Capitolo Sessantaquattresimo

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Il viaggio fu lungo, e facemmo qualche sosta lungo la strada, in osterie per bene, alloggiando per la notte in stanze separate per non destare sospetti, e mangiando in tavoli separati.
Ma comunque, durante la notte, Francis metteva una guardia fuori dalla mia porta, perché era preoccupato per me e la mia incolumità.
Quando finalmente giungemmo al castello, e arrivò il momento di scendere, sentivo che c'era qualcosa che mi bloccava.
« Cosa c'è? » chiese Francis, preoccupato.
« Non ce la faccio » mormorai. « E' sera. Non ci sarà nessuno ancora in piedi, dovrai aspettare domattina prima di affrontare qualsiasi difficoltà. » disse.
Mi zittii per un attimo. « E poi ci sarò io ad aiutarti ad affrontarle » lo guardai.
Il principe sembrava così sicuro, così saldamente ancorato a qualcosa che diede forza anche a me.
Annuii, e varcai l'imponente atrio che conduceva all'interno del castello. « Tu vai, noi ci vediamo domattina. D'accordo? » io annuii. Mi diede un bacio sulla guancia, e aiutò il cocchiere a rientrare i cavalli senza far eccessivo rumore.
Ero di nuovo lì, dove tutto era cominciato, e in un certo senso, terminato.
Il castello sembrava davvero silenzioso, si sentiva ogni minimo passo rimbombare sul pavimento.
Girai l'angolo della cucina, e mi avviai verso lo scalone.
Stavo per salire il primo gradino, ma qualcosa mi impedì di completare il gesto.
O meglio, qualcuno.
Bash era in piedi, fermo sulla prima rampa di scale.

Il mio cuore accelerò i battiti, e incontrai i suoi occhi

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Il mio cuore accelerò i battiti, e incontrai i suoi occhi.
I suoi occhi da felino ferito.
Teneva le braccia penzoloni lungo i fianchi, e le gambe leggermente divaricate.
Mi sentivo come inchiodata al pavimento, i miei piedi si rifiutavano di compiere il più piccolo passo.
« Oh, Beth. » disse, e scese le scale in fretta e furia, mentre io lo aspettavo imbambolata sul primo gradino.
In pochi secondi, le sue braccia circondarono il mio corpo, ed io, quasi in automatico lo circondai a mia volta.
Ecco quel calore che mi era mancato.
Lo strinsi forte, quasi come lui strinse forte me. Era da tanto che non ci abbracciavamo in quel modo.
Lui era la mia casa, e lo ricordavo ogni qualvolta mi era così vicino.
« Mi sei mancata, Beth. » mormorò Bash, sul mio collo.
Io non dissi nulla, evitavo soltanto di staccarmi da lui.
Gli accarezzavo i morbidi capelli castani, e appoggiai la bocca sulla sua spalla.
Si allontanò da me, tenendomi per le braccia.
I suoi occhi, fissi nei miei, mi procurarono quasi un mancamento.
« I tuoi occhi » dissi, e quando me ne accorsi era troppo tardi.
Lui alzò le sopracciglia, e sorrise.
Il suo sorriso. « Cosa hanno che non va? » mormorò, inclinando la testa di lato.
Io deglutii. « Niente. Sono bellissimi » dissi, ed era esattamente quello che volevo dire.
Lui mi sfiorò una guancia con il pollice. Sembrava tutto perfetto, fino a quando la sua espressione si incupì.
E quando lui diventò serio, tutti i doveri, le promesse, e le delusioni, crollarono di rimando anche su di me.
« Tra quanto? » dissi, senza specificare che cosa intendessi, perché sapevo che lui aveva già capito.
« Circa una settimana » sussurrò.
Un blocco di cemento si formò intorno al mio cuore.
Annuii, col capo chino.
Non volevo che riuscisse a leggere il dolore nei miei occhi.
« Io ti amo, Beth. Questo non cambierà mai » disse, ed io sentivo che gli argini stavano per rompersi, così scossi la testa.
