CAPITOLO 60

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                        JESSY' S POV

  STANDO CON LE PERSONE  CON CUI NON VORRESTI STARE, DIVENTI  COME NON VORRESTI ESSERE

Mi butto sul letto e scoppio a piangere.

È successo tutto talmente veloce...

La mia storia con Max è scivolata dalle mie mani e io non ho saputo fare altro che guardarlo mentre mi dava le spalle.

Manuel mi ha chiesto chi fosse quel ragazzo ed è allora che sono scoppiata a piangere davanti a lui. Davanti a uno sconosciuto.

<<Jessy?>> Charly bussa alla mia porta.

Mi sono fatta accompagnare a casa con la scusa di stare poco bene.

<<Vuoi che ti faccia preparare qualcosa da Luisa?>> Chiede.

<<Fammi portare qualcosa per farmi passare il mal di testa>> Non mi preoccupo nemmeno di camuffare la mia voce strozzata dai singhiozzi.

Per fortuna Charly sa quando è il momento di aprire una conversazione e quando è il momento di tacere, perciò intelligentemente se ne va senza fare domande.

Non so per cosa stia peggio. Non so se fa più male sapere che Max è arrabbiato con me , o aver capito che ho perso il mio migliore amico.

Ma una cosa è certa : Manuel ha fatto qualcosa di orribile prima di arrivare qui. E forse a Capodanno farà di peggio.

Quel suo sguardo da colpevole lo conosco bene, è quello inquietante e pericoloso che non sapevo nemmeno esistesse.

E la voce di Max...è stato orribile constatare che quella sofferenza e quell' odio erano rivolti a me. A me che avrei dovuto essere la sua ancora.

So che domani mostrerà la parte peggiore di sè. So che sarà freddo con tutti. So che sarà odioso con me.

So che preferirebbe farsi vedere come un insensibile, piuttosto che come un ragazzo debole che ancora una volta è stato ferito.

" Stando con le persone con cui non vorresti stare, diventi come non vorresti essere " Non posso far almeno di pensarlo.

È colpa di Cassandra... ma lei dov'è?

                           *****
               CASSANDRA' S POV

                    SOTTOMETTERE
Due giorni prima...

Lei tremava, rannicchiata in un angolo buio, attendeva il suo duro destino.

Sapeva che era inevitabile che succedesse, ma ogni particella del suo corpo sperava fino all' ultimo che almeno un giorno della sua vita potesse concludersi senza una nuova ferita.

Quando i passi pesanti echeggiarono nella stanza, alzò il viso.

Stava morendo di paura, come ogni giorno. Ma proprio come ogni giorno, il suo viso era impassibile.

Non una lacrima rigava le sue guance, non un' emozione le balenava negli occhi, non una protesta uscì dalla sua bocca.

Si diede forza e si alzò, prima che
l' uomo che aveva il coraggio di farsi chiamare papà, potesse trascinarla con la forza.

Lui era suo padre legittimo, sangue del suo sangue. Ma lei non lo vedeva come tale.

Ai suoi occhi non era difficile diventare padre, poteva esserlo chiunque. Il difficile era essere un buon padre.

E il suo non lo era stato. Mai.

Anche quella sera dovette subire sulla pelle l' ira dell' uomo.  Anche quella sera dovette trattenersi dall' urlare dal dolore mentre quella mano si schiantava sulla sua guancia.

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