CAPITOLO 29

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                    MATILDE' S POV
                     UOMINI STRANI

Prima...

Per la preside dell' orfanotrofio era stata una giornata stressante.

Ma aveva superato anche quella;  erano le 22:30 quando si sedette sulla sua comoda sedia dietro la scrivania, asciugandosi la fronte imperlata di sudore con un fazzoletto.

Era l' oggetto più prezioso che possedesse, fatto a mano da lei e sua madre adottiva.

Quando i suoi genitori morirono in un incendio, lei si ritrovò a vagare per strada. Da sola. Aveva sempre paura del buio, ma in quei momenti più che mai. Vedeva tutto all' interno di esso e nonostante sapesse che non era mai stata più lontana da chiunque come allora, immaginava il viso di sua madre e di suo padre. Non erano quei visi bellissimi e sempre pronti a donarti un dolce sorriso. Erano sporchi di cenere, ricoperti di bolle, la pelle ustionata che, ancora oggi, era  il motivo più grande di disgusto per la preside Young.

La guardavano con odio. La stavano incolpando della loro morte.

Matilde Young, così come la piccola Matilde Davis, sapeva perfettamente che avevano ragione ad avercela con lei. Era tutta colpa sua!

Stava giocando con la sua trottola come ogni giorno, ma lei era stufa. Voleva un altro gioco e quando suo padre tornò a casa, pensò che gliene avesse portato uno. Frugò  nelle sue tasche e lo trovò, un nuovo giocattolo, o meglio ciò che  una bambina di soli sei anni credeva che fosse.

Prese in mano la scatoletta e provò a leggere la scritta, anche se non era ancora perfettamente brava.

<<Fiammiferi>> Riuscì a balbettare alla fine.

Non poteva sapere quale fosse la conseguenza.

E mentre avanzava nel buio della notte, rivedeva le fiamme, così reali nella sua mente che per un attimo le sembrò di bruciarsi la pelle e per un attimo più lungo pregò che avvenisse.

Un pensiero orribile da fare alla sua età, lo sapeva perfino lei, ma non immaginava che in fondo al suo tunnel oscuro si sarebbe aperta una porta che l' avrebbe condotta alla luce, a riemarginare le ferite e le screpolature del suo piccolo cuoricino.

Al termine della forze svenne e quando si risvegliò si trovò davanti il suo nuovo punto debole : il fuoco.

Urlò e si spinse indietro continuando a stare seduta, poi si guardò intorno e capì di trovarsi in una casa e che il fuoco proveniva da un semplice camino, ma era altrettanto spaventoso e pericoloso ai suoi occhi.

Tanto quanto gli uomini primitivi lo guardavano con adorazione, lei lo guardava con paura.

<<Va tutto bene piccola, ora sei a casa>> Le sussurrò una voce femminile.

Capì subito che quella donna sarebbe stata il suo angelo custode, la sua salvatrice e abbracciò l' idea con un sorriso. Uno dopo tantissimo tempo.

Più tardi conobbe un uomo che imparò a chiamare "papà" e riebbe una famiglia tutta sua. Non sarebbe mai stata la stessa cosa, ma più riconoscente di così non poteva essere. Una parte di lei credeva che un' assassina non meritasse tutta quella bontà. Si era trattato di un incidente, ma comunque aveva ucciso delle persone. E non delle persone qualunque...

Era da anni che portava sulle spalle un grande senso di colpa e costringeva se stessa a far finta di nulla  con gli altri.

"Compostezza ed eleganza" era il suo motto, ma più che motto era ciò che l' avevano obbligata a diventare i suoi genitori adottivi.

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