« Ti prego » mormorai implorante « non rendere questa situazione più difficile di quello che già è. »
Sentire quelle parole provenire dalla sua bocca era come un fulmine a ciel sereno.
Non volevo che ribadisse cose che facevano male sia a me che a lui.
Per noi non c'era futuro, era questa la verità.
« E' così, Beth » disse ancora.
Era frustrato, e in pena.
Io ero ancora frastornata per il viaggio, e non in grado di affrontare una conversazione di quella portata a quell'ora così tarda.
« Come mai sei ancora in piedi? » chiesi, mentre mi avviavo su per lo scalone, e Bash mi seguiva. « Aspettavo te » mormorò.
Mi bloccai di colpo, sospirando e mi girai verso di lui.
Era bellissimo, nella semioscurità, con la luna che gli illuminava parte del viso.
Per un attimo pensai di baciarlo, e molto probabilmente dalla sua espressione, era quello che aspettava, ma non lo feci.
Non era più mio.
Ed ebbi il dubbio se lo fosse mai stato per davvero. « Sono molto stanca. Domani la Regina mi vorrà per iniziare i preparativi » mormorai, con l'amaro in bocca.
« Non devi farlo, se non vuoi » disse lui, mortificato.
« Amarti è stata una mia scelta. E' stata la cosa migliore che abbia mai fatto, e non la rimpiango. Ma ora devo pagarne le conseguenze » dissi, continuando a camminare.
« Amarmi? Non mi ami più? » disse, bloccandomi per un polso.
Mi strattonò, facendomi finire contro il suo petto.
Si aspettava una risposta, e mi accorsi che non mi avrebbe lasciata fino a quando non l'avrebbe avuta.
Tentennai.
Avevo due vie d'uscita.
Mentire o dire la verità.
Mentire avrebbe reso tutto più semplice.
Per lui, per me.
« Sarai sempre l'amore della mia vita » ma, alla fine, scelsi di dire la verità.
La sua espressione si addolcì, e lo vidi piegare gli angoli della bocca in un sorriso triste.
« E tu il mio » aggiunse.
« Quand je pense vous avoir oublié, vous les trouverez toujours, assis dans le coin de mon cœur, et je ne peux pas vous jeter . »
Era una frase che mi aveva detto Francis, qualche giorno prima, mentre io dormivo. Forse credeva che non l'avessi sentito, invece sì.
Mi sembrò l'occasione giusta per dirla.
E l'uomo giusto a cui dirla.
Bash sospirò. « Quando penso d'averti ormai dimenticato, ti ritrovo sempre li, seduto in un angolo del mio cuore, e non riesco più a cacciarti. » disse, con la voce spezzata. «Esatto. » dissi a mia volta.
« E allora non cacciarmi » disse, stringendo la presa. « Fosse possibile » mormorai, accarezzandogli l'accenno di barba. «Buonanotte, Bash » dissi, avviandomi verso il corridoio.
« Bonne nuit, ma petite. » ripetè, in fondo alle scale, e nella notte, sembrò soltanto un eco confuso.
La mia stanza sembrava essere rimasta identica.
Ero stata via solo cinque giorni, ma sembrava che nessuno l'avesse aperta dalla mia partenza.
L'aria era pesante, chiusa, così decisi di aprire il grande finestrone e cercare di far cambiare un po' l'ambiente.
Avevano già portato le valigie fuori dalla mia camera, ed io uscii per portarle dentro.
Chiusi la porta, e mi affacciai alla finestra.
Mi sedetti sul davanzale, e stesi le gambe. L'aria era piacevolmente fresca, e non fredda come i giorni precedenti.
Era strano, ma la gradivo.
L'altezza era pochissima, infatti bastava un salto per ritrovarsi sul prato morbido del retro del castello.
Stavo studiando il perimetro perfetto dell'architettura del castello, e ripensavo alla conversazione avuta poco prima con Bash.
