè non ce la facevo ad aspettare il tuo ritorno al castello, dovevo anticipare i tempi. » « Oh, Beth. Mi sei mancata così tanto. » disse abbracciandomi di nuovo.
Presi la chiave e lo liberai dalla catena che gli costringeva la caviglia.
Si alzò in piedi, e nonostante le forze non lo aiutassero particolarmente, mi sollevò baciandomi a lungo.
Sentii nelle sue labbra, nella sua stretta, una sofferenza pari alla mia. « Io per vivere ho bisogno di te Beth. Ho capito che sei tu tutto quello di cui ho bisogno. » mi sussurrò, poggiando la sua fronte alla mia, mentre io continuavo a stringerlo, per assicurarmi che non adasse più via. « Bash, se hai qualche carta firmata dal papa, o con qualche timbro devi darla assolutamente a me. Non possono trovarti con niente del genere addosso, o diventeresti a tutti gli effetti il loro bersaglio. » « No, Beth, non ho nulla. La questione si è complicata.. »
In cuor mio, egoisticamente, tirai un sospiro di sollievo.
Significava che il matrimonio tra Bash e Mary non era poi così imminente, e che il nostro tempo insieme era prolungato.
Mi posò a terra, e prendendomi la mano, mi condusse giù dalla torretta.
Prima che potessi posare a terra il piede per l'ultimo gradino, Bash si voltò verso di me e mi baciò di nuovo. « Questi valgono per tutti quelli che non ti ho dato in questi giorni, amore mio. » Il mio cuore era tornato a battere, come prima. « Bash, dimmi se sei ferito. Ti hanno fatto del male? Hai bisogno di cure? » « No, Beth, niente di serio. Qualche bastonata.. tutto qui. » Disse sorridendo.
Era sporco, e lo erano anche i suoi vestiti. « Appena torneremo al castello, mi prenderò cura di te. » mormorai a denti stretti. « No, Beth.. sarò io a prendermi cura di te. »
Avrei voluto implorarlo di non promettere cose che poi per ovvi motivi sarebbe stato costretto a disattendere, ma non ne ebbi il coraggio.
Mi bastava averlo di nuovo accanto a me. Entrammo nella tenuta, e ci dirigemmo verso la stanza dove Francis e Simon stavano ancora discutendo.
Tutti si voltarono verso di noi, e anche Francis. Bash mi teneva ancora la mano, e lo sguardo del principe non tardò a posarsi proprio su di esse.
Francis avanzò verso Bash, gli buttò le braccia al collo e Sebastian ricambiò l'abbraccio. « Che bel quadretto familiare. » disse acido Simon. «  Sono arrivati i rinforzi, non è vero Sebastian? » Bash non parlava.
Si limitava a fissarlo con uno sguardo truce, che faceva paura addirittura a me. « Il vostro fratellino ha sfoderato tutte le sue carte per portarti in salvo. Ha ragione, ci siamo fatti prendere dall'entusiasmo, caro mio. Quindi voi non avete alcun valore, non essendo ancora legittimato. Quello ad aver valore è proprio il vostro caro fratellino, ma essendo circondati da truppe francesi, non possiamo fare altro che ritirarci. Chapeau, vostra maestà.  » disse Simon, facendo il gesto di un inchino burlesco. « In ogni caso, a Elizabeth farà piacere sapere quanto siamo arrivati vicini all'obiettivo, stavolta. » « Non importa quanto vicino arriviate, Simon, l'importante è riuscire a raggiungerlo. E voi, con questi cani al seguito, non ci riuscirete mai. » sentenziò Bash.
A Simon sparì il sorriso dal volto, e con un gesto del dito, invitò i suoi uomini ad abbandonare la tenuta.
Quando rimanemmo soltanto noi, tirai un sospiro di sollievo.
L'anziano si avvicinò a noi, e dopo aver fatto un piccolo inchino ci fece una proposta. « Vostre Maestà, il viaggio è lungo di qui alla corte, perchè non riposate un pò? Abbiamo molte stanze, potrete ripartire domattina. Permetteteci di offrirvi ristoro e ospitalità. » « Grazie, vi siamo davvero riconoscenti. » profferì Francis.

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