La neve non c'era, e tutto taceva, in attesa di scorgere un raggio di sole che facesse capolino da dietro la radura.
La mia attenzione fu catturata dalla grande fontana che troneggiava al centro del giardino. Era tonda, fatta di marmo, con due statue di ninfe che lasciavano scorrere acqua dalle loro brocche.
Ma non furono le ninfe ad attirare la mia attenzione, bensì la piccola figura seduta sul bordo marmoreo di essa.
Un piede toccava terra, e l'altro penzolava avanti e indietro.
Con una mano, sfiorava l'acqua, mentre l'altra era adagiata sulla sua gamba.
Mi sporsi in avanti con in viso, quasi convinta di essere vittima di qualche allucinazione.
Non poteva esserci davvero un bambino a quell'ora tarda di notte, da solo, nei giardini del castello.
Lentamente scesi dalla finestra, toccando il pavimento della mia camera, senza far rumore. Appoggiai le mani sul davanzale, e rimasi ad osservarlo.
Era di spalle, e continuava  in quei movimenti, con lo stesso ritmo cadenzato e abitudinario. All'improvviso la sua testolina si girò lentamente verso di me.
Rimasi paralizzata per qualche secondo, incontrando i suoi occhi che sembravano quelli di un gatto, perché riflettevano una specie di luce ambrata.
Lui non si muoveva più, ed io nemmeno ne avevo la forza.
Poi, alzò la mano sinistra per salutarmi, e rise.
La sua risata... era tetra.
Mi voltai, schiacciando la schiena contro il muro.
Avevo il cuore in gola, e il respiro accelerato. Cosa avevo appena visto?
Tutta quella situazione mi sembrava assurda. Forse avevo bevuto o mangiato qualcosa che mi aveva fatto male?
Con un po' di coraggio, mi staccai dal muro, e timorosa tornai a guardare fuori.
Il bambino era sparito.
Girai la testa a destra e a sinistra, il castello era enorme e da quella finestra avevo la visuale per ettari e ettari di terreno, era impossibile che si fosse volatilizzato nel nulla e per di più nel giro di pochi secondi.
Continuai a scrutare attentamente la zona circostante, ma di quello strano bambino neppure l'ombra.
Decisi di terminare lì la mia ricerca, in fondo non mi doveva importare.
Almeno non a quell'ora di notte.
Mi girai, e il bambino era nella mia stanza.
Dietro di me.
« Dio Misericordioso! » dissi, a mezza voce.
Il piccolo aveva dei calzoni neri, così come la giacca, e una camicia bianca leggera impregnata di sangue.
Il suo viso era sporco di sangue, così come le sue mani.
I capelli erano neri come la notte, e i suoi occhi di un ambra luminoso.
Si dondolava sui talloni, avanti e indietro, e cantilenava una canzoncina macabra. « Sotto un cielo luminoso, non temo un addio doloroso. Chiudi gli occhi per la mia verità, perché io sono... » si bloccò.
Lo guardai per qualche secondo, ma il bimbo non continuò la frase.
Fino ad allora, si era limitato a guardare a terra, dondolandosi avanti e indietro, come guidato da fili invisibili.
Lentamente, iniziò ad alzare il viso, fino a puntare gli occhi nei miei.
Un ghigno macabro si disegnò sul suo volto, mentre il sorriso si allargava sempre di più. Iniziò a ridere sommessamente, come fanno i bambini.
Quella risata che a primo impatto può sembrare limpida e genuina, ma che di notte può essere molto inquietante.
Si mise una mano davanti alla bocca, continuando a ridere, mentre con l'altra puntò l'indice verso di me, fissando con quegli occhi color ambra la mia pancia.  « Perchè ridi? » mormorai.
Per un momento si zittì.
Poi mi guardò, smettendo di dondolare. «Vuole lui. » disse, continuando a puntare l'indice contro la mia pancia. « Chi vuole chi? » mormorai senza capire. « L'uomo alla fine della canzone. Vuole il tuo bambino. »
Sgranai gli occhi, e fissai il bambino dai capelli corvini. « Sotto un cielo luminoso, non temo un addio doloroso. Chiudi gli occhi per la mia verità, perché io sono... L'Oscurità. »
Nel momento esatto in cui la cantilena terminò, un fischio assordante invase la stanza. Le ante delle finestre iniziarono a sbattere, e un vento freddo fece muovere convulsamente le tende.
Mi portai le mani alle orecchie, per tapparle e non sentire quel fischio così familiare e macabro.
Il bambino era immobile, e rideva convulsamente, con i vestiti e i capelli che svolazzavano. « L'Oscurità vuole lui! L'Oscurità vuole lui! E se lo prenderà! » diceva, con lo stesso tono di quando i bambini vogliono prendere in giro qualcuno.
Il vento non si fermava, e il fischio continuava. Crollai in ginocchio, urlando. « Che cosa vuoi? Che cosa vuoi? » dicevo, con gli occhi chiusi, sperando che quell'incubo potesse avere una fine.
Un paio di braccia mi avvolsero, ed io spalancai gli occhi, lanciando un urlo che rimbombò per tutta la stanza.
« Beth, calmati. Calmati! Sono io! Sono Bash. » mi guardai attorno, e il bambino non c'era più. Le finestre erano chiuse.
« Lui dov'è? » chiesi in preda al panico. « Lui chi? » mormorò Bash, confuso. « Il bambino » specificai.
Bash sembrava ancora più confuso. « Beth, di che bambino stai parlando? »
Lui non staccava un secondo gli occhi da me. Mi guardava con aria preoccupata, e mi accompagnò sul letto per farmi sedere.
« Spiegami che cosa è accaduto » mormorò Bash.
« Posso entrare? »
Francis fece capolino da dietro alla porta, e Bash annuì debolmente per invitarlo ad accomodarsi.
« Cosa è successo? Ho sentito un urlo e... » « E' quello che sto cercando di capire anche io, ma Beth è ancora scossa. Non parla » concluse Bash.
« Tesoro - mormorò Francis accarezzandomi una guancia - dì qualcosa. Facendo così ci fai preoccupare ancora di più. »
Bash sussultò all'udire quel nomignolo e di quel tocco così intimo da parte di Francis.
I suoi occhi zampillarono dal mio viso, al suo, in cerca di spiegazioni.
Mi voltai verso di lui, conscia che il gesto non fosse passato inosservato.
Nei suoi occhi brillava una luce di disappunto. Voleva capire, ma in quel momento, non avevo nessuna intenzione di aprire il discorso.
Francis dal canto suo, scostò la mano.
Si accorse di aver superato il limite, e arrossì, guardando suo fratello con sguardo colpevole.
Bash non ci badò molto.
Il gesto gli bruciava ancora.
« Prima ho visto nei giardini un bambino che stava passeggiando » mi decisi a dire.
Tutti e due ascoltavano, bramosi di sapere cosa fosse realmente accaduto. « Mi è sembrato davvero strano un bambino, che tra l'altro non avevo mai visto, passeggiare per i giardini del castello a quell'ora di notte. Dopo un po' è sparito dalla mia vista... e poi me lo sono ritrovato nella mia stanza. Ha iniziato a dondolare, e a dire una strana cantilena... Qualcosa come sotto un cielo luminoso, non temo un addio doloroso » dissi, cercando di ricordare le esatte parole che aveva detto poco prima il bambino. « ...chiudi gli occhi per la mia verità, perchè io sono l'Oscurità. » continuò Bash, rabbuiandosi visibilmente.
Io e Francis lo guardammo contemporaneamente, chiedendoci come facesse a saperla.
Guardando le nostre espressioni, capì che ci doveva una spiegazione.
« E' una rima pagana. L'Oscurità è sempre esistita nella tradizione pagana, questa creatura che rappresenta la volontà degli dei sulla terra. Tutti sono spaventati da essa, perché si dice che non sia nemmeno umana e che non abbia scrupoli » io lo guardai, intimandolo a continuare.
« Non so esattamente cosa voglia intendere, ma non fa mai presagire nulla di buono » concluse mestamente.
Ci zittimmo, e nella stanza scese un silenzio quasi surreale.
« C'è un'altra cosa che devo dirvi » mormorai, prendendo coraggio.
« Cosa? » dissero all'unisono.
Presi un grosso respiro, e parlai.
« Il bambino, dopo aver cantilenato questa rima, ha detto una cosa, che mi ha preoccupata non poco. Ha detto l'Oscurità vuole lui, indicando il piccolo. »
Francis sgranò gli occhi. « Il prezzo più alto » disse, quasi come in un sogno.
Lo guardai, capendo esattamente a cosa si riferisse.
« Volete spiegarmi a cosa vi state riferendo? » disse Bash, esasperato.
Francis deglutì, non era una cosa semplice da dire.
Non tanto per il fatto in sé per sé, ma per la situazione in cui era avvenuto.
« Quando Beth è partita, io sono andato insieme a lei » ammise, non senza fatica.
Bash sgranò gli occhi, ma non parlò.
Il desiderio di sapere il resto era più forte della sua irritazione.
« Mi ha portato nella sua casa, la casa in cui vi siete conosciuti e Dio... non faceva altro che parlare di te » ammise Francis con un sorriso colmo di tristezza.
Il respiro di Bash si affievolì, gli occhi cercarono i miei, ed io non dissi nulla, arrossendo.
« Una notte, mentre io dormivo sul divano » mentì « Qualcosa fu scaraventato sul pavimento. Era la testa mozzata del mio cavallo, che stringeva un foglietto tra i denti. Diceva " Non abbiamo dimenticato ciò che hai fatto. Il tempo che ti è stato dato sarà maggiore, ma il prezzo da pagare sarà più alto." Credo che il prezzo più alto sia questo. Sia il bambino » ed io annuii.
Credevo esattamente la stessa cosa del principe.
« No » disse Bash, e mi sembrò avvilito. « Io non permetterò mai che accada. Non permetterò a quella cosa di prendersi mio figlio» mormorò, scattando in piedi.
« Perchè non me ne hai parlato? » cercava di trattenere la rabbia.
« Non ne ho avuto il tempo » suonava un po' come una scusa, ma in parte era vero.
Ero tornata da poche ore, ed ero stata sommersa dagli eventi.
« Va bene. D'accordo. Ora devo solo trovare il modo di proteggerti » continuò.
« No » dissi, prima di accorgermi di aver aperto bocca.
« Cosa? » chiese Bash.
Io guardai Francis, che non parlava.
Decise che per lui era arrivato il momento di andare. « Ci vediamo domani Beth, se hai bisogno di qualcosa sono accanto. Buonanotte. Ciao Bash. »
« Ciao Francis » mormorò, ed era più un sussurro.
Bash tornò con gli occhi su di me, sperando che potesse indurmi a continuare.
« Non sono più una tua preoccupazione » dissi, con difficoltà.
« Beth, ma che cosa stai dicendo? » disse ancora. « Quello che hai sentito. Stai per sposare Mary, io non sono più una tua preoccupazione. Non sentirti obbligato solo perché aspetti un figlio da me » sputai, cinicamente, ma quella era la cruda verità. «Perché dici questo? » disse Bash, risentito dalle mie parole. « Perché è la verità » conclusi. « Lo sai che posso proteggerti » continuò. «No, non puoi. Mary non mi sopporta, ed ha il potere di mandarmi via, se lo vuole. Io non voglio essere la tua amante... non vedo altre soluzioni per noi » ed era vero.
« Perché mi fai questo, Beth? Perché fai questo a noi? » era ferito.
I suoi occhi lucidi aprirono una voragine nel mio cuore, e nulla avrebbe più cancellato dalla mia memoria quell'immagine orribile.
Bash con i pugni serrati e gli occhi lucidi. Gli occhi da felino ferito.